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Torquato Tasso
Aminta

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ATTO QUARTO

 

Scena prima - Dafne, Silvia, Coro

 

[DAFNE] Ne porti il vento, con la ria novella,

che s'era di te sparta, ogni tuo male

e presente e futuro. Tu sei viva

e sana, Dio lodato, ed io per morta

pur ora ti tenea: in tal maniera

m'avea Nerina il tuo caso dipinto.

Ahi, fosse stata muta, ed altri sordo!

[SILVIA] Certo 'l rischio fu grande, ed ella avea

giusta cagion di sospettarmi morta.

[DAFNE] Ma non giusta cagion avea di dirlo.

Or narra tu qual fosse 'l rischio, e come

tu lo fuggisti. [SILVIA] Io, seguitando un lupo,

mi rinselvai nel più profondo bosco,

tanto ch'io ne perdei la traccia. Or, mentre

cerco di ritornare onde mi tolsi,

il vidi, e riconobbi a un stral che fitto

gli aveva di mia man press'un orecchio.

Il vidi con molt'altri intorno a un corpo

d'un animal ch'avea di fresco ucciso,

ma non distinsi ben la forma. Il lupo

ferito, credo, mi conobbe, e 'ncontro

mi venne con la bocca sanguinosa.

Io l'aspettava ardita, e con la destra

vibrava un dardo. Tu sai ben s'io sono

maestra di ferire, e se mai soglio

far colpo in fallo. Or, quando il vidi tanto

vicin, che giusto spazio mi parea

a la percossa, lanciai un dardo, e 'n vano:

ché, colpa di fortuna o pur mia colpa,

in vece sua colsi una pianta. Allora

più ingordo incontro ei mi venia; ed io

che 'l vidivicin, che stimai vano

l'uso de l'arco, non avendo altr'armi,

a la fuga ricorsi. Io fuggo, ed egli

non resta di seguirmi. Or odi caso:

un vel, ch'aveva involto intorno al crine,

si spiegò in parte, e giva ventilando,

sì ch'ad un ramo avviluppossi. Io sento

che non so chi mi tien e mi ritarda.

Io, per la tema del morir, raddoppio

la forza al corso, e d'altra parte il ramo

non cede, e non mi lascia; al fin mi svolgo

del velo, e alquanto de' miei crini ancora

lascio svelti co 'l velo; e cotant'ali

m'impennò la paura ai piè fugaci,

ch'ei non mi giunse e salva uscii del bosco.

Poi, tornando al mio albergo, io t'incontrai

tutta turbata, e mi stupii vedendo

stupirti al mio apparir. [DAFNE] Ohimè, tu vivi,

altri non già. [SILVIA] Che dici? ti rincresce

forse ch'io viva sia? M'odii tu tanto?

[DAFNE] Mi piace di tua vita, ma mi duole

de l'altrui morte. [SILVIA] E di qual morte intendi?

[DAFNE] De la morte d'Aminta. [SILVIA] Ahi, come è morto?

[DAFNE] Il come non so dir, né so dir anco

s'è ver l'effetto; ma per certo il credo.

[SILVIA] Ch'è ciò che tu mi dici? ed a chi rechi

la cagion di sua morte? [DAFNE] A la tua morte.

[SILVIA] Io non t'intendo. [DAFNE] La dura novella

de la tua morte, ch'egli udì e credette,

avrà porto al meschino il laccio o 'l ferro

od altra cosa tal che l'avrà ucciso.

[SILVIA] Vano il sospetto in te de la sua morte

sarà, come fu van de la mia morte;

ch'ognuno a suo poter salva la vita.

[DAFNE] O Silvia, Silvia, tu non saicredi

quanto 'l foco d'amor possa in un petto,

che petto sia di carne e non di pietra,

com' è cotesto tuo: ché, se creduto

l'avessi, avresti amato chi t'amava

più che le care pupille degli occhi,

più che lo spirto de la vita sua.

