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Poiché dunque l'attività della Curia romana, unita al ministero petrino, e
fondata su di esso, si dedica al bene della Chiesa universale e, al tempo
stesso, delle Chiese particolari, essa è chiamata prima di ogni cosa a quel
ministero di unità, che è in special modo affidato al romano Pontefice, in
quanto è stato costituito da Dio fondamento perpetuo e visibile della Chiesa.
Perciò l'unità nella Chiesa è un tesoro prezioso, che dev'essere conservato,
difeso, protetto, promosso e continuamente realizzato con la zelante
collaborazione di tutti e specialmente di coloro che a loro volta sono il
visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari (cfr.
«Lumen Gentium», 23).
La collaborazione
che la Curia romana presta al santo Padre è dunque fondata su questo servizio
all'unità: unità anzitutto di fede, che si sostiene e si costituisce sul sacro
deposito, di cui il successore di Pietro è il primo custode e difensore, e per
il quale ha ricevuto il supremo compito di confermare i fratelli; unità, poi,
di disciplina, poiché si tratta della disciplina generale della Chiesa, che
consiste in un complesso di norme e di comportamenti morali, costituisce la
struttura fondamentale della Chiesa, e assicura i mezzi di salvezza e la loro
retta distribuzione, unitamente all'ordinata strutturazione del Popolo di Dio.
Il governo
della Chiesa universale difende da sempre questa unità dalla diversità dei vari
modi di essere e di agire, che scaturiscono dalle differenze di persone e di
culture, senza peraltro che essa ne patisca danno nell'immensa molteplicità di
quei doni, che lo Spirito Santo largamente distribuisce; e tale unità si
arricchisce continuamente, purché non nascano tentativi isolazionistici e
centrifughi di mutua separazione, facendo sì, invece, che tutti gli elementi
confluiscano nella più profonda struttura dell'unica Chiesa. Il mio
predecessore Giovanni Paolo I aveva ricordato molto opportunamente questo
principio, quando, parlando ai Cardinali, ebbe a dire che gli organismi della
Curia romana «offrono al Vicario di Cristo la possibilità concreta di svolgere
il servizio apostolico di cui egli è debitore a tutta la Chiesa, ed assicurano
in tal modo l'organico articolarsi delle legittime autonomie, pur
nell'indispensabile rispetto di quella essenziale unità di disciplina, oltre
che di fede, per la quale Cristo pregò nell'immediata vigilia della sua
passione» (Ioannis Pauli I «Allocutio ad Patrum Cardinalium Collegium», die 30
aug. 1978: Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 25).
Da queste
premesse scaturisce il principio che il ministero di unità rispetta le
consuetudini legittime della Chiesa universale, le usanze dei popoli e la
potestà che per diritto divino spetta ai pastori delle Chiese particolari. Ma è
chiaro che il romano Pontefice non può omettere di intervenire ogni qualvolta
gravi motivi lo richiedano per la tutela dell'unità nella fede, nella carità o
nella disciplina.
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