4 - IN
MORTE DI MASSIMO D'AZEGLIO
Quando muore un
poeta il ciel sorride;
quel sorriso lo
sente il volgo umano,
e si guardano in
faccia, e li conquide
uno sgomento
arcano.
Veggono il genio
allor nell'interezza,
veggon Dio che
all'azzurro il riconduce,
lasciando ai vivi
un po' più di tristezza,
e un po' meno di
luce.
Volgo io non son;
né attenderò giammai
che il cimiter si
schiuda alle canzoni
per amarle e
sposare a' vacui lai
le balde
ammirazioni.
Però nel giorno che
un tonfo di bara
scote il torpore
del mio suol natìo,
fra i tardi inchini
della folla avara
posso prostrarmi
anch'io!
Eravam giovinetti,
eravam belli;
il frutto della
vita era ancor fiore
che si schiudea fra
l'oro dei capelli
e le perle del
core;
non si sapea di
patria, eppur s'amava
qual della Musa
asilo e della gloria,
ch'ora, ironie
dell'esistenza schiava,
piangon nella
memoria.
Albe, concenti,
aureole svanite,
in cui fu il mio
bambino animo assorto,
voi siete un'altra
volta oggi partite
col poeta ch'è
morto!
Tu l'avevi
abbracciato, Arte divina,
col più fecondo de'
tuoi casti amplessi;
tutti i tesori
della tua dottrina
li avevi a lui
concessi.
Il desiderio delle
ignote vie,
i connubi dei versi
e dei colori,
l'alte superbie, e
le malinconie,
e i prepotenti
amori!
Ed Ei brillava come
un bardo antico
dei mercatanti fra
l'ignobil greggie,
che stupito il
vedea, del plettro amico,
a passeggiar le
reggie.
Mia madre intanto,
imagin benedetta,
nella sua sala
profumata e fosca,
mi dicea di
Fiorenza e di Barletta,
Fanfulla e
Fieramosca...
Né per mutar
d'affetti e d'ideale,
né per lotte
indurate ad altro intento,
oblïerò quel
fascino geniale
che mi fe' allora
attento!
Voi l'obliaste, per
viltà grifagna,
vecchi poeti in
legulei mutati;
ed oh! come il
mordeste alle calcagna,
coi ceffi
imparruccati,
quando un pensier
che non è vostro il tenne,
e alla fucina delle
vostre chiose
la sua fronte
magnanima e solenne
arditamente espose!
E vivo ancora fu
chiamato estinto...
or per la terra, da
cui van fuggendo
le caste Muse che
la Prosa ha vinto,
risuscitò morendo.
Monti, verzure del
suo dolce lago,
limpidezze,
bisbigli, alta quïete
che un desio di
sparir trepido e vago
sull'anime piovete,
oh già da tempo al
vecchio avventuroso
detto avevate che
di tutte al mondo
le vicende che il
fan gaio o doglioso
la migliore sta in
fondo:
infranti i ceppi
delle forme prave,
come una goccia
cader nel tuo seno,
morte, tranquillo
oceano, soave
plenilunio sereno!
Gennaio 1866.
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