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Emilio Praga Trasparenze IntraText CT - Lettura del testo |
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-2-Quanti sogni, quante favole, che follie, che visïoni, non scandemmo, o Musa, al facile rimeggiar delle canzoni!
Si cantò la luna, il pallido astro immerso nel mistero, si cantò d'amor, di gloria, e l'aprile e il cimitero.
Color bruni e color ceruli, pianti, inganni e dubbio e speme... quanti sogni, quante favole non cantammo, o Musa, insieme!
Mi credetti il santo apostolo, il Veggente, a quindici anni, delirando nel tripudio, delirando negli affanni.
Oh! quei dì!... quand 'era un subito apparir di giovinetta, nel mio cor - tempesta candida- il baleno e la saetta!
Quando inconscio, ardente, fulgido come i cherubi felici, tutto il cielo eran le vergini, tutto il mondo eran gli amici!
Corse ai monti e sull'Oceano, fantasie di pellegrino, abbandoni, ebbrezze, incurie della vita e del destino!
O memorie!... beatitudini come nuvole svanite! O miei fiori in preda al turbine, o mie ninfe incanutite!
Tu lo sai, Musa, nell'estasi quanto visse il mio pensiero, delirando in mezzo ai pampini, delirando in cimitero!
Ma crescea nell'ombra il demone, il gemello inesorato... innocenza, fede... - un tumulo- e un'epigrafe : - Passato! -
Disperammo, o cosa orribile! Giovinetti ancora e buoni, l'empietà sposando al facile rimeggiar delle canzoni.
Assai più che nella crapula non sian tristi i baci e il riso, i miei versi al fango attinsero ciò che niega il paradiso.
Pur fra i rovi, in mezzo ai triboli, oggi Satana, domani in ginocchio nella polvere implorando a giunte mani;
or frenetico di orgoglio, or gemente e vergognoso, come un uom che in una reggia porti un abito cencioso;
né in quei dì che al vol fantastico del novissimo poeta che apparìa nel ciel d'Italia come pallida cometa,
la rugiada dell'encomio fu profusa al mio passaggio, e stupii, povera lampada, d'esser vista e d'esser raggio;
né quel dì che un primo fischio mi trafisse a parte a parte, per scoprirmi all'occhio attonito le voragini dell'Arte;
Musa altera - oh! dillo all'anime ansie ancor del mio destino, e susurralo all'orecchio del mio pallido bambino:
non un verso a Bruto o a Cesare, non un sol gettato ai venti in cui freme e rugge e turbina la bufera degli eventi!
Non un solo all'empia Satira, alla livida Ironia... Diedi il braccio alla mia patria, le negai la poesia.
Beli o ragli altri! - Io, mia Vergine, io ti amai ben d'altri amori! Dappertutto dove nuvole van pel cielo o spuntan fiori,
dappertutto dove un atomo l'universo mi palesa, dove un astro od una lucciola mi rivelano la chiesa,
dappertutto, o bionda Vergine, o mia santa, o Musa mia, fosti il culto e la vertigine, gaudio, amor, malinconia,
di cui fatto ho il reliquario che ognun dee comporsi in terra. Poche perle vi sfavillano, molte lagrime rinserra...
L'uom nol curi o lo ripudii; non mi cale...: - è l'umil fiore che, borsel dell'elemosina, porrò a' piè del Creatore.
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