1 - PER COMINCIARE
Spesso
una voce incognita
mi
dice: - O giovinetto,
perché
dolente hai l'anima,
e
pallido l'aspetto?
Di
desidèri inutili,
oh,
non ascolta il grido;
l'aura
che vien dagli uomini,
amico,
è un verbo infido!
L'aura
che vien dagli uomini,
dice
l'amica voce,
ti
segnerà benevola
di
canizie precoce;
tienti
i tuoi canti, o giovine,
vivi
nel lieto oblio;
non
valgon templi olimpici
un
tugurio natio.
A
te divine musiche
cantano
i tuoi vent'anni,
rose
educar le lagrime
dei
primi disinganni;
del
bisogno la maglia
non
ti comprime il cuore,
che
eterna, puro e vergine,
l'inno
del primo amore.
Ah! chiudi le domestiche
pareti,
o giovinetto:
sul
nido tuo non aliti
l'aura
del mondo infetto,
bevi
in pace e in silenzio
al
tuo nappo dorato;
là
fuor de' tuoi carnefici
Echeggia
l'ululato!
Bevi
al tuo nappo e i cantici
svolgi
che il ciel ti spira,
ma
sia sommesso ed umile
il
suon della tua lira,
nessun
s'arresti a coglierne
le
note alle tue soglie:
presto
si muor la mammola
se
al margin suo si toglie.
Guarda
la folla, o giovine!
È
una stoltezza o un fallo
là,
fra i curvi che incensano
l'ara
del dio metallo,
ogni
altro culto; e copresi
di
sogghigni immortali
chi,
col fango battendosi,
tenta
di metter l'ali.
Come
il selvaggio, indocile
del
prete alle parole,
del
suo Cristo beffavasi
e
gli additava il Sole,
così,
se canti i palpiti
di
un'alma ardente o stanca,
costor
dinnanzi spiéganti
un
biglietto di banca!
Bevi
al tuo nappo, e i cantici
svolgi
che il ciel ti spira,
ma
sia sommesso ed umile
il
suon della tua lira;
nessun
s'arresti a coglierne
le
note alle tue soglie;
presto
si muor la mammola
se
al margin suo si toglie. -
Queste
son ciarle arcadiche,
larve
di capo astratto,
e
il libro mio testifichi
ch'io
non ci credo affatto:
schiusi
la porta: e agli uomini,
girovago
cantore,
vengo
a tentar di scuotere
l'eco
assopita in cuore.
Forse
i vent'anni ingannano,
e
la voce ha ragione:
ma
infin, pensare e scrivere
è
una cattiva azione?
Nemico
all'ozio ignobile,
dell'arte
innamorato,
perché,
campione inutile,
lascerò
lo steccato?
Della
prima battaglia
è
il giorno! io mi ci affido...
ma
i versi miei svolazzano
deboli
ancor dal nido;
incensi
e allòr non vogliono,
sol
temono le spine...
dateci
un fiore, è lauro
che
ben s'acconcia al crine!
Al
solitario e povero
fanciul
della Savoia,
che
nei caffè le veglie
dei
cittadini annoia,
se
alcun, pietoso, un'arida
lode
gli versa in core,
che
avvivi il ritmo flebile
di
una stilla d'amore;
scintillar
vedi i timidi
occhi
del poverino,
e
dimenar più rapido
l'arco
del suo violino;
la
fame allor dimentica,
oblia
la lontananza,
e
nel petto gli cantano
la
fede e la speranza!
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