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Iacobus Sannazarius Arcadia IntraText CT - Lettura del testo |
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Prosa sesta
Mentre Ergasto cantò la pietosa canzone, Fronimo, sovra tutti i pastori ingegnosissimo, la scrisse in una verde corteccia di faggio; e quella di molte ghirlande investita appiccò ad un albero, che sovra la bianca sepoltura stendeva i rami soi. Per la qual cosa essendo l'ora del disnare quasi passata, n'andammo presso d'una chiara fontana, che da piè di un altissimo pino si movea; e quivi ordinatamente cominciammo a mangiare le carni de' sacrificati vitelli, e latte in più maniere, e castagne mollissime, e di quei frutti che la stagione concedeva; non però senza vini generosissimi e per molta vecchiezza odoriferi et apportatori di letizia nei mesti cori. 2 Ma poi che con la abondevole diversità de' cibi avemmo sedata la fame, chi si diede a cantare, chi a narrare favole, alcuni a giocare, molti, sopravinti dal sonno, si addormirono. Finalmente io (al quale e per la allontananza de la cara patria, e per altri giusti accidenti, ogni allegrezza era cagione di infinito dolore) mi era gittato appiè d'un albero, doloroso e scontentissimo oltra modo; quando vidi discosto da noi forse ad un tratto di pietra venire con frettolosi passi un pastore ne l'aspetto giovenissimo, avvolto in un mantarro di quel colore che sogliono essere le grue, al sinestro lato del quale pendea una bella tasca d'un picciolo cuoio di abortivo vitello; e sopra le lunghe chiome, le quali più che 'l giallo de la rosa biondissime dopo le spalle gli ricadevano, aveva uno irsuto cappello, fatto, sì come poi mi avvidi, di pelle di lupo; e ne la destra mano un bellissimo bastone con la punta guarnita di nova rame, ma di che legno egli era comprendere non potei; con ciò sia cosa che se li cornilo stato fusse, ai nodi eguali l'avrei potuto conoscere, se di frassino o di bosso, il colore me lo avrebbe manifestato. Et egli veniva tale, che veracissimamente pareva il troiano Paris, quando ne le alte selve, tra li semplici armenti, in quella prima rusticità, dimorava con la sua Ninfa, coronando sovente i vincitori montoni. 3 Il quale poi che in brieve spazio presso a me ove alcuni giocavano al versaglio fu giunto, domandò a quei bifolci se una sua vacca di pel bianco con la fronte nera veduta avesseno, la quale altre volte fuggendo era avezzata di mescolarsi fra li loro tori. A cui piacevolmente fu risposto, che non gli fusse noia tanto indugiarse con esso noi, che 'l meridiano caldo sopravenisse; con ciò sia cosa che in su quell'otta avean per costume gli armenti di venirsene tutti a ruminare le matutine erbe all'ombra de' freschi alberi. E questo non bastando, vi mandarono un loro famigliare, il quale, però che peloso molto e rusticissimo uomo era, Ursacchio per tutta Arcadia era chiamato; che costui la dovesse in quel mezzo andare per ogni luogo cercando, e quella trovata conducere ove noi eravamo. 4 Allora Carino, che così avea nome colui che la bianca vacca smarrita avea, si puse a sedere sovra un tronco di faggio che dirimpetto ne stava; e dopo molti ragionamenti, al nostro Opico voltatosi, il pregò amichevolmente che dovesse cantare. Il quale così mezzo sorridendo rispuse: 5 - Figliuol mio, tutte le terrene cose e l'animo ancora, quantunque celeste sia, ne portano seco gli anni e la devoratrice età. E' mi ricorda molte volte fanciullo da che il sole usciva insino che si coricava cantare, senza punto stancarmi mai; et ora mi sono usciti di mente tanti versi, anzi peggio, che la voce tuttavia mi vien mancando, però che i lupi prima mi videro ch'io di loro accorto mi fusse. Ma posto che i lupi di quella privato non mi avessono, il capo canuto e 'l raffreddato sangue non comanda ch'io adopre ciò che a' gioveni si appertene; e già gran tempo è che la mia sampogna pende al silvestre Fauno. Niente di meno qui sono molti, che saprebbono rispondere a qualunque pastore più di cantare si vanta; li quali potranno appieno, in ciò che a me domandate, satisfarve. Ma come che dagli altri mi taccia, li quali son tutti nobilissimi e di grande sapere, qui è il nostro Serrano, che veramente, se Titiro o Melibeo lo udissero, non potrebbono sommamente non comendarlo; il quale e per vostro et anco per nostro amore, se grave al presente non gli fia, canterà e daranne piacere. - 6 Allora Serrano, rendendo ad Opico le debite grazie, gli rispuse: 7 - Quantunque il più infimo e 'l meno eloquente di tutta questa schiera meritamente dir mi possa, non di meno per non usare officio di uomo ingrato a chi, perdonemi egli, contra ogni dovere di tanto onore mi reputò degno, io mi sforzerò in quanto per me si potrà di obedirlo. E perché la vacca da Carino smarrita mi fa ora rimembrare di cosa che poco mi aggrada, di quella intendo cantare. E voi, Opico, per vostra umanità, lasciando la vecchiezza e le scuse da parte, le quali al mio parere son più soverchie che necessarie, mi risponderete. - 8 E cominciò:
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