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Torquato Tasso Aminta IntraText CT - Lettura del testo |
[AMINTA] Vorrò veder ciò che Tirsi avrà fatto:
e, s'avrà fatto nulla,
prima ch'io vada in nulla,
uccider vo' me stesso inanzi a gli occhi
de la crudel fanciulla.
A lei, cui tanto piace
la piaga del mio core,
colpo de' suoi begli occhi,
altrettanto piacer devrà per certo
la piaga del mio petto,
colpo de la mia mano.
[TIRSI] Nove, Aminta, t'annuncio di conforto:
lascia omai questo tanto lamentarti.
[AMINTA] Ohimè, che di'? che porte?
O la vita o la morte?
[TIRSI] Porto salute e vita, s'ardirai
di farti loro incontra; ma fa d'uopo
d'esser un uom, Aminta, un uom ardito.
[AMINTA] Qual ardir mi bisogna, e 'ncontra a cui?
[TIRSI] Se la tua donna fosse in mezz'un bosco,
che, cinto intorno d'altissime rupi,
desse albergo a le tigri ed a' leoni,
v'andresti tu? [AMINTA] V'andrei sicuro e baldo
più che di festa villanella al ballo.
[TIRSI] E s'ella fosse tra ladroni ed armi,
v'andresti tu? [AMINTA] V'andrei più lieto e pronto
che l'assetato cervo a la fontana.
[TIRSI] Bisogna a maggior prova ardir più grande.
[AMINTA] Andrò per mezzo i rapidi torrenti,
quando la neve si discioglie e gonfi
li manda al mare; andrò per mezzo 'l foco
e ne l'inferno, quando ella vi sia,
s'esser può inferno ov'è cosa sì bella.
Orsù, scuoprimi il tutto. [TIRSI] Odi. [AMINTA] Di' tosto.
[TIRSI] Silvia t'attende a un fonte, ignuda e sola.
Ardirai tu d'andarvi? [AMINTA] Oh, che mi dici?
Silvia m'attende ignuda e sola? [TIRSI] Sola,
se non quanto v'è Dafne, ch'è per noi.
[AMINTA] Ignuda ella m'aspetta? [TIRSI] Ignuda: ma...
[AMINTA] Ohimè, che «ma»? Tu taci; tu m'uccidi.
[TIRSI] Ma non sa già che tu v'abbi d'andare.
[AMINTA] Dura conclusion, che tutte attosca
le dolcezze passate. Or, con qual arte,
crudel, tu mi tormenti?
Poco dunque ti pare
che infelice io sia,
che a crescer vieni la miseria mia?
[TIRSI] S'a mio senno farai, sarai felice.
[AMINTA] E che consigli? [TIRSI] Che tu prenda quello
che la fortuna amica t'appresenta.
[AMINTA] Tolga Dio che mai faccia
cosa che le dispiaccia;
cosa io non feci mai che le spiacesse,
fuor che l'amarla: e questo a me fu forza,
forza di sua bellezza, e non mia colpa.
Non sarà dunque ver ch'in quanto io posso,
non cerchi compiacerla. [TIRSI] Ormai rispondi:
se fosse in tuo poter di non amarla,
lasciaresti d'amarla, per piacerle?
[AMINTA] Né questo mi consente Amor ch'io dica,
né ch'imagini pur d'aver già mai
a lasciar il suo amor, bench'io potessi.
[TIRSI] Dunque tu l'ameresti al suo dispetto,
quando potessi far di non amarla.
[AMINTA] Al suo dispetto no, ma l'amerei.
[TIRSI] Dunque fuor di sua voglia. [AMINTA] Sì per certo.
[TIRSI] Perché dunque non osi oltra sua voglia
prenderne quel che, se ben grava in prima,
al fin, al fin le sarà caro e dolce
che l'abbi preso? [AMINTA] Ahi, Tirsi, Amor risponda
per me; ché quanto a mezz'il cor mi parla,
non so ridir. Tu troppo scaltro sei
già per lungo uso a ragionar d'amore:
a me lega la lingua
quel che mi lega il core.
[TIRSI] Dunque andar non vogliamo? [AMINTA] Andare io voglio,
ma non dove tu stimi. [TIRSI] E dove? [AMINTA] A morte,
s'altro in mio pro' non hai fatto che quanto
ora mi narri. [TIRSI] E poco parti questo?
Credi tu dunque, sciocco, che mai Dafne
consigliasse l'andar, se non vedesse
in parte il cor di Silvia? E forse ch'ella
il sa, né però vuol ch'altri risappia
ch'ella ciò sappia. Or, se 'l consenso espresso
cerchi di lei, non vedi che tu cerchi
quel che più le dispiace? Or dove è dunque
questo tuo desiderio di piacerle?
E s'ella vuol che 'l tuo diletto sia
tuo furto o tua rapina, e non suo dono
né sua mercede, a te, folle, che importa
più l'un modo che l'altro? [AMINTA] E chi m'accerta
che il suo desir sia tale? [TIRSI] Oh mentecatto!
Ecco, tu chiedi pur quella certezza
ch'a lei dispiace, e dispiacer le deve
dirittamente, e tu cercar non déi.
Ma chi t'accerta ancor che non sia tale?
Or s'ella fosse tale, e non v'andassi?
Eguale è il dubbio e 'l rischio. Ahi, pur è meglio
come ardito morir, che come vile.
Tu taci, tu sei vinto. Ora confessa
questa perdita tua, che fia cagione
di vittoria maggiore. Andianne. [AMINTA] Aspetta.
[TIRSI] Che «Aspetta»? non sai ben che 'l tempo fugge?
[AMINTA] Deh, pensiam pria se ciò dee farsi, e come.
[TIRSI] Per strada penserem ciò che vi resta;
ma nulla fa chi troppe cose pensa.
[CORO] Amore, in quale scola,
da qual mastro s'apprende
la tua sì lunga e dubbia arte d'amare?
Chi n'insegna a spiegare
ciò che la mente intende,
mentre con l'ali tue sovra il ciel vola?
Non già la dotta Atene,
né 'l Liceo ne 'l dimostra;
non Febo in Elicona,
che sì d'Amor ragiona
come colui ch'impara:
freddo ne parla, e poco;
non ha voce di foco,
come a te si conviene;
non alza i suoi pensieri
a par de' tuoi misteri.
Amor, degno maestro
sol tu sei di te stesso,
e sol tu sei da te medesmo espresso;
tu di legger insegni
ai più rustici ingegni
quelle mirabil cose
che con lettre amorose
scrivi di propria man negli occhi altrui;
tu in bei facondi detti
sciogli la lingua de' fedeli tuoi;
e spesso (oh strana e nova
eloquenza d'Amore!)
spesso in un dir confuso
e 'n parole interrotte
meglio si esprime il core,
e più par che si mova,
che non si fa con voci adorne e dotte;
e 'l silenzio ancor suole
aver prieghi e parole.
Amor, leggan pur gli altri
le socratiche carte,
ch'io in due begli occhi apprenderò quest'arte;
e perderan le rime
de le penne più saggie
appo le mie selvaggie,
che rozza mano in rozza scorza imprime.