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Emilio Praga
Trasparenze

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  • 14 - IL BRUCO (Versi scritti in giardino)
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14 - IL BRUCO (Versi scritti in giardino)

 

ALLA SIGNORA CONTESSA ERMELLINA DANDOLO

 

Mi parve una farfalla, ed era un bruco.

Movea sul tavolo

coll'incesso di un bimbo o di un bisavolo;

zoppicava, aleggiava,

certo in cerca di un buco,

sul foglio sparso di versi neonati.

Rideano i giorni in cui sbuccia il sambuco,

e vanno i grilli a spasso.

La sempiterna Venere

rigonfiava d'amor le foglie tenere,

e il giardino olezzava,

e le mandre belavano nei prati.

- Che avventura fatal, dimmi, animuccia,

dal tuo pertugio

qui ti ha sospinta ad implorar rifugio?

Forse un ciottol franato,

o una caduta buccia,

o il piè dell'uom che inconsciamente cruccia

o uccide ad ogni passo ?...

Il giorno ride ed il sambuco sbuccia...

Perché lasciasti gli onici,

gli intenti fiori, i ruscelletti fonici,

la bruna tanicciuola,

per errar tutta sola?

Ira ti spinge nelle vie d'esilio,

noia, vaghezza, amore?

Perché lasciasti gli acidi

succhi delle radici e perché i placidi

sospir dell'erbe che ti fean ventaglio?

Va saltellando il grillo,

la sempiterna Venere

già rigonfia d'amor le foglie tenere...

Perché affrontar lo spillo

e la fiala, il droghiere e l'entomologo?-

………………………………………

Ma, sordo al mio monologo,

il nomade doglioso,

coll'incesso di un bimbo o di un bisavolo,

tutto ha percorso il tavolo,

e allo spigolo arrestasi

come chi apprestasi

ad un periglio, volente e restìo,

e s'accomanda a Dio...

Ha fatto il salto, è sul terren sabbioso:

ogni gleba è montagna,

ogni zolla è voragine!

Lo striscïante di martire è imagine,

è imagine di eroe:

la scossa foglia il bagna,

lo punge il rovo... ei va, sosta, si arrampica,

scende, incespica, cade..., e non si lagna.

E va, lento, ma va. Dove? alla pergola

che ombreggia il pozzo

buio, profondo e tozzo.

Desìo lo assal dell'alto... ecco già in tralice

lungo il nodoso salice

si inerpica e più aderge e più leggiero

diventa e meno zoppicante e nero.

Lo attrae lo screzio dei molli frondami,

frasche, virgulti, rami,

voluttuoso amplesso!...

Di estasïarsi egli desìa con esso.

Ecco, ecco quasi ha raggiunta la festa...

ormai più non gli resta,

bruco felice, che avvinghiarsi a un'ultima

pensil feluca... Esita ancor... vacilla

la debile fibrilla...

Dov'è?... dov'è?... - Die' in uno spin di cozzo,

precipitò nel pozzo!

. . . . . . . . . . . . . . .

Quanti uomini non vidi, al bruco simili,

non so perché comparsi,

non so perché scomparsi...

dall'Ignoto - nel Vuoto!

 

Adro, ottobre 1873.

 

 

 




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