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Emilio Praga
Fiabe e leggende

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  • 4 - PAESAGGI - A CARLO MANCINI
    • -7-
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-7-

 

Il castello, immobil macchia,

cosa informe e minacciosa,

trafiggea co' suoi pinacoli

l'ampia bruma nebulosa;

dalle gotiche - compagini

piante esotiche - a cui garba

por sui muri un po' di barba,

scomponean lo stil corretto

di un pregievole architetto.

 

E lontan, lontano, all'ultimo

fil di cielo, un guizzo strano

segnalava, incerto e rapido,

qualche nomade uragano.

Le finestre illuminavansi,

argentavansi - le mura;

poi, nell'aria opaca e oscura,

riappariva ancor più tetro

il castel, come uno spetro.

 

Da sospir, da supplichevoli

gridi invasi erano i campi;

forse arcane metamorfosi

accadean sotto quei lampi...

Larve pallide - sfuggevoli

per le squallide - vallée

parean Strigi, o parean Dee;

al mio piè, filando bava,

una biscia strisciava.

 

Le ninfe si arrovesciavano

come vergini tentate;

un ronzìo d'ali invisibili

le avea certo ridestate.

Di languore, di bisbiglio,

di scompiglio - ebro, pagano,

si coprìa l'immenso piano...

Era un coro a voci uguali,

e cantavano «Sponsali».

 

 




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