EUGENIO
Ove
sì sol con fronte esangue e palida
su
l'asinello or vaine, e malinconico,
con chiome
irsute e con la barba squalida?
Qualunque
uom ti vedesse andar sì erronico,
di duol sì
carco, in tanta amaritudine,
certo
direbbe: - Questi non par Clonico. -
Forse che
per fuggir la solitudine
or cerchi
le cittadi, ove Amor gemina
suo' strai
temprati ne la calda incudine?
Nell'onde
solca e nell'arene semina,
e 'l vago
vento spera in rete accogliere
chi sue
speranze funda in cor di femina.
CLONICO
Eugenio,
s'io potrò mai l'alma sciogliere
o
rallentar dal laccio iniquo et orido,
tal ch'io
possa dal giogo il collo estogliere,
selva
alcuna non fia né campo florido
senza il
mio canto, tal che e Fauni e Driadi
diran che
viva ancor Dameta e Corido.
Le Naiadi,
Napee et Amadriadi,
e i Satiri
e i Silvani desterannosi
per me dal
lungo sonno, e le Tespiadi:
e poi per
mano in giro prenderannosi,
discinti e
scalzi, sovra l'erbe tenere;
e mille
canzonette ivi uderannosi.
E 'l fier
fanciullo e la spietata Venere,
vinti di
doglia, si daranno il biasimo,
e non
potran goder de la mia cenere.
Lasso, che
'n ciò pensando ognora spasimo:
sarà mai
di ch'io possa dir fra' liberi:
«Mercé del
ciel, dal gran periglio evasimo»?
EUGENIO
Di state
secchi pria mirti e giuniberi,
e i fior
vedrò di verno al ghiaccio sorgere,
che tu mai
impetri quel che in van deliberi.
Se Amore è
cieco, non può il vero scorgere:
chi prende
il cieco in guida, mal consigliasi;
s'è
ignudo, uom che non ha, come può porgere?
Questa
vita mortale al dì somigliasi,
il qual,
poi che si vede giunto al termine,
pien di
scorno all'occaso rinvermigliasi.
Così,
quando vecchiezza avvien che termine
i mal
spesi anni che sì ratti volano
vergogna e
duol convien c'al cor si germine.
A che le
menti cieche si consolano,
s'e'
nostri affanni un fumo al fin diventano,
e l'ore
ladre i nostri beni involano?
Dunque è
ben tempo omai che si risentano
i spirti
tuoi sepolti anzi l'esequie
nel fango;
onde convien c'al fin si pentano.
E se a te
stesso non dai qualche requie,
che spene
aràn gli strani? E se 'l cor misero
non può
gioir, ragion è ben che arrequie.
Quante
fiate del tuo error sorrisero
i monti e
i fiumi! e se 'l tuo duol compunseli,
quei
corser per pietà, questi s'affisero.
CLONICO
O
felici color che amor congiunseli
in vita e
'n morte, in un voler non vano,
né invidia
o gelosia giamai disgiunseli!
Sovra un
grand'olmo iersera e solitario
due
turturelle vidi il nido farnosi:
et a me
solo è il ciel tanto contrario.
Quando io
le vidi, oimè, sì amiche starnosi,
se
respirai non so, ma il duol sì avinsemi,
c'appena
in terra i piè potean fermarnosi.
Dirollo o
taccio? In tanto il duol sospinsenli,
ch'io fui
per appiccarmi sovra un piatano,
et Ifi
inanzi agli occhi Amor dipinsemi.
EUGENIO
A
quanti error gli amanti orbi non guatano!
Col desio
del morir la vita sprezzano;
tanto a
ciascun le sue sciocchezze aggratano.
E pria
mutan il pel, poi che s'avezzano,
che muten
voglia; tal che un dolce ridere
et un bel
guardo più c'un gregge apprezzano.
Talor per
ira o sdegno volno incidere
lo stame
che le Parche al fuso avolgono,
e con amor
da sé l'alma dividere.
