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Emilio Praga Fiabe e leggende IntraText CT - Lettura del testo |
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-21-Egli è là steso al suolo. il manto ha già le pieghe del funebre lenzuolo, la faccia ha già composta, quasi, alla pace eterna; e negli occhi che immobili affisan la lucerna, palpitante di fievoli raggi e morente anch'essa, sembra la arcana calma dell'infinito impressa. Oh quel raggio di sole, perché giunse in quel punto ? A quest'ora ei sarebbe un pallido defunto, obliante e obliato; sarebbe all'ombre sceso da men feroce strale in meno all'alma offeso! Veder l'astro cadere dal suo cielo pudico, perder l'idolo, e perderlo per la man di un amico che lo strappa all'altare per gettarlo all'alcova! Oh fu ignobile il gioco, fu d'inferno la prova, raggio dal ciel caduto quand'ei forse presago, già avea l'impronte al collo dell'imprecato spago! E or l'orribile morte pur gli è presso, e nol vuole. Come ad ebro sospinto in rapide carole, tutto che ingombra il sordido peristilio traballa intorno a Steno, orribile famíglia macra e gialla. Son gli stocchi che guizzano come in mano a ribelli, son gli arazzi che sembrano ali di pipistrelli; son le gonne vendute dalle Circi del ghetto che gli danzano in giro e gli sfiorano il petto; son le coltri, lasciate dalle tremule vecchie, che passano, gettandogli vaghe preci all'orecchie; e in la cupa vertigine, fra le larve e il fetore delle casse di sego, allo scoccar dell'ore, oh meraviglia! è il marmo che si muove, è il macigno da cui sembra svanito il cinico sogghigno, è il Fauno che si abbassa sulla testa di Steno, e par dica : - Per piangere, ora ho un compagno almeno!
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