16 - DONNE E POESIA - CANZONE DI UN
MISANTROPO
E beata è colei che non si sarà
scandolezzata di me.
Evangel. S. Matteo, c. XI., v. 6.
Come
un raggio di sol su un vecchio muro,
monumento
futuro,
in
cui di verde l'edera ha vestito
i
fior che adora il profumier perito,
e,
amor dei vati e amor dei ciabattini,
i
pampini divini,
e
i merli ai fiori e ai pampini frammisti
sogno
dei paesisti;
così
della tua luce, o Musa, un raggio,
rapito
al paesaggio,
scenda
sul viso alle fanciulle amanti,
alle
meste fedeli, alle incostanti,
alle
errabonde femmine infelici
di
sposi cacciatrici,
a
quelle che trovato uno ne hanno,
e
a cuocere lo stanno!
Mostrami
a nudo sotto i rai tepenti
le
vedove languenti,
poveri
fior che inaffiano l'infranto
stel,
che rinasce coll'umor del pianto:
mostrami
la signora in frange e in seta
e
la serva indiscreta,
e
la merciaia, e la modista, altiera
rondine
della sera.
Spoglia
i cuor, togli i crinolini audaci,
e
tra i cerchi capaci
e
tra le foglie dell'amor cadute,
indaga
il sentimento e la salute!
Povero
amico, aceto e cor prepara...
Ahi!
bieca scena amara ;
oh
illusïon perdute, oh telescopio
mutato
in microscopio!
Vedrai
che nebbia ci copria la vista
in
quell'età sprovvista,
povera
età, del santo raziocinio;
ah,
il re Petrarca avea solo il dominio
quando
insiem sognavamo alcove e seni
del
nostro amor sol pieni,
e
un sorriso di donna il cor ci empiea
come
fa la marea!
Una
fanciulla quindicenne, bianca
larva
pensosa e stanca,
ci
faceva tremar fibra per fibra,
né
vedevam lo spettro che si libra
a
tergo di ogni donna,
che
al fruscio delle perle e della gonna
nascoso
entro la chioma,
è
il solo amante, e ambizion si noma.
Il
solo amante, il prediletto amante
della
fanciulla errante
mesta
per via col cappellin sdruscito,
della
compagna che al fatal marito
quasi
a baston si appoggia;
della
superba che dall'alta loggia
degna
guardar la plebe,
e
della fante nata sulle glebe.
Sì,
la fante che arriva in sul mercato
col
viso imporporato,
e
in cui tu dentro al sen brunetto e tondo
sognavi
l'innocenza e il far giocondo,
ha
anch'essa un crinolino,
spera
il mantel di seta e l'ombrellino,
e
compra il cacio e il pollo,
con
quattro perle fálse intorno al collo!
La
crestaia ?... misura al tuo pagare
se
degno sei d'amare;
della
tua borsa al nobile spessore
che
particella ti può dar del core,
fino
a che punto il viso
farsi
gentil, per schiuderti un sorriso,
e
ti misura i corni
dal
numero dei nastri onde l'adorni.
Fra
le eleganti, che alla fantasia
schiudono
tanta via,
metà
coi dolci della faccia incanti,
e
metà colle vesti auree, striscianti,
e
il volar dei cavalli,
e
dita bianche strette in guanti gialli,
potrà
forse l'amore,
dopo
tanto bussar, trovarsi un core?
O
pallido poeta, ecco, mia musa,
già
di pallor suffusa,
getta
la luce sua fra queste sete,
fra
tante gemme in tanto oro sì liete;
spingi
l'occhio sagace,
e
tenta i cori, e cercavi una face...
Ahi!
lucignoli solo
rischiarano
del tuo l'ardente volo.
Se
tu in mezzo alle dame, o sventurato,
giammai
ti se' innoltrato,
obliando
le tue rime balzane
in
tasca, come briciole di pane...
Ah
le ascondi pudico,
o
piuttosto le dona ad un mendico,
ché
il pan della tua fama
sale
non ha che stuzzichi una dama!
In
chi, dimmi, versar l'onda infinita,
in
que' bei dì nudrita?
L'onda
di un core che una volta appena
sia
stato dalle muse a pranzo o a cena?
Secol
decimonono,
noi
dividemmo i fulmini dal tuono,
ma
tu, crudel, rapisti
le
scintille dai cuori, e ci punisti!
Ecco!
ogni anno che scende a noi trafuga,
nella
veloce fuga,
qualche
sacra dei nostri avoli usanza!
Finir
le serenate, e della coda
l'ondeggiar
venerando,
l'epica
è morta, e del teatro Fiando
già
si minaccia il fato,
e
cadrà dei Figini il porticato...
Piangete,
alme gentili, anche l'amore
si
è fatto viaggiatore;
per
qualche più felice astro, infedele
ci
abbandonava e spiegò al ciel le vele!
Qui,
Poesia soltanto
restò
sparuta a pochi mesti accanto,
a
ricordar gli ardori
onde
una volta arse i paterni cuori.
-
Amico! al dio defunto onor di eletti
carmi
donai, perdetti
assai
tempo languendo, ora ci vedo,
e
no, perdio! non voglio essere Alfredo
s'esser
non posso Arturo!
Amor,
riposa in pace, astro maturo:
amico,
ai campi, ai campi;
addio
di cuore, o femminili inciampi!
Oh
sì, amerem della natura i santi
i
benedetti incanti :
la
montagna lucente in faccia a noi,
i salici curvati ai lavatoi,
il
lago specchio delle stelle, e i molli
clivi
dei nostri colli,
e
i fior del prato, e i ruminanti bovi
giacenti
in mezzo ai rovi.
Il
noce, l'olmo, i platani romiti
ci
appariran vestiti
della
scorza che Iddio, sarto giocondo,
destinò
lor quando cuciva il mondo,
e
cogliendo tra l'erbe i gelsomini,
nudi
di crinolini,
al
profumo, al candor li sceglieremo,
e
ghirlande faremo!
E
l'aura che verrà dalla foresta,
sia
risonante o mesta,
non
sarà, come i femminili accenti,
il
mobil velo, no, dei sentimenti;
sarà
un semplice suon di ramo in ramo
un
sussurro, un richiamo
da
nido a nido, che darà frescura
a
tutta la natura.
Sì,
amico, lascia correr l'acqua al mare,
lascia
i bimbi sognare,
giungeranno
piangendo alla ragione;
lascia
che dolci e candide persone
schiudan
sorrisi da strappar le stelle...
noi
conosciam le belle:
e
colle muse al fianco, accorti eroi,
ci
adorerem fra noi!
Giugno 1853.
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