Sigismondo
Venga Ulderico, sì. Comune a noi
sarà il duolo e il rossor, quando di lei...
Sì; ma per sempre... ah sempre! io la perdei.
(Esce Ladislao turbatissimo dall’abitazione.)
Che avvenne?
Ladislao
In quell’albergo...
vid’io...
(ammutolisce)
Sigismondo
Perché t’arresti?
Ladislao
Chi lo può figurar?..
Sigismondo
Di’, che vedesti?
Ladislao
Vidi... ah no che allor sognai!
Vidi... ah no ch’io m’ingannai!
Ma quel tremito che allora
mi sorprese e pur mi scuote,
in un mar di dubbi ancora
fa quest’anima ondeggiar.
(Sigismondo lo sollecita a spiegarsi.)
Porta il piede in quelle soglie,
e, signor, vedrai portento. -
(Sigismondo s’incammina. Dopo un momento di silenzio generale esce
Aldimira che s’inchina a Sigismondo il quale resta immobile considerandola.
Essa se gli inchina e resta presso all’abitazione.)
Ecco a te chi là soggiorna...
Tu sorprendi!..
(Io n’ho spavento.)
Or ti lascio e vo all’istante
armi e armati ad apprestar.
(considerandola colla più grande agitazione, che cerca nascondere)
(Ah che quello è un spettro, è un’ombra
dall’Averno uscita fuore!
Di stupore, di terrore
mi fa quasi delirar.)
(entra nel bosco)
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