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Il ciel
rasserenavasi: bella, superba e sola
la faccia del
pianeta splendea da Chioggia a Pola;
una striscia
d'argento che dal canale uscìa
e dritta, aguzza,
immobile,in alto mar svanìa,
pareva una gran
spada brandita da Cagliostro
contro l’ascoso
ventre di qualche immenso mostro;
San Marco
circondavano i voli dei colombi,
qualche gufo,
fiutando, roteava sui Piombi,
e in aria si
incontravano comandi di nocchieri,
urli di ciurme e
strofe di allegri gondolieri,
canzoni della pesca
e nenie del bucato:
tuttociò,
lungamente rifuso e trasformato
a furia di sbadigli
e di malinconie
dai poveri
impiegati delle Procuratie,
arrivava sull'alta
finestra al giovinetto
da quel sole
improvviso rapito al cataletto.
Egli era sempre
immobile fra i due vasi languenti,
non so se
contemplando l'aspetto dei viventi,
come re Carlo
Quinto dalla socchiusa bara,
o bevendo il
viatico di una memoria cara.
Certo aveva la
febbre, ché non udì la porta
cader sotto un gran
calcio, e la sembianza smorta
non rivolse che
all'urto di un cavalier piumato
che, chiamandolo a
nome, gli sorrideva allato.
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