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Torquato Tasso
Aminta

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EPILOGO - AMOR FUGGITIVO

 

[VENERE] Scesa dal terzo cielo,

io che sono di lui regina e dea,

cerco il mio figlio fuggitivo Amore.

Quest'ier mentre sedea

nel mio grembo scherzando,

o fosse elezion o fosse errore,

con un suo strale aurato

mi punse il manco lato,

e poi fuggì da me ratto volando

per non esser punito;

so dove sia gito.

Io che madre pur sono,

e son tenera e molle,

volta l'ira in pietate,

usat'ho poi per ritrovarlo ogn'arte.

Cerc'ho tutto il mio cielo in parte in parte,

e la sfera di Marte, e l'altre rote

e correnti ed immote;

suso ne' cieli

è luogo alcuno ov'ei s'asconda o celi.

Tal ch'ora tra voi discendo,

mansueti mortali,

dove so che sovente e' fa soggiorno,

per aver da voi nova

se 'l fuggitivo mio qua giù si trova.

Né già trovarlo spero

tra voi, donne leggiadre,

perché, se ben d'intorno

al volto ed a le chiome

spesso vi scherza e vola,

e se ben spesso fiede

le porte di pietate

ed albergo vi chiede,

non è alcuna di voi che nel suo petto

dar li voglia ricetto,

ove sol feritate e sdegno siede.

Ma ben trovarlo spero

ne gli uomini cortesi,

de' qual nessun si sdegna

d'averlo in sua magione;

ed a voi mi rivolgo, amica schiera.

Ditemi, ov'è il mio figlio?

Chi di voi me l'insegna,

vo' che per guiderdone

da queste labbra prenda

un bacio quanto posso

condirlo più soave;

ma chi me 'l riconduce

dal volontario esiglio,.

altro premio n'attenda,

di cui non può maggiore

darli, la mia potenza,

se ben in don li desse

tutto 'l regno d'Amore;

e per lo Stige io giuro

che ferme servarò l'alte promesse.

Ditemi, ov'è il mio figlio?

Ma non risponde alcun: ciascun si tace.

Non l'avete veduto?

Forse ch'egli tra voi

dimora sconosciuto,

e dagli omeri suoi

spiccato aver de' l'ali

e deposto gli strali,

e la faretra ancor depost'e l'arco,

onde sempre va carco,

e gli altri arnesi alteri e trionfali.

Ma vi darò tai segni

che conoscer ai segni

facilmente il potrete,

ancor che di celarsi a voi s'ingegni.

Egli, ben che sia vecchio

e d'astuzia e d'etate,

picciolo è sì, ch'ancor fanciuilo sembra

al viso ed a le membra,

e 'n guisa di fanciullo

sempre instabil si move,

par che luogo trove in cui s'appaghi,

ed ha giuoco e trastullo

di puerili scherzi;

ma il suo scherzar è pieno

di periglio e di danno.

Facilmente s'adira,

facilmente si placa; e nel suo viso

vedi quasi in un punto

e le lagrime e 'l riso.

Crespe ha le chiome e d'oro,

e 'n quella guisa appunto

che Fortuna si pinge,

ha lunghi e folti in su la fronte i crini,

ma nuda ha poi la testa

a gli opposti confini.

Il color del suo volto

più che fuoco è vivace;

ne la fronte dimostra

una lascivia audace;

gli occhi infiammati e pieni

d'un ingannevol riso

volge sovente in biechi; e pur sott'occhio

quasi di furto mira,

né mai con dritto guardo i lumi gira.

Con lingua che dal latte

par che si discompagni,

dolcemente favella, ed i suoi detti

forma tronchi e imperfetti;

di lusinghe e di vezzi

è pieno il suo parlare,

e son le voci sue sottili e chiare.

Ha sempre in bocca il ghigno,

e gl'inganni e la frode

sotto quel ghigno asconde,

come tra fronde e fior angue maligno.

Questi da prima altrui

tutto cortese e umìle

a i sembianti ed al volto,

qual povero peregrin albergo chiede

per grazia e per mercede;

ma poi che dentro è accolto,

a poco a poco insuperbisce, e fassi

oltra modo insolente;

egli sol vuol le chiavi

tener de l'altrui core,

egli scacciarne fuore

gli antichi albergatori, e 'n quella vece

ricever nova gente;

ei far la ragion serva

e dar legge a la mente:

cosi divien tiranno

d'ospite mansueto,

e persegue ed ancide

chi li s'oppone e chi li fa divieto.

Or ch'io v'ho dato i segni

e degli atti e del viso

e de' costumi suoi,

s'egli è pur qui fra voi

datemi, prego, del mio figlio aviso.

Ma voi non rispondete?

Forse tenerlo ascoso a me volete?

Volete, ah folli, ah sciocchi,

tenere ascoso Amore?

Ma tosto uscirà fuore

da la lingua e da gli occhi

per mille, indîci aperti:

tal, io vi rendo certi,

ch'averrà quello a voi, ch'avvenir suole

a colui che nel seno

crede nasconder l'angue,

che co' gridi e co 'l sangue al fin lo scuopre.

Ma poi che qui no 'l trovo,

prima ch'al ciel ritorni

andrò cercando in terra altri soggiorni.

 

 

 




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