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Emilio Praga Trasparenze IntraText CT - Lettura del testo |
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Il bambin che cantai nelle canzoni è malato, e, tuttor, nel contemplarlo, nell'indagar sulle sue guancie smorte se al suicidio mi ha dannato Iddio, errarmi intorno mi parea sentire
O mia ricchezza unica, o bimbo mio, lo sai tu chi son io? Sono il povero armadio e sono il tarlo, sono il martel spietato e il debil muro, e in questa vita da cui vuoi fuggire, è da gran tempo che a sarcasmi immani,
Eppur se il sole che verrà domani sul letticciuolo, troverà un sorriso men scolorito sotto il biondo crine, e per gli effluvii del tuo dolce viso io potrò ancora credere e sperare di valer qualche cosa;
o mio bambino, unica mia dolcezza, qui chiamato da un attimo di ebrezza per esser schiavo a un secolo di noia, mi farò ancor cattolico, e all'altare ricercherò di quando ero io pur bimbo
Mi inchinerò dei serafini al nimbo e ginocchioni e con giunte le mani!... E dalle pinte finestre i bei santi mi ridiranno ancor le avemarie, e svaniran l'ombre del tuo destino nelle fulgenze mie!
Bimbo, non tossir più! Son tanti e tanti Perché farmi tremar come un pusillo? - Dormi, guarisci, la coltre è pulita, tepida è l'aura e tutto è pace intorno... - Sai che per te vo' comperar domani
Non so se oggi lo vidi, o un altro giorno: che accarezza una pecora, e dagli occhi par che la gioia di averla trabocchi.. - Non infrangerlo sai, quel dono mio! Del pastor che avverrebbe, o santo Iddio,
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