Il credo io ben, anzi l'ho visto e sollo:

il vidi, quando tu fuggisti, o fera

più che tigre crudel, ed in quel punto,

ch'abbracciar lo dovevi, il vidi un dardo

rivolgere in se stesso, e quello al petto

premersi disperato, né pentirsi

poscia nel fatto, che le vesti ed anco

la pelle trapassossi, e nel suo sangue

lo tinse; e 'l ferro saria giunto a dentro,

e passato quel cor che tu passasti

più duramente, se non ch'io gli tenni

il braccio, e l'impedii ch'altro non fesse.

Ahi lassa, e forse quella breve piaga

solo una prova fu del suo furore

e de la disperata sua costanza,

e mostrò quella strada al ferro audace,

che correr poi dovea liberamente.

[SILVIA] Oh, che mi narri? [DAFNE] Il vidi poscia, allora

ch'intese l'amarissima novella

de la tua morte, tramortir d'affanno,

e poi partirsi furioso in fretta,

per uccider se stesso; e s'avrà ucciso

veracemente. [SILVIA] E ciò per fermo tieni?

[DAFNE] Io non v'ho dubbio. [SILVIA] Ohimè, tu no 'l seguisti

per impedirlo? Ohimè, cerchiamo, andiamo,

che, poi ch'egli moria per la mia morte,

de' per la vita mia restare in vita.

[DAFNE] Io lo seguii, ma correaveloce

che mi sparì tosto dinanzi, e 'ndarno

poi mi girai per le sue orme. Or dove

vuoi tu cercar, se non n'hai traccia alcuna?

[SILVIA] Egli morrà, se no 'l troviamo, ahi lassa;

e sarà l'omicida ei di se stesso.

[DAFNE] Crudel, forse t'incresce ch'a te tolga

la gloria di quest'atto? esser tu dunque

l'omicida vorresti? e non ti pare

che la sua cruda morte esser debb'opra

d'altri che di tua mano? Or ti consola,

ché, comunque egli muoia, per te muore,

e tu sei che l'uccidi.

[SILVIA] Ohimè, che tu m'accori, e quel cordoglio

ch'io sento del suo caso inacerbisce

con l'acerba memoria

de la mia crudeltate,

ch'io chiamava onestate; e ben fu tale,

ma fu troppo severa e rigorosa;

or me n'accorgo e pento. [DAFNE] Oh, quel ch'io odo!

Tu sei pietosa, tu, tu senti al core

spirto alcun di pietate? oh che vegg'io?

tu piangi, tu, superba? Oh maraviglia!

Che pianto è questo tuo? pianto d'amore?

[SILVIA] Pianto d'amor non già, ma di pietate.

[DAFNE] La pietà messaggiera è de l'amore,

come 'l lampo del tuono. [CORO] Anzi sovente

quando egli vuol ne' petti virginelli

occulto entrare, onde fu prima escluso

da severa onestà, l'abito prende,

prende l'aspetto de la sua ministra

e sua nuncia, pietate; e con tai larve

le semplici ingannando, è dentro accolto.

[DAFNE] Questo è pianto d'amor, ché troppo abonda.

Tu taci? ami tu, Silvia? ami, ma in vano.

Oh potenza d'Amor, giusto castigo

manda sovra costei. Misero Aminta!

Tu, in guisa d'ape che ferendo muore

e ne le piaghe altrui lascia la vita,

con la tua morte hai pur trafitto al fine

quel duro cor, che non potesti mai

punger vivendo. Or, se tu, spirto errante,

sì come io credo, e de le membra ignudo,

qui intorno sei, mira il suo pianto, e godi:

amante in vita, amato in morte; e s'era

tuo destin che tu fossi in morte amato,

e se questa crudel volea l'amore

venderti sol con prezzo così caro,

desti quel prezzo tu ch'ella richiese,

e l'amor suo col tuo morir comprasti.

[CORO] Caro prezzo a chi 'l diede; a chi 'l riceve

prezzo inutile, e infame. [SILVIA] Oh potess'io

con l'amor mio comprar la vita sua;

anzi pur con la mia la vita sua,

s'egli è pur morto! [DAFNE] O tardi saggia, e tardi

pietosa, quando ciò nulla rileva!

 

 




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