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Emilio Praga
Trasparenze

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  • 4 - IN MORTE DI MASSIMO D'AZEGLIO
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4 - IN MORTE DI MASSIMO D'AZEGLIO

 

Quando muore un poeta il ciel sorride;

quel sorriso lo sente il volgo umano,

e si guardano in faccia, e li conquide

uno sgomento arcano.

 

Veggono il genio allor nell'interezza,

veggon Dio che all'azzurro il riconduce,

lasciando ai vivi un po' più di tristezza,

e un po' meno di luce.

 

Volgo io non son; né attenderò giammai

che il cimiter si schiuda alle canzoni

per amarle e sposare a' vacui lai

le balde ammirazioni.

 

Però nel giorno che un tonfo di bara

scote il torpore del mio suol natìo,

fra i tardi inchini della folla avara

posso prostrarmi anch'io!

 

Eravam giovinetti, eravam belli;

il frutto della vita era ancor fiore

che si schiudea fra l'oro dei capelli

e le perle del core;

 

non si sapea di patria, eppur s'amava

qual della Musa asilo e della gloria,

ch'ora, ironie dell'esistenza schiava,

piangon nella memoria.

 

Albe, concenti, aureole svanite,

in cui fu il mio bambino animo assorto,

voi siete un'altra volta oggi partite

col poeta ch'è morto!

 

Tu l'avevi abbracciato, Arte divina,

col più fecondo de' tuoi casti amplessi;

tutti i tesori della tua dottrina

li avevi a lui concessi.

 

Il desiderio delle ignote vie,

i connubi dei versi e dei colori,

l'alte superbie, e le malinconie,

e i prepotenti amori!

 

Ed Ei brillava come un bardo antico

dei mercatanti fra l'ignobil greggie,

che stupito il vedea, del plettro amico,

a passeggiar le reggie.

 

Mia madre intanto, imagin benedetta,

nella sua sala profumata e fosca,

mi dicea di Fiorenza e di Barletta,

Fanfulla e Fieramosca...

 

Né per mutar d'affetti e d'ideale,

né per lotte indurate ad altro intento,

oblïerò quel fascino geniale

che mi fe' allora attento!

 

Voi l'obliaste, per viltà grifagna,

vecchi poeti in legulei mutati;

ed oh! come il mordeste alle calcagna,

coi ceffi imparruccati,

 

quando un pensier che non è vostro il tenne,

e alla fucina delle vostre chiose

la sua fronte magnanima e solenne

arditamente espose!

 

E vivo ancora fu chiamato estinto...

or per la terra, da cui van fuggendo

le caste Muse che la Prosa ha vinto,

risuscitò morendo.

 

Monti, verzure del suo dolce lago,

limpidezze, bisbigli, alta quïete

che un desio di sparir trepido e vago

sull'anime piovete,

 

oh già da tempo al vecchio avventuroso

detto avevate che di tutte al mondo

le vicende che il fan gaio o doglioso

la migliore sta in fondo:

 

infranti i ceppi delle forme prave,

come una goccia cader nel tuo seno,

morte, tranquillo oceano, soave

plenilunio sereno!

 

 

Gennaio 1866.

 




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