Pacuvio
(mostrando una lettera)
Nuova grande! è arrivato
Sin qui da ieri alla piazza
Il maestro Petecchia, il celeberrimo...
Conte
Credete voi che molti siano in oggi
I maestri di vaglia?
Pacuvio
Più di cento
Saran senz'altro, e tutti bravi, e tutti
conosciuti da me.
Clarice
(In aria di derisione)
Compreso ancora
Il maestro Petecchia.
Giocondo
Certo, ossia febbre putrida.
Conte
(al Cavalier Giocondo)
In acconcio
Qui cadrebbe, a me sembra,
Quel tal vostro sonetto, in cui fingete,
Se non m'inganno, d'aver fatto un sogno,
Recitatelo in grazia.
Giocondo
In grazia dispensatemi.
Clarice
Via, Cavalier.
Giocondo
Non mi sovvien... scusatemi.
Clarice
Finiamola. Un mio furto
Confesserò, cui tenne man Fabrizio.
Giocondo
(turbandosi)
Come? il sonetto?..
Clarice
Io l'ebbi, e il so a memoria.
Conte
Dunque...
Clarice
Sarà mia gloria
Far cosa grata al Conte.
Giocondo
(a Clarice)
Ah! no, vi prego...
Conte
(a Giocondo)
Anzi a vostro dispetto.
Pacuvio
(Quante caricature! )
Clarice
Ecco il sonetto.
Sognai di Cimarosa, ahi vista amara!
La fredda salma sull'Adriaco suolo:
I gran maestri, onde l'Ausonia è chiara,
Cerchio a quella facean d'omaggio e duolo;
Quando piombò sulla funerea bara
Non so qual di pigmèi musico stuolo:
Squarciarne i membri, e depredarli a gara
Fu per essi un sol voto, un punto solo.
Non rimanea che il capo: insidiosa
Vidi una man, che d'afferrarlo ardia;
Ma il capo si levò, mirabil cosa!
E l'aurea bocca, ove del canto in pria
Sedean le grazie, mormorò sdegnosa:
«Canaglia, indietro; che la testa è mia»
Clarice
Che ne dite Pacuvio?
Pacuvio
(con aria d'importanza)
Non c'è male.
Giocondo
(a Pacuvio con caricatura)
Grazie alla sua bontà.
Conte
