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Emilio Praga
Tavolozza

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  • 32 - LA LIBRERIA
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32 - LA LIBRERIA

 

Spesso io contemplo in estasi

la vecchia libreria,

la fida amica, l'anima

della stanzetta mia,

e, quando mesto io veglio, 

parmi udirla cantare

le note indefinibili

che han le campagne e il mare.

 

Io, come un uomo celibe,

che per passar la festa

esce all'aperto, e in ozio

vagando alla foresta

coglie sbadato ai margini

un mazzolin di fiori,

e fa un pazzo miscuglio

di forme e di colori:

 

qui fuggendo i papaveri

dei greci e dei latini,

raccolsi del mio cranio

i pochi fiorellini:

qui, dì per dì, pascevasi

la giovinezza mia;

dell'alma è il calendario

la vecchia libreria.

 

D'antichi e nuovi scheletri 

vi giace un cimitero:

messer Francesco spasima

presso il gagliardo Omero,

Rousseau e Plutarco fiutansi,

e i santi Evangelisti

placidi sonni dormono

in braccio agli antecristi!

 

Giusti, compagno incomodo,

dà nel fianco a Marini,

Manzoni inconsapevole

sostiene Niccolini ;

sotto que' vetri sparvero

gelosie di mestiere,

e vivono in famiglia

codice e canzoniere.

 

Vi son volumi fracidi

dei secoli passati,

dal tabacco degli avoli

dipinti e consacrati,

vi son moderni in folio

legati a ghirigori,

che sembran dir: - guardateci

non siam belli... di fuorì? -

 

Vi posa, o pia memoria!

tolto al suo tavoliere,

dell'ava mia carissima

un libro di preghiere,

dal mio giovine orgoglio

ahimè! troppo obliato

fra i sogni dell'infanzia,

che i preti mi han turbato.

 

Ella alle eterne pagine,

bimbo, mi innamorava,

e vi ponea per indice

i fior ch'io le donava;

ma l'ava santa è in polvere,

i fior sono avvizziti,

e della fede gli angeli

con lei, con lei spariti!

 

Cade la pioggia a torrenti, e risuonano

come tasti di cembalo le tegole;

un gatto nel cortil miagola ed urla,

quasi di spento vate anima errante!

crepita il focolar, bizzarramente

illuminando la mia fredda stanza:

ve', il letto mi sorride in un cantuccio...

se' tu l'amante che all'amplesso inviti?

Ma invano al gelo della strada io penso,

e a chi corre affannato la campagna,

per farmi dolci colla pena altrui

la quiete, e il sonno.. i miei scaffali vegliano

ed io qui resto ad ascoltarli intento!

 

Come fauci di cantanti

che si muovono su e giù,

or si schiudono, or si serrano

i volumi palpitanti,

quasi albergo all'alme fossero

degli autor che non son più!

 

Udite, udite il cantico

che accompagna la pioggia;

or chi mi parla, è un logoro

libro d'antica foggia:

 

- Giovinetto, che guardi e sospiri,

qual speranza ti ride nel cor?

Tarpa l'ali de' lunghi desiri,

oltre il mondo non cerca l'amor!

 

Liba, liba alla vita, infelice,

ché a galoppo s'involano i dì;

la speranza è una dea traditrice,

tutto fu quando il corpo morì!

 

Ve' che notte, che venti, che gelo,

ve' che cenere al tuo focolar!

Oh non pensa ai misteri del cielo,

corri invece una donna a cercar:

 

i tesori degli omeri nudi,

delle chiome cosparse di fior!

Oh divini di Venere ludi

quando Bacco le avviva i color!

 

Ama, e bevi, gentil giovinetto!

Conta l'ore coi baci e i bicchier;

la bottiglia ed un candido petto,

ecco il nume, ecco il culto, ecco il Ver!-

 

- Ahimè! ho libato al calice

dei godimenti umani!

Dei baci amai la musica,

e anch'io cacciai le mani

tra profumate chiome,

e di più d'una il nome

mi si stampò nel cor!

 

Io pur cercai nei pampini

di Bacco, un dì, la gioia;

ma fra l'ebbrezza e l'estasi,

quando sparve la noia?

Succhiato ho disinganni,

veleno di malanni,

col vino e coll'amor!

 

O maledetta, inutile

se tutta è qui la vita!

Questa mia bella imagine

fu dunque partorita,

di donne a trionfare,

e le viti a sfruttare,

e tutto, e tutto è qui?

 

No: libro infame, l'anima

sento fremermi in petto,

e confidente il termine

del mio galoppo aspetto!

Ma chi mi dice dove,

e di che tempre nuove,

fia de' risorti il dì? -

 

Sotto i vetri i libri altercano

e di pagine è un fruscìo,

qual di foglie che al natìo

tronco strappa l'uragan!

 

- Bimbo! un altro volume mi dice,

vivi e alterna i tuoi canti felice!

Il tuo spirto dal corpo spiccato,

poi che i liberi cieli ha adorato,

un volante augeletto sarà;

un augello di cento colori

che da un nido contesto di fiori,

modulando divini concenti,

e cullato dall'ali dei venti,

fino al sole il suo vol spingerà!-

 

- No - grida un fascicolo -

all'ultimo dì,

nel cielo ti aspettano

le fervide Urì... -

 

Ma qui, cercando un'altra rima in i,

m'accorgo che la musica

di più chiare cadenze si vestì!...

Son sorci, sorci, ahi misero,

che fan la vecchia libreria vibrar...

e già da un mese io lascio

col vago suon la fantasia volar!

Poi se vi garba, ditemi

che i poeti non sono da legar!

 

Altro non è la musica

che una cena di topi viaggiator...

Io che sperava scrivere

su questo tema tanti versi ancor,

darò al fuoco la cantica,

e nelle coltri metterò il cantor!

 

Oh! ma prima al pericolo

il ricordo togliamo

della mia nonna: o povero

libro fra tutti io t'amo!. .

Ecco i salmi di Davide,

ed ecco, ecco il Vangelo...

come era bello il cielo

ch'io vi leggeva un dì!

 

E adesso ?... oh torna all'anima

sempre l'antica fede;

cinto di pie memorie,

il Dio dei padri riede;

riede possente, e il bacio

che al libro or ora io dava,

dal tumulo dell'ava

securo a Lui salì!

 

 




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