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Ed apre la
lanterna. La luce che n'è evasa
saltellando si posa
su quattro basse mura,
dove leggonsi cifre
di magica scrittura,
e pendon croci e
teschi e cappelli di preti;
pur nessun che
respiri fra le strane pareti.
Ma Lionello ha
nell'angolo scoperto un seggiolone:
- È là che dorme;
andiamola a svegliar colle buone;
tien tu il lume. -
E accostatisi, la
man del cavaliere
piano piano la
testa scosse che, in bende nere
stretta, e china su
un mazzo sparpagliato di carte,
parea sognar.
Toccata, cadde dall'altra parte,
lugubramente. E un
soffio esalò dalla salma.
La carogna turbata
par che riacquisti un'alma;
il fetore che
l'abita vuol la quiete profonda:
se lo tocchi,
s'ingrossa, come il verme, e t'innonda.
‑ Deponi la
lanterna e aiutami; la vesta
mi convien
perquisirle...
- Ma chi è dessa?
‑ Cotesta
tu già un'allegra e
vaga cortigiana spagnuola
esperta all'Ars
amandi più di Ovidio; ora, sola
e vecchia,
gironzava per le strade e le piazze
e stendeva la mano
alle belle ragazze.
Queste per
elemosina vi lasciavan cadere
un foglietto di
carta... pel damo o il cavaliere,
e talor pel
sicario. Questa vecchia, mio caro,
rinchiude più segreti che messer Diego
Alvaro
Consigliere dei
Dieci, te lo dice Lionello,
e fe' più matrimoni
che il Patriarca,
quello che li fa là
in San Marco. Tienle un po' il braccio alzato...
Ecco già un
bigliettino... senti s'è profumato! -
Un mite odor di
viola si diffuse.
‑ Leggiamo. -
«Se tu o vedi gli
dirai che l'amo,
che l'amo ancora
come ai primi dì;
che nei languidi
sogni ancor lo chiamo,
lo chiamo ancor
come se fosse qui.
«E gli dirai che
colla fé tradita
tutto il gaudio
d'allor non mi rapì;
e gli dirai che
basta alla mia vita
l'ultimo bacio che
l'addio finì!
«Nessun lo toglie
dalla bocca mia
l'ultimo bacio che
l'addio finì!...
Ma se vuoi dargli
un altro in compagnia
digli che l'amo e
che l'aspetto qui». -
‑ Questa
donna ti giuro che per me non farebbe:
la dev'essere un
ninnolo di miele e di giulebbe;
amo le forti, e tu?
Ecco un altro messaggio:
«Doman, Lenuccia
mia, gli è dì di festa,
e il mio padrone è
ammalato a palazzo.»
Nella sua gondola
vuoi che usciam
bellamente in Canalazzo?
«Mi adatterò la sua
parrucca in testa,
ne porterò la spada
e il giustacuore,
le piume, i
ciondoli,
e l'amante parrai
di un senatore!
«L'anima ho piena
di versi rimati,
e porterò con me la
mia mandòla:
parole e musica ti
alletteran come una cosa sola!
. .
. . .
. . ».
Leggiam quest'altro
‑
«Il bimbo
viaggia in fondo al
mare
e l'alma sua nel
limbo...».
‑ Infamia!
‑ Oh
Lionello, usciam da questo orrore!
Ho la testa che bolle,
e mi si spezza il cuore;
certo un malor ci
aspetta...
‑ Un malore!
t'inganni.
Qui un biglietto mi
attende per cui darei vent'anni
di sonno e di
bagordi... eccolo!... affediddio,
viva la Berenice! è
ben cotesto il mio!
Grazie, povera
morta; che il ciel vi ricompensi,
né ai vostri
peccatucci il buon Iddio ripensi. .
‑ Bada,
un'ombra è passata sul muro... alcun ci spia.
‑ Oh fosse un
sì che scrive la contessina mia!
‑ Bada,
l'ombra si appressa.
E la lanterna cieca
drizzò alla porta.
Videro corne una forma bieca
di cui gli occhi
soltanto apparivan.
Lionello ha
sguainata la spada.
‑ Spegni il
lume, fratello -
Ma la strana figura
s'era già dileguata.
Allor dall'atra
stanza, di fogli seminata,
chetamente
sortirono; ripassar per l'androne
in cui parea
vagasse come un'alta visione
di mister, di
delitti, di stanchezza e d'amore,
e rividero il cielo
tutto calma e splendore.
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