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Piangete, donne, e poi che la mia morte

non move il signor mio crudo e lontano,

voi che sète di cor dolce ed umano,

aprite di pietade almen le porte.

Piangete meco la mia acerba sorte,

chiamando Amor, il ciel empio, inumano,

e lei, che mi ferì, spietata mano,

che mi vegga morir e lo comporte.

E, poi ch'io sarò cenere e favilla,

dica alcuna di voi mesta e pietosa,

sentita del mio foco una scintilla:

- Sotto quest'aspra pietra giace ascosa

l'infelice e fidissima Anassilla,

raro essempio di fede alta amorosa.

 

 




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