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Franco Sacchetti
Trecentonovelle

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81 - Uno Sanese, stando da casa i Rossi in Firenze, avendo prestato danari a uno di loro, va dov'e' giuoca e colui, veggendolo, e avendo vinto, comincia a biastemare, e 'l Sanese dice che non gli de' dar nulla.

 

Nel tempo che molti gentiluomini, avendo perduta la signoria di Siena, furono confinati molti di loro chi qua e chi , fu confinato tra gli altri uno Nastoccio o Minoccio de' Saracini, il quale tolse una casa a pigione da casa i Rossi; e dimorando, era usante, come sono li Sanesi, ed era giucatore di tavole bonissimo. Aveva prestato costui a un Borghese de' Rossi circa fiorini dieci, ed era passato ben due mesi che riavere non gli potea. Ora questo Sanese, essendo da alcuni vicini invitato di bere, dice l'uno:

- Io ho fatto venire un fiasco di vino di villa, andianne a bere.

Dice il Sanese:

- Per lo santo sangue di Dio, che non potrebbe esser buono Iddio, se fusse in fiasco; e ancora si laverebbe prima un ventre che un bicchiere casereccio: andiàncene alla taverna, ché è qui presso un buon vino al Canto a' quattro paoni.

La brigata, udendo li piacevoli motti del Sanese, non seppono disdire. Andarono a bere con lui alla taverna; e avendo quasi beùto quello che piacea loro, venne un suo compagno a dirli che colui che gli dovea dare dieci fiorini giucava a tavole da casa i Gucciardini, e che avea vinto ben trenta fiorini. Udendo il Sanese questo, disse a' compagni:

- Deh, andiamo di quassù dal pozzo Toscanegli, e torneremo in giù verso il ponte, ché m'è detto che 'l tale giuoca, e ha vinto; forse mi renderà dieci fiorini.

Mossonsi, dicendo:

- Fa' la via a tuo senno, e noi seguiremo.

E così andando, come costui si venne appressando, e Borghese, veggendolo, comincia adirarsi e percuotere le tavole, come se mai non avesse vinto; e come il Sanese gli fu presso, più mostrava Borghese l'ira, volgendo il viso al cielo, e biastemando tutta la corte del paradiso.

Giunto il Sanese, e veggendo gli atti dolorosi di Borghese, e immaginando che ciò facea ad arte, per non aver materia di pagare, dice a Borghese:

- Ciòe, non biastemare, tu non mi dee dare cavelle.

Borghese col busso delle tavole, e col furore, fece orecchi di mercatante, onde il Sanese s'andò con Dio, con intenzione di non addomandarli e di non averli mai.

Avvenne da ivi a certi che Borghese, giucando e avendo perduto, volea accattare denari, ed essendovi il Sanese, lo richiese di prestanza, dicendo:

- Io ti debbo dare dieci fiorini; prestamene cinque, e fieno quindici.

Il Sanese risponde:

- A me non déi tu dar cavelle.

Dice Borghese:

- Come? Io ti debbo pur dar dieci fiorini; al corpo e al sangue, che io te gli darò domane.

Il Sanese dice:

- Io ti dico che non debbo avere da te nulla.

E colui pur rimettesi. E 'l Sanese mai non disse altro, che:

- A me non déi tu dare cavelle.

E così si rimase la cosa; e non credo che mai gli riavesse; ché se quel gentiluomo de' Rossi avesse aùto conoscimento, se non gli dovesse mai aver renduti al Sanese, gli dovea rendere, per la piacevolezza delle parole usate verso lui.

 

 

 




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