IV -
MARZO
De mémoire de rose
on n'a
jamais vu mourir de
jardinier.
STENDHAL.
Sull'infanzia dei
germi e delle fronde
il marzo sbuffa;
alle ospitali gronde,
alle tiepide tane
fa ogni sbuffo
assassino
delle speranze
dell'april bottino;
e alle rive lontane
caccia un popol di
morti e di feriti.
Son sibili e
garriti
e fischïate fesse…
fin le tegole
anch'esse,
forse per
l'abitudine dei nidi,
si credon
rondinelle e volan via.
Fra le spighe gli
steli e gli arboretti
è un lottar di
equilibrio e di scambietti
per non
schiantarsi, agli schiaffi potenti
opponendo gli
inchini e i complimenti.
E una lepida
quercia a una rugosa
sua vicina dicea: «
Monna Ghiandosa,
rammentate il
seicento?
Fu in maggio, se
non erro,
di quell'annata, la
maggior tempesta.
Un mio ganzo, un
bel cerro,
asfissiato morì nel
turbinio,
e noi, bontà di
Dio!
siam vive e sane, e
brille
toccheremo il
duemille!».
E che pensava il
fiorellin divelto
udendo il cicalìo
della vegliarda?
Egli, che all'alba
ancor non era nato,
morir canuto a sera
avea sperato...
nel fango invece a
mezzodì giacea,
e dolorando l'anima
rendea.
* * *
Marzo è nipote di
Vulcano e d'Eolo
sopra l'onde sbuffanti
e sui metalli.
Oh! ben vengano i
venti
a narrarci di cime
e di convalli
misterïosi accenti!
Parlateci, o
loquaci aure azzurrine,
zeffiri palpitanti!
Date novella a chi
spera, a chi lagrima,
ai delusi, agli
amanti!
Che il vecchio
senta, sfiorandogli il crine,
la primavera in
voi!
Che il giovin senta
nei novelli effiuvii
più baldi i nervi
suoi.
Marzo che spargi le
siepi di candidi
spruzzi e di
macchie vermiglie i giardini,
col mandorlo e il
sambuco;
marzo che chiami
da' suoi bui cammini
il redivivo bruco;
bel forier
dell'aprile!... oh! invia nei cori
le verdi illusïoni!
Fa' sbucciar, come
dal sambuco e il mandorlo,
fa' sbucciar le
canzoni.
E sian canzoni
d'avvenir! gli amori!
gli odii, i dolor!...
ma nuove!
Sian della neve al
par, che dalle vecchie
tettoie si
dismuove!
Marzo è la Gioia in
culla. È il soavissimo
primo vagito
dell'atteso bimbo!
È un vero e una
parvenza:
è la tua bella di
cui scorgi il nimbo
e attendi la
presenza!
Giovinettina dai
begli occhi fisi,
pallidi
adolescenti,
andate, andate a
cogliere le mammole,
e ad ascoltare i venti!
Io, povero poeta ai
vostri visi
unir non posso il
mio!...
Cercar non posso al
mondo che risuscita
nulla, fuorché
l'oblio!
Marzo 1875
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