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Egli è là steso al
suolo.
il manto ha già le
pieghe del funebre lenzuolo,
la faccia ha già
composta, quasi, alla pace eterna;
e negli occhi che
immobili affisan la lucerna,
palpitante di
fievoli raggi e morente anch'essa,
sembra la arcana
calma dell'infinito impressa.
Oh quel raggio di
sole, perché giunse in quel punto ?
A quest'ora ei
sarebbe un pallido defunto,
obliante e obliato;
sarebbe all'ombre sceso
da men feroce
strale in meno all'alma offeso!
Veder l'astro
cadere dal suo cielo pudico,
perder l'idolo, e
perderlo per la man di un amico
che lo strappa
all'altare per gettarlo all'alcova!
Oh fu ignobile il
gioco, fu d'inferno la prova,
raggio dal ciel
caduto quand'ei forse presago,
già avea l'impronte
al collo dell'imprecato spago!
E or l'orribile
morte pur gli è presso, e nol vuole.
Come ad ebro
sospinto in rapide carole,
tutto che ingombra
il sordido peristilio traballa
intorno a Steno,
orribile famíglia macra e gialla.
Son gli stocchi che
guizzano come in mano a ribelli,
son gli arazzi che
sembrano ali di pipistrelli;
son le gonne
vendute dalle Circi del ghetto
che gli danzano in
giro e gli sfiorano il petto;
son le coltri,
lasciate dalle tremule vecchie,
che passano,
gettandogli vaghe preci all'orecchie;
e in la cupa
vertigine, fra le larve e il fetore
delle casse di
sego, allo scoccar dell'ore,
oh meraviglia! è il
marmo che si muove, è il macigno
da cui sembra
svanito il cinico sogghigno,
è il Fauno che si
abbassa sulla testa di Steno,
e par dica : - Per
piangere, ora ho un compagno almeno!
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