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Luigi Romanelli
La pietra del paragone

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  • ATTO SECONDO
    • Scena diciannovesima ed ultima. La Baronessa, poi Donna Fulvia e Clarice; finalmente tutti, ciascuno a suo tempo
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Scena diciannovesima ed ultima. La Baronessa, poi Donna Fulvia e Clarice; finalmente tutti, ciascuno a suo tempo

 

Baronessa
Siete alfin solo: impaziente io stava
Aspettando il momento...

Fulvia
(correndo spaventata)
Se non era
Il Cavalier Giocondo,
Il Conte si uccidea.

Clarice
(con somma agitazione)
(Che sento! ) Ed ora?

Fulvia
Scrive.

Clarice
(Respiro.)

Baronessa
(a Donna Fulvia)
E perché mai?

Fulvia
Si crede
Che il signor Capitan gli abbia intimato...

Fabrizio
(correndo)
Ah! signor Capitan...

Clarice
Che cosa è stato?

Fabrizio
Leggete, e poi firmatevi:
«Lucindo per Clarice sua sorella»,
O il padron si fuoco alle cervella.

Baronessa
Caspita! il caso è serio.

Clarice
(Oh me felice!
Scrivo il mio nome: ei stupirà. «Clarice.»)

Fabrizio
Grazie.

Baronessa
(a Fulvia)
(Che nuova c'è?)

Fulvia
(alla Baronessa)
(Credo che sia
Carta di matrimonio.)

Clarice
A queste dame
Domando mille scuse.

Baronessa
(in aria di galanteria)
Io più di mille
Ne domando anzi a voi, se forse troppo
Importuna vi son.

Fulvia
(egualmente)
Volano l'ore
In vostra compagnia

Baronessa
(come sopra)
Sembrano istanti.

Clarice
Siete troppo gentili. (Anzi sguaiate.)

Fulvia
(come sopra)
Oh grazie.

Baronessa
(come sopra)
È sua bontà.

Clarice
(Quando sapranno
Quel che so io.)

Fabrizio
(al Conte nell'escire)
La Marchesina? Oh bella!
Non l'ho neppur veduta.

Conte
(mostrando il foglio che ha in mano)
Ed io ti dico
Che questo è suo carattere.

Pacuvio
(osservando il foglio)
Senz'altro.

Conte
Io lo conosco.

Giocondo
(facendo lo stesso)
Non v'è dubbio.

Macrobio
(a Fabrizio osservando anch'esso)
Hai torto.

Fabrizio
Or lo vedremo. Il Capitan Lucindo
Per me risponda.

Clarice
Io parlerò. Fabrizio
Non ha né torto, né ragion; mi spiego:
Conte, io spero che siate
Disposto a perdonarmi.

Conte
Io sì.

Clarice
Ne chieggo
La destra in pegno.

Conte
Eccola, o caro; io tutto,
Or che ottenni Clarice, a voi perdono.

Clarice
Lucindo non tornò: Clarice io sono.

Stupore universale.

Conte e Giocondo
Voi Clarice?

Baronessa e Fulvia
Qual inganno!

Macrobio e Pacuvio
Qual sorpresa!

Fabrizio e Coro
Qual portento!

Tutti
Questo nobile ardimento
Chi poteva immaginar?

Clarice
Trasformando al fin me stessa
Aguzzai d'amor lo strale:
La sorpresa universale
Mi fa l'alma in sen brillar.

Baronessa e Fulvia
Che improvviso temporale!
Ci avrei fatta una scommessa:
Ah! pur troppo è dessa, è dessa,
E ci seppe corbellar.

Pacuvio
Donna Fulvia...

Macrobio
Baronessa...

Macrobio e Pacuvio
È venuto il temporale.
Si è smorzato il mio fanale,
Cesso alfin di smoccolar.

Conte e Giocondo
Da stupor, da gioia eguale
Non fu mai quest'alma oppressa:
Ma la gioia omai prevale;
Già non so che giubilar.

Fabrizio e Coro
(verso il Conte)
Da stupor, da gioia eguale
Non fu mai quell'alma oppressa:
Ma la gioia omai prevale,
E non sa che giubilar.

Conte
(a Clarice)
Cara, perdon ti chiedo.

Clarice
(al Conte)
Perdon ti chiedo anch'io.

Giocondo
(con brio a Clarice e al Conte)
Ragion per me non vedo
Di starsi a supplicar.

Conte
(a Giocondo)
Quanto vi deggio, amico!

Giocondo
(come sopra)
Lo stesso ancor vi dico:
Lasciamo i complimenti.

Macrobio e Pacuvio
Piuttosto andiamo a pranzo:
Pria che la lingua, i denti
Bisogna esercitar.

Macrobio, Pacuvio e Giocondo
E sopra l'altre cose
Con pompa ed allegria
Le nozze portentose
Si pensi a festeggiar.

Baronessa e Fulvia
(la Baronessa a Macrobio, Donna Fulvia a Pacuvio)
Veder chi si marita,
E starli a contemplar...

Macrobio e Pacuvio
(interrompendole)
Madama, l'ho capita:
Son grato al vostro affetto;
Ma per parlarvi schietto,
Ci voglio un po' pensar.

Macrobio
(veggendo che la Baronessa se ne rammarica, le porge la destra)
Via su, sia per non detto,
Vi voglio contentar.

Conte
Finor di stima io fui
Verso le donne avaro:
Da questo giorno imparo
Le donne a rispettar.

Clarice, Macrobio, Giocondo e Conte, indi Tutti
Il cor di giubilo
Brillar mi sento:
Non so reprimere
Quel sentimento,
Che in petto l'anima
Mi fa balzar.

Del paragon la pietra
A tempo usar conviene:
Chi prova e non risolve,
Un seccator diviene;
Si rende altrui ridicolo
Per farsi singolar.

 




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