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Giuseppe Foppa
Sigismondo

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  • ATTO SECONDO
    • Scena quinta. Radoski, poi Anagilda
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Scena quinta. Radoski, poi Anagilda

 

Radoski
M’ingannaste, occhi miei? No, del rimorso
me ne accerta la voce. Essa è Aldimira,
da me, seguace a Ladislao, tradita.

(Esce Anagilda.)

Anagilda
(da sé)
(Agitata, smarrita
io non so che sperar.)

Radoski
(da sé)
Ah sì, degg’io
emendar come posso il fallo mio.)

Anagilda
Radoski, e che? dovrei
paventar d’una strana somiglianza?

Radoski
(Simuliam.) Qual t’adombra
importuno timor?

Anagilda
Ma Sigismondo
rese pubblico omai che, per suo cenno,
tolta da vil soggiorno,
in corte la Regina or fe’ ritorno.

Radoski
Ma figlia a Zenovito
sarà sempre Egelinda, e al patrio tetto,
compito il grande oggetto,
ritornerà, vedrai.

Anagilda
Deh! le perdute
speranze renda a me pietoso amore
d’uno sposo e d’un soglio a questo core.
Sognava contenti,
sperava conforto,
ma in seno a’ tormenti,
ma lunge dal porto
amante infelice
non oso sperar.
Se aspiro ad un soglio
per nobile orgoglio,
gran core mi lice
superba vantar.
(parte)

 




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