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Quanti sogni,
quante favole,
che follie, che
visïoni,
non scandemmo, o
Musa, al facile
rimeggiar delle
canzoni!
Si cantò la luna,
il pallido
astro immerso nel
mistero,
si cantò d'amor, di
gloria,
e l'aprile e il
cimitero.
Color bruni e
color ceruli,
pianti, inganni e
dubbio e speme...
quanti sogni,
quante favole
non cantammo, o
Musa, insieme!
Mi credetti il
santo apostolo,
il Veggente, a
quindici anni,
delirando nel tripudio,
delirando negli
affanni.
Oh! quei dì!...
quand 'era un subito
apparir di
giovinetta,
nel mio cor -
tempesta candida-
il baleno e la
saetta!
Quando inconscio, ardente,
fulgido
come i cherubi
felici,
tutto il cielo eran
le vergini,
tutto il mondo eran
gli amici!
Corse ai monti e
sull'Oceano,
fantasie di
pellegrino,
abbandoni,
ebbrezze, incurie
della vita e del
destino!
O memorie!...
beatitudini
come nuvole
svanite!
O miei fiori in
preda al turbine,
o mie ninfe
incanutite!
Tu lo sai, Musa,
nell'estasi
quanto visse il mio
pensiero,
delirando in mezzo
ai pampini,
delirando in
cimitero!
Ma crescea
nell'ombra il demone,
il gemello
inesorato...
innocenza, fede...
- un tumulo-
e un'epigrafe : -
Passato! -
Disperammo, o cosa
orribile!
Giovinetti ancora e
buoni,
l'empietà sposando
al facile
rimeggiar delle
canzoni.
Assai più che nella
crapula
non sian tristi i
baci e il riso,
i miei versi al
fango attinsero
ciò che niega il
paradiso.
Pur fra i rovi, in
mezzo ai triboli,
oggi Satana, domani
in ginocchio nella
polvere
implorando a giunte
mani;
or frenetico di
orgoglio,
or gemente e
vergognoso,
come un uom che in
una reggia
porti un abito
cencioso;
né in quei dì che
al vol fantastico
del novissimo poeta
che apparìa nel
ciel d'Italia
come pallida
cometa,
la rugiada
dell'encomio
fu profusa al mio
passaggio,
e stupii, povera
lampada,
d'esser vista e
d'esser raggio;
né quel dì che un
primo fischio
mi trafisse a parte
a parte,
per scoprirmi
all'occhio attonito
le voragini
dell'Arte;
Musa altera - oh!
dillo all'anime
ansie ancor del mio
destino,
e susurralo
all'orecchio
del mio pallido
bambino:
non un verso a
Bruto o a Cesare,
non un sol gettato
ai venti
in cui freme e
rugge e turbina
la bufera degli
eventi!
Non un solo
all'empia Satira,
alla livida
Ironia...
Diedi il braccio
alla mia patria,
le negai la poesia.
Beli o ragli altri!
- Io, mia Vergine,
io ti amai ben
d'altri amori!
Dappertutto dove
nuvole
van pel cielo o
spuntan fiori,
dappertutto dove un
atomo
l'universo mi
palesa,
dove un astro od
una lucciola
mi rivelano la
chiesa,
dappertutto, o
bionda Vergine,
o mia santa, o Musa
mia,
fosti il culto e la
vertigine,
gaudio, amor,
malinconia,
di cui fatto ho il
reliquario
che ognun dee
comporsi in terra.
Poche perle vi
sfavillano,
molte lagrime
rinserra...
L'uom nol curi o lo
ripudii;
non mi cale...: - è
l'umil fiore
che, borsel
dell'elemosina,
porrò a' piè del
Creatore.
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