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Emilio Praga
Trasparenze

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  • 28 - LA MUSA
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28 - LA MUSA

 

LA MUSA

Fuggi, fuggi, o poeta, all'armonia

dell'organo ululante!

Ciò che sposa al tuo cor la fantasia

è la presenza mia,

è il mio vergine amore, è il mio sorriso.

Fuggi; l'incenso dall'altar si svia

e già per l'aria giungono

canti di preti e odor di sagrestia.

Seguimi, amico, sulla gaia spiaggia

dove vola l'alcione

e dove nuota l'anitra selvaggia:

da qui l'anima viaggia,

da qui si libra alla bella regione

ov'oggi il canto è volto,

senza la prosa del rossor sul volto.

 

La prima chiesa fu il deserto immenso!

 

IL POETA

E il sacro mare ove beveva il sole,

e i fiumi sacri dove

bevea la luna!...

 

LA MUSA

                                   Il mio peplo di viole

trema alle tue parole

come a pensier di patria abbandonata.

O poeta, son lungi incenso e stole;

qui le vetuste imagini

tornan serene, immacolate e sole!

 

IL POETA

E i fiumi sacri ove bevea la luna!

Spesso il pastor caldeo

richiedendo le stelle ad una ad una

della errante fortuna,

stupito udìa cantar canto giudeo

le palme montanine;

e delle greggie le bianche indovine,

alzando il muso, socchiudean le ciglia.

 

LA MUSA

Era il mio canto!

 

IL POETA

Per le sacre grotte

tu erravi allora, o vergine, baciando

egizie labbra; ed eri tu che a notte

squarciavi il velo vaporoso e blando

e squarciavi la creta, e l'uom vedeva

il paradiso!

 

Tu dei baci del Cristo umida ancora,

o più gentil delle sue cento amanti,

tu inebrïata della grande aurora,

tu che portavi sull'ali vaganti

alle figlie d'Adamo e ai figli d'Eva

il nuovo avviso!

 

Ma le corde del tuo plettro di Tebe,

del tuo plettro glorioso ancor vibrante

d'Ustica lieta sulle verdi glebe

l'ultime lodi a Creta e ad Alicante,

o Musa, il giorno che mutasti fede,

di', non piangesti?

 

Dal buio Olimpo volando al Calvario

pieno di raggi, non pensavi, o amica,

lo smisurato, pallido sudario

che discendeva sulla corte antica

dei vecchi numi, fra le spente tede,

e i fior calpesti?

 

LA MUSA

Piansi l'uom che tessuto l'avea

per vicende di noie immortali,

piansi l'uomo che gli idoli crea,

poi, deluso, ne sfronda l'allor.

 

Oh! la che guidavami l'ali

sul cammino del mio Nazareno,

quando, alzando il bel volto sereno,

predicava tra i pargoli e i fior!

 

quando il sofo dei greci papiri,

quando il mago dei miti di Belo

anelante di arcani deliri,

vanitoso di occulte virtù,

 

come stelo che aggiungasi a stelo,

fra i vegliardi e le donne invaghite,

prosternava le tempie abbronzite

sulle vie della vaga tribù!...

 

Oh! l'amor che guidavami allora

non vedea questo orrendo avvenire,

non temeva di piangere ancora

sul tramonto di un ultimo !

 

Non temea di vederlo morire

più oltraggiato, più mesto che in croce,

non vedeva la sfinge feroce

che sull'ara lo spense così!

 

IL POETA

O Musa, per le tue guance di rosa

scorre una lagrima!...

Lagrima ardente, lagrima sdegnosa,

io ti conosco:

tu sei quella dell'ira e dell'orgoglio

e sai di tosco!...

Tergila, o Musa, il tuo sorriso io voglio,

ascolta il cantico!

....................................

 

 




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