Braman
tornare adietro, e non si volgono;
né per
foco arden, né per gelo agghiacciano,
ma senza
alcun dolor sempre si dolgono.
Cercan
fuggire Amore, e pur lo abbracciano;
se questa
è vita o morte, io non comprendola,
ché
chiaman libertade, e più s'allacciano.
CLONICO
Pur
mi si para la spietata Amendola
dinanzi
agli occhi, e par c'al vento movasi
la trista
Filli esanimata e pendola.
Se spirto
al mondo di pietà ritrovasi,
per dio,
quest'alma liberar consentami,
ché
miglior vita del morir non provasi.
O terra,
tu che puoi, terra, contentami:
tranghiotti
il tristo corpo in le tue viscere,
sì che uom
mai non ne trove orma, né sentami.
O fólgori
che fate il ciel tremiscere,
venite a
quel che ad alta voce chiàmavi,
e vòl, se
può, di disamare addiscere.
Correte, o
fiere, a quel che tanto bràmavi
e voi,
pastor, piangete il tristo esìcio
di quel
che con sua morte tutti infàmavi.
Voi
userete in me il pietoso officio,
e fra'
cipressi mi farete un tumolo,
che sia
nel mondo di mia morte indicio.
Allor le
rime, c'a mal grado accumolo,
farete
meco in cenere risolvere,
ornando di
ghirlande il mesto cumolo.
Allor vi
degnarete i passi volvere,
cantando,
al mio sepolcro; allor direteme:
- Per
troppo amar altrui, sei ombra e polvere. -
E forse
alcuna volta mostrareteme
a quella
cruda c'or m'incende e struggemi,
e 'ndarno
al sordo sasso chiamareteme.
EUGENIO
Un orso in
mezzo l'alma, un leon ruggemi,
Clonico
mio, sentendo il tuo ramarico,
che quasi
d'ogni vena il sangue suggemi.
E s'io le
leggi al tuo signor prevarico,
prendi il
consiglio del tuo fido Eugenio,
ché vivrai
lieto e di tal peso scarico.
Ama il
giocondo Apollo e 'l sacro Genio,
et odia
quel crudel che sì ti strazia,
ch'è danno
in gioventù, vergogna al senio.
Allora il
nostro Pan colmo di grazia
con l'alma
Pale aumenterà 'l tuo numero,
tal che la
mente tua ne fia ben sazia.
E non ti sdegnerai
portar su l'umero
la cara
zappa, e pianterai la neputa,
l'asparago,
l'aneto e 'l bel cucumero.
E 'l tempo
sol in ciò disponi e deputa;
ché non
s'acquista libertà per piangere,
e tanto è
miser l'uom, quant'ei si reputa.
E poi
cominciarai col rastro a frangere
la dura
terra, e sterperai la lappola,
che le
crescenti biade suol tant'angere.
Io con la
rete ucello e con la trappola,
per non
marcir ne l'ocio, e tendo insidie
a la mal
nata volpe, e spesso incappola.
Così si
scaccia amor; così le invidie
de' pastor
neghittosi si postergano;
così si
spregia il mondo e sue perfidie.
Così
convien c'al tutto si dispergano
l'amorose
speranze ardite et avide,
che ne le
menti semplicette albergano.
Or pensa
alquanto a le tue capre gravide,
che per
tema de' lupi che le assaltano
fuggon da'
cani, più che cervi pavide.
Vedi le
valli e i campi che si smaltano
di color
mille; e con la piva e 'l crotalo
intorno ai
fonti i pastor lieti saltano.
Vedi il
monton di Frisso, e segna e notalo,
Clonico
dolce, e non ti vinca il tedio;
ché 'n
pochi dì convien che 'l sol percotalo,
Caccia i
pensier che t'han già posto assedio,
e che ti
fan dì e notte andar fantastico;
ché al
mondo mal non è senza rimedio.
E pria
ch'io parlo, le parole mastico,
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