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ALLA DUCHESSA E. L. (Terror et Pietas)
Duchessa,
l'epigrafe
del vostro blasone
par scritta da un
angelo
mutato in leone...
il motto al mio
genio
Dio forse avea
dato,
ma l'uom l'ha
graffiato,
non leggesi più!
E ho già la
vertigine,
e ho già la
canizie,
e sento l'esercito
dell'ore propizie
che lungi
perdendosi,
velati i tamburi,
nei tramiti oscuri
mi lascia quaggiù.
Ma Voi, la
fantastica
che amate il mio
canto,
che avete
nell'anima
di tergergli il
pianto,
di alzarlo sui
vertici,
di dirgli :
Coraggio!
di accenderlo al
raggio
dei nobili amor!...
Voi piena di
fascini,
voi piena di
azzurro,
voi fate i miracoli
col vostro
susurro...
mi sento ancor
giovane
per dirvi gentile,
per darvi l'aprile
ritorno cantor.
Parlate e, progenie
di giorni dispersi,
al vostro ginocchio
cadranno i miei
versi;
parlate, e le
imagini
verran dalle stelle
per farsi più belle
tra i vostri
doppier!
……………………
……………………
……………………
Volete la cantica
del bruno castello,
del paggio, del
monaco,
del pio
menestrello?...
Le facili istorie
del vecchio Turpino
mi fan cittadino
del tempo che fu!
Volete travolgervi
tra gli elfi, tra i
gnomi?
Di tutte le silfidi
so i piccoli nomi;
da pari mi trattano
le streghe e le
fate,
mi accordano
occhiate,
mi danno del tu.
Vi piaccion le
musiche
dei chioschi
orientali?
Ne ho chiuse
nell'anima
le note fatali;
son rose, son mammole
che Voi preferite,
son perle rapite
nei ceruli mar ?...
Conosco i bei
margini,
conosco le
spiaggie,
le grotte, delizia
dell'erbe
selvaggie,
le cime diafane,
le glauche
scogliere:
ché all'albe e alle
sere
le ho viste
brillar!
Volete la nenia
dei fulvi ragazzi
che a Noli riposano
sui bianchi
terrazzi?
Si spande per
l'aria,
dal cedro alla
palma,
sì mesta, si calma
che sembra un
sospir.
La sente, e
soffermasi
la donna che reca
le olive al suo
burchio
nell'anfora greca;
e a notte, dal
tacito
pendìo che le
ascose,
le coppie amorose
si veggon redir!
Parlate, sia
gemito,
sia riso, sia
pianto,
se è vostra
elemosina,
se è vostro il mio
canto,
duchessa, avrà
l'iridi,
l'ebbrezze e i
tesori
di tutti gli amori,
di tutte le fé.
E quando, dai
fulgidi
sentier ricaduto,
riavranmi le
tenebre,
attonito e muto,
né in mezzo al
tripudio
che Iddio vi
mantenga,
più voce non venga
che parli di me!...
quel dì sarà il
premio,
sarà la mia gloria,
se i mesti
fantasimi
tornando a memoria,
che in voi si
animarono,
serafica creta,
trovato il poeta
del tempo che fu,
direte: l'epigrafe
che m'orna il
blasone
par scritta da un
angelo
mutato in leone...
il motto al suo
genio
Dio certo avea
dato,
ma l'uom l'ha
graffiato,
non leggesi più!
Febbraio 1866.
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