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Iacobus Sannazarius
Arcadia

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  • Prosa prima
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Prosa prima

 

Giace nella sommità di Partenio, non umile monte de la pastorale Arcadia, un dilettevole piano, di ampiezza non molto spazioso però che il sito del luogo nol consente, ma di minuta e verdissima erbettaripieno, che se le lascive pecorelle con gli avidi morsi non vi pascesseno, vi si potrebbe di ogni tempo ritrovare verdura. Ove, se io non mi inganno, son forse dodici o quindici alberi, di tanto strana et eccessiva bellezza, che chiunque li vedesse, giudicarebbe che la maestra natura vi si fusse con sommo diletto studiata in formarli. Li quali alquanto distanti, et in ordine non artificioso disposti, con la loro rarità la naturale bellezza del luogo oltra misura annobiliscono. 2 Quivi senza nodo veruno si vede il drittissimo abete, nato a sustinere i pericoli del mare; e con più aperti rami la robusta quercia e l'alto frassino e lo amenissimo platano vi si distendono, con le loro ombre non picciola parte del bello e copioso prato occupando. Et èvi con più breve fronda l'albero, di che Ercule coronar si solea, nel cui pedale le misere figliuole di Climene furono transformate. Et in un de' lati si scerne il noderoso castagno, il fronzuto bosso e con puntate foglie lo eccelso pino carico di durissimi frutti; ne l'altro lo ombroso faggio, la incorruttibile tiglia e 'l fragile tamarisco, insieme con la orientale palma, dolce et onorato premio de' vincitori. Ma fra tutti nel mezzo presso un chiaro fonte sorge verso il cielo un dritto cipresso, veracissimo imitatore de le alte mete, nel quale non che Ciparisso, ma, se dir conviensi, esso Apollo non si sdegnarebbe essere transfigurato. Né sono le dette piantediscortesi, che del tutto con le lor ombre vieteno i raggi del sole entrare nel dilettoso boschetto; anzi per diverse partigraziosamente gli riceveno, che rara è quella erbetta che da quelli non prenda grandissima recreazione. E come che di ogni tempo piacevole stanza vi sia, ne la fiorita primavera più che in tutto il restante anno piacevolissima vi si ritruova. 3 In questo così fatto luogo sogliono sovente i pastori con li loro greggi dagli vicini monti convenire, e quivi in diverse e non leggiere pruove esercitarse; sì come in lanciare il grave palo, in trare con gli archi al versaglio, et in addestrarse nei lievi salti e ne le forti lotte, piene di rusticane insidie; e 'l più de le volte in cantare et in sonare le sampogne a pruova l'un de l'altro, non senza pregio e lode del vincitore. Ma essendo una fiata tra l'altre quasi tutti i convicini pastori con le loro mandre quivi ragunati, e ciascuno, varie maniere cercando di sollacciare, si dava maravigliosa festa, Ergasto solo, senza alcuna cosa dire o fare, appiè di un albero, dimenticato di sé e de' suoi greggi giaceva, non altrimente che se una pietra o un tronco stato fusse, quantunque per adietro solesse oltra gli altri pastori essere dilettevole e grazioso. Del cui misero stato Selvaggio mosso a compassione, per dargli alcun conforto, così amichevolmente ad alta voce cantando gli incominciò a parlare:

 

 

 




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