2 - IL CORSO ALL'ALBA
Oh
bello è pure, al soffio
dell'aura
mattutina,
il
Corso, ove s'esercita
la
boria cittadina
quando
sui tetti e i platani
da
lunge il sol si specchia,
e
lieto si apparecchia
alla
discesa in mar!
Or
che son muti i cembali
nell'aule
dei palazzi,
e,
in larghe pieghe, immobili
riposano
gli arazzi,
né
sui balcon sorridono
le
matrone galanti,
e
i giovani eleganti
stan
pallidi a russar:
è
questa l'ora; o amabili
compagni,
è questa l'ora;
coll'arte
nostra lepida
qui
poesia s'infiora:
lungo
lo sporco lastrico
seguitemi
cantando,
il
campo è nostro e in bando
è
l'alta società!
Tornano
a coppie i poveri
lattai
dalle cascine,
che
la sera amoreggiano
le
fulve contadine,
mentre
ai bifolchi narrano,
raccolti
nelle stalle,
l'ardor
delle cavalle
che
trottano in città.
Dal
dazio, ove scroccarono,
tremando,
la dogana,
poi
che i vietati viveri
levár
dalla sottana,
le
scaltre serve corrono
al
ganzo servitore,
mentre
sognan d'amore
le
padroncine ancor.
Udite
: ove fra splendidi
cocchi
e noti destrieri
le
frasi sospirarono
di
dame e cavalier,
i
buoni, inconsci villici
parlan
di gelsi e viti,
e
degli armenti aviti,
e
dei pruneti in fior!
E
intorno a lor, corteggio
quasi
di antichi amici,
belan
le capre, garrule
del
monte abitatrici,
e
i mandriani intuonano
a
bassa voce i canti,
che
le greggie vaganti
chiamavano
all'ovil ;
ed
ecco, ecco le vittime
dell'afa
cittadina,
la
vecchierella tremola,
la
pallida bambina,
che
sofferenti e misere
uscir
non ponno ai colli
a
respirar le molli
aurette
dell'april ;
da
quel latte, che tiepido
gli
aromi ne ha portati,
speran
suggere il balsamo
dei
zeffiri vietati,
e
delle pure mammole,
e
dell'alpestre timo
lungi
dal nostro limo
cresciuto
in libertà.
Ma
le campane vigili
già
suonano a distesa,
e
par che i santi gridino
dall’una
all’altra chiesa
come
comando bellico
che
va di schiera in schiera:
-
Sù tutti alla preghiera,
genti
della città! -
Pochi
infelici accorrono
ai
freddi altar davanti;
son
le canute vittime
dei
nostri avi galanti,
i
gonzi, le pinzocchere,
e
le stanche creature,
cui
le umane sciagure
posto
han sull'alma un vel!
Ma,
dai sobborghi, al popolo
comanda
un'altra squilla:
nelle
officine stridule
un'altra
fé scintilla:
comincia
l'olocausto
del
nobile lavoro!...
No,
dei chierici il coro
non
lo raggiunge in ciel!
Amici!
orsù, lasciamoci :
tutti
al lavor, perdio!
Un
nome abbiam, togliamolo,
togliamolo
all'oblio;
questi
sudanti apostoli
negli
opifici oscuri
non
sian di noi più puri
in
faccia al Creator!
Ma
al suon dell'aspre incudini
si
sposi il suon dei carmi,
che
tempra a Italia l'armi,
l'artista,
che sul soglio
la
riporrà sovrana :
questa
è la legge umana,
questo
è di Dio l'amor!
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