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Iginio Ugo Tarchetti
Fosca

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Pochi minuti prima che io partissi, il medico venne infatti a trovarmi.

Entrò nella stanza sorridente con aria di voler fare le beffe della mia sconfitta; e mi sarei offeso di questo contegno, se non l’avessi saputo sinceramente interessato ai miei casi, e non fossi stato certo che egli era appunto venuto da me per suggerirmi qualche altro rimedio.

— E così, — mi diss’egli sedendosi — eccovi già di ritorno. Non avrei creduto di rivedervi sì presto. Avete avuto paura? Vi siete lasciato ricondurre come un agnello.

— Voi conoscete quella donna, — risposi io — non crederete certo che avrei potuto contenermi diversamente.

— Lo so, ma la cosa per se stessa è assai singolare; non vi offendete se ne ho sorriso mio malgrado. Immagino almeno che questo vostro recarvi a Milano per due giorni non sia che un pretesto, e che la vostra partenza sarà decisiva.

— No, ho promesso di ritornare.

— Bisogna dimenticarsene.

— Ne ho impegnato la mia parola d’onore.

— Male. Bisognerebbe dimenticarsi anche di questa.

— Non è possibile.

— Come volete. Non voglio esporvi qui le mie teorie sull’onore, ma mi limito a farvi una domanda: «Che cosa intendete di fare?».

— Ciò che è oramai inevitabile. Ritornare, giustificare con un pretesto qualunque la mia rinuncia alla licenza, e rimanere presso di lei fino a che non vedrò la possibilità  di fare diversamente.

— Datemi il vostro polso — diss’egli; e corrugò la fronte tastandolo. — La vostra tosse è diminuita?

— Accresciuta.

— Dormite?

— Poco.

— Agitato?

— Estremamente.

— Fate cattivi sogni?

— Orribili.

— Fra due giorni sarete traslocato a Milano, — diss’egli tranquillamente. — State assai male; avete bisogno di cambiar aria; questa atmosfera vi uccide.

— A Milano! Fra due giorni.

— Sì, me ne incarico io. L’aria di quel paese vi farà bene. Farò revocare la vostra licenza, e vi farò invece avere una traslocazione che renderà la vostra partenza inevitabile. Ella lo comprenderà, non potrà opporsi. Le dirò che fui io a provocarla vostro malgrado.

— Ma pensate…

— A che cosa? — interruppe egli con impazienza. — Io penso al vostro bene, giacché voi non avete un’oncia di giudizio, e lasciate volentieri che vi pensino i vostri amici. Dopo tutte le follie che ha fatte per voi, dopo quella colossale di ieri, la salute di quella donna è peggiorata a tal segno, che ella non ha più due mesi di vita; e due altri mesi di soggiorno vicino a lei basterebbero a dare a questa lenta infiammazione che vi divora uno sviluppo che renderebbe impossibile arrestarla. Fate quell’apprezzamento che volete di questa mia mediazione, che vi costringo a subire; io ho coscienza di compiere un dovere. Me ne ringrazierete più tardi.

E uscì prima che nella mia titubanza avessi trovato parole per eccitarlo e per distoglierlo da questo disegno.

 




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