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Poi che m'ha reso Amor le vive stelle, che mi guidano al ciel per dritta via, e ne le molte mie gravi tempeste m'hanno mai sempre ricondotta in porto di questo chiaro e fortunato mare, ch'indarno turban le procelle e i venti; udite, benigne aure, amici venti, e voi, occhi del cielo, ardenti stelle; mentre qui sovra questo altero mare, da la mia lunga e faticosa via, la mercede d'Amor, tornata in porto, lodo di lui gli strazi e le tempeste.
Voi, voci, voi, sospir, voi le tempeste sète, voi sète i graziosi venti, che dimostrate poi sì dolce il porto, quando il sol arde e quando ardon le stelle; voi sète la sicura e dritta via, che ci guidate de' diletti al mare. Qual d'eloquenzia fia sì largo mare, e sì scarco di nubi e di tempeste, che possa dir senza arrestar fra via, mentre stan quete le procelle e i venti, la gioia che mi dan le mie due stelle, or c'hanno il mio signor ridotto in porto? Dolce sicuro e grazioso porto, che del mio pianto l'infinito mare m'hai acquetato al raggio de le stelle, ch'ovunque splendon fugan le tempeste, sì ch'io non posso più temer ch'i venti turbin sì cara e dilettosa via! Menami, Amor, omai per questa via, fin che quest'alma giunga a l'altro porto, ch'io non vo' navigar con altri venti, né di questo cercar più largo mare, né nel viaggio mio vo' ch'altre stelle mi sieno scorte, e sgombrin le tempeste. Aspre tempeste ed importuni venti non m'impediran più del mar la via, or che le stelle mie m'han mostro il porto.
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