PARTE SECONDA - LA GITANA
Un diruto abituro sulle falde di un monte della
Biscaglia.
Nel fondo, quasi tutto aperto, arde un gran fuoco. I primi albori.
Azucena siede presso il fuoco. Manrico le sta disteso
accanto sopra una coltrice ed avviluppato nel suo mantello; ha l'elmo ai piedi
e fra le mani la spada, su cui figge immobilmente lo
sguardo. Una banda di Zingari è sparsa all'interno
Zingari
Vedi! Le fosche notturne spoglie
De' cieli
sveste l'immensa volta;
Sembra una vedova che alfin si toglie
I bruni panni ond'era involta.
All'opra! all'opra!
Dàgli, martella.
(Dànno di piglio ai loro ferri del mestiere; al
misurato tempestar dei martelli cadenti sulle incudini, or uomini, or donne, e
tutti in un tempo infine intonano la cantilena seguente:)
Chi del gitano i giorni abbella?
La zingarella!
Uomini
(alle donne, sostando un poco dal lavoro)
Versami un tratto; lena e coraggio
Il corpo e l'anima traggon dal bere.
(Le donne mescono ad essi in rozze coppe)
Tutti
Oh guarda, guarda! del sole
un raggio
Brilla più vivido nel mio/tuo bicchiere!
All'opra, all'opra...
Dàgli, martella...
Chi del gitano i giorni abbella?
La zingarella!
Azucena
(Canta: gli Zingari le si fanno allato)
Stride la vampa! - la folla indomita
Corre a quel fuoco - lieta in sembianza;
Urli di gioia - intorno echeggiano:
Cinta di sgherri - donna s'avanza!
Sinistra splende - sui volti orribili
La tetra fiamma - che s'alza al ciel!
Stride la vampa! - giunge la vittima
Nerovestita, - discinta e scalza!
Grido feroce - di morte levasi;
L'eco il ripete - di balza in balza!
Sinistra splende - sui volti orribili
La tetra fiamma - che s'alza al ciel!
Zingari
Mesta è la tua canzon!
Azucena
Del pari mesta
Che la storia funesta
Da cui tragge argomento!
(Rivolge il capo dalla parte di Manrico e mormora sommessamente:)
Mi vendica... Mi vendica!
Manrico
(L'arcana parola ognor!)
Vecchio Zingaro
Compagni, avanza il giorno
A procacciarci un pan, su, su!... scendiamo
Per le propinque ville.
Uomini
Andiamo.
(Ripongono sollecitamente nel sacco i loro arnesi)
Donne
Andiamo.
(Tutti scendono alla rinfusa giù per la china; tratto tratto
e sempre a maggior distanza odesi il loro canto)
Zingari
Chi del gitano i giorni abbella?
La zingarella!
Manrico (sorgendo)
Soli or siamo; deh, narra
Questa storia funesta.
Azucena
E tu la ignori,
Tu pur!... Ma, giovinetto, i passi tuoi
D'ambizion lo sprone
Lungi traea!... Dell'ava il fine acerbo
E quest'istoria... La incolpò superbo
Conte di malefizio, onde asserìa
Colto un bambin suo figlio... Essa bruciata
Venne ov'arde quel foco!
Manrico
(rifuggendo con raccapriccio dalla fiamma)
Ahi! Sciagurata!
Azucena
Condotta ell'era in ceppi al suo destin
tremendo!
Col figlio sulle braccia, io la seguìa piangendo.
Infino ad essa un varco
tentai, ma invano, aprirmi...
Invan tentò la misera fermarsi e benedirmi!
Ché, fra bestemmie oscene, pungendola coi ferri,
Al rogo la cacciavano gli scellerati sgherri!
Allor, con tronco accento: Mi vendica! esclamò.
Quel detto un'eco eterna in questo cor lasciò.
Manrico
La vendicasti?
Azucena
Il figlio giunsi a rapir del Conte:
Lo trascinai qui meco...
Le fiamme ardean già pronte.
Manrico (con raccapriccio)
Le fiamme!... oh ciel!... tu
forse?...
Azucena
Ei distruggeasi in pianto...
Io mi sentiva il core dilaniato, infranto!...
Quand'ecco agli egri spirti, come in un sogno,
apparve
La vision ferale di spaventose larve!
Gli sgherri ed il supplizio!... La madre smorta in
volto...
Scalza, discinta!... il grido, il noto grido ascolto...
Mi vendica!... La mano convulsa tendo... stringo
La vittima... nel foco la traggo, la sospingo...
Cessa il fatal delirio... L'orrida scena fugge...
La fiamma sol divampa, e la sua preda strugge!
Pur volgo intorno il guardo e innanzi a me vegg'io
Dell'empio Conte il figlio...
Manrico
Ah! come?
Azucena
Il figlio mio,
Mio figlio avea bruciato!
Manrico
Che dici! quale orror!
Azucena
Sul capo mio le chiome
Sento rizzarsi ancor!
(Azucena ricade trambasciata
sul proprio seggio, Manrico ammutolisce colpito d'orrore e di sorpresa. Momenti
di silenzio)
Manrico
Non son tuo figlio?
E chi son io, chi dunque?
Azucena
(con la sollecitudine di chi cerca emendare il proprio fallo)
Tu sei mio figlio!
Manrico
Eppur dicesti...
Azucena
Ah!... forse...
Che vuoi! quando al pensier
s'affaccia il truce
Caso, lo spirto intenebrato
pone
Stolte parole sul mio labbro... Madre,
Tenera madre non m'avesti ognora?
Manrico
Potrei negarlo?
Azucena
A me, se vivi ancora,
Nol dêi? Notturna, nei
pugnati campi
Di Pelilla, ove spento
Fama ti disse, a darti
Sepoltura non mossi?
La fuggente aura vital
Non iscovrì, nel seno
Non t'arrestò materno affetto?...
E quante cure non spesi
A risanar le tante ferite! ...
Manrico (con nobile orgoglio)
Che portai nel dì fatale...
Ma tutte qui, nel petto!... Io sol, fra mille
Già sbandati, al nemico
Volgendo ancor la faccia!... Il rio De Luna
Su me piombò col suo drappello; io caddi,
Però da forte io caddi!
Azucena
Ecco mercede
Ai giorni, che l'infame
Nel singolar certame
Ebbe salvi da te!... Qual t'acciecava
Strana pietà per esso?
Manrico
Oh madre!... Non saprei dirlo a me stesso!
Mal reggendo all'aspro assalto,
Ei già tocco il suolo avea:
Balenava il colpo in alto
Che trafiggerlo dovea...
Quando arresta un moto arcano,
Nel discender, questa mano...
Le mie fibre acuto gelo
Fa repente abbrividir!
Mentre un grido vien dal
cielo,
Che mi dice: Non ferir!
Azucena
Ma nell'alma dell'ingrato
Non parlò del cielo un detto!
Oh! se ancor ti spinge il fato
A pugnar col maledetto,
Compi, o figlio, qual d'un Dio,
Compi allora il cenno mio!
Sino all'elsa questa lama
Vibra, immergi all'empio in cor.
Manrico
Sì, lo giuro, questa lama
Scenderà dell'empio in cor.
(Odesi un prolungato suono di corno)
L'usato messo Ruiz invia!
Forse...
(Dà fiato anch'esso al corno che tiene ad armacollo)
Azucena
Mi vendica!
(Resta concentrata quasi inconsapevole di ciò che succede)
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