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Emilio Praga Fiabe e leggende IntraText CT - Lettura del testo |
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-7-Il castello, immobil macchia, cosa informe e minacciosa, trafiggea co' suoi pinacoli l'ampia bruma nebulosa; dalle gotiche - compagini piante esotiche - a cui garba por sui muri un po' di barba, scomponean lo stil corretto di un pregievole architetto.
E lontan, lontano, all'ultimo fil di cielo, un guizzo strano segnalava, incerto e rapido, qualche nomade uragano. Le finestre illuminavansi, argentavansi - le mura; poi, nell'aria opaca e oscura, riappariva ancor più tetro il castel, come uno spetro.
Da sospir, da supplichevoli gridi invasi erano i campi; forse arcane metamorfosi accadean sotto quei lampi... Larve pallide - sfuggevoli per le squallide - vallée parean Strigi, o parean Dee; al mio piè, filando bava, una biscia strisciava.
Le ninfe si arrovesciavano come vergini tentate; un ronzìo d'ali invisibili le avea certo ridestate. Di languore, di bisbiglio, di scompiglio - ebro, pagano, si coprìa l'immenso piano... Era un coro a voci uguali, e cantavano «Sponsali».
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