Detti e Silva, seguito poscia dai suoi Cavalieri e da Giovanna con le
Ancelle.
Carlo starà in modo da non essere facilmente riconosciuto da Silva. Elvira
cerca di ricomporsi, e cela il pugnale.
Silva
Che mai vegg'io! Nel penetral
più sacro
di mia magione, presso a lei che sposa
esser dovrà d'un Silva,
due seduttori io scorgo?
Entrate, olà, miei fidi cavalieri.
(Entrano cavalieri e famigli, Giovanna ed Ancelle.)
Sia ognun testimon del disonore,
dell'onta che si reca al suo signore.
(fra sé)
(Infelice!... e tuo credevi
sì bel giglio immacolato!...
Del tuo crine fra le nevi
piomba invece il disonor.
Ah! perché l'etade in seno
giovin core m'ha serbato!
Mi dovevan gli anni almeno
far di gelo ancora il cor.)
(a Carlo ed Ernani)
L'offeso onor, signori,
inulto non andrà.
Scudieri, L'azza a me, la spada mia...
L'antico Silva vuol vendetta, e tosto...
Infin che un brando vindice
resta al vegliardo ancora;
saprà l'infamia tergere
o vinto al suol cadrà!
Me fa tremante il subito
sdegno che mi divora...
cercando il sen del perfido
la man non tremerà.
Coro
Lo sdegno suo reprimere
quel nobil cor non sa.
Silva
Uscite...
Ernani
Ma, signore...
Silva
Non un detto ov'io parlo...
Carlo
Signor duca...
Silva
Favelleran le spade; uscite, o vili.
(a Carlo)
E tu... per primo... vieni.