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Emilio Praga Fiabe e leggende IntraText CT - Lettura del testo |
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-16-Ed apre la lanterna. La luce che n'è evasa saltellando si posa su quattro basse mura, dove leggonsi cifre di magica scrittura, e pendon croci e teschi e cappelli di preti; pur nessun che respiri fra le strane pareti. Ma Lionello ha nell'angolo scoperto un seggiolone: - È là che dorme; andiamola a svegliar colle buone; tien tu il lume. - E accostatisi, la man del cavaliere piano piano la testa scosse che, in bende nere stretta, e china su un mazzo sparpagliato di carte, parea sognar. Toccata, cadde dall'altra parte, lugubramente. E un soffio esalò dalla salma. La carogna turbata par che riacquisti un'alma; il fetore che l'abita vuol la quiete profonda: se lo tocchi, s'ingrossa, come il verme, e t'innonda. ‑ Deponi la lanterna e aiutami; la vesta mi convien perquisirle... - Ma chi è dessa? ‑ Cotesta tu già un'allegra e vaga cortigiana spagnuola esperta all'Ars amandi più di Ovidio; ora, sola e vecchia, gironzava per le strade e le piazze e stendeva la mano alle belle ragazze. Queste per elemosina vi lasciavan cadere un foglietto di carta... pel damo o il cavaliere, e talor pel sicario. Questa vecchia, mio caro, rinchiude più segreti che messer Diego Alvaro Consigliere dei Dieci, te lo dice Lionello, e fe' più matrimoni che il Patriarca, quello che li fa là in San Marco. Tienle un po' il braccio alzato... Ecco già un bigliettino... senti s'è profumato! -
Un mite odor di viola si diffuse.
‑ Leggiamo. - «Se tu o vedi gli dirai che l'amo, che l'amo ancora come ai primi dì; che nei languidi sogni ancor lo chiamo, lo chiamo ancor come se fosse qui. «E gli dirai che colla fé tradita tutto il gaudio d'allor non mi rapì; e gli dirai che basta alla mia vita l'ultimo bacio che l'addio finì!
«Nessun lo toglie dalla bocca mia l'ultimo bacio che l'addio finì!... Ma se vuoi dargli un altro in compagnia digli che l'amo e che l'aspetto qui». - ‑ Questa donna ti giuro che per me non farebbe: la dev'essere un ninnolo di miele e di giulebbe; amo le forti, e tu? Ecco un altro messaggio:
«Doman, Lenuccia mia, gli è dì di festa, e il mio padrone è ammalato a palazzo.» Nella sua gondola vuoi che usciam bellamente in Canalazzo?
«Mi adatterò la sua parrucca in testa, ne porterò la spada e il giustacuore, le piume, i ciondoli, e l'amante parrai di un senatore!
«L'anima ho piena di versi rimati, e porterò con me la mia mandòla: parole e musica ti alletteran come una cosa sola! . . . . . . . ».
Leggiam quest'altro ‑ «Il bimbo viaggia in fondo al mare e l'alma sua nel limbo...».
‑ Infamia!
‑ Oh Lionello, usciam da questo orrore! Ho la testa che bolle, e mi si spezza il cuore; certo un malor ci aspetta... ‑ Un malore! t'inganni. Qui un biglietto mi attende per cui darei vent'anni di sonno e di bagordi... eccolo!... affediddio, viva la Berenice! è ben cotesto il mio! Grazie, povera morta; che il ciel vi ricompensi, né ai vostri peccatucci il buon Iddio ripensi. . ‑ Bada, un'ombra è passata sul muro... alcun ci spia. ‑ Oh fosse un sì che scrive la contessina mia! ‑ Bada, l'ombra si appressa. E la lanterna cieca drizzò alla porta. Videro corne una forma bieca di cui gli occhi soltanto apparivan. Lionello ha sguainata la spada. ‑ Spegni il lume, fratello - Ma la strana figura s'era già dileguata. Allor dall'atra stanza, di fogli seminata, chetamente sortirono; ripassar per l'androne in cui parea vagasse come un'alta visione di mister, di delitti, di stanchezza e d'amore, e rividero il cielo tutto calma e splendore.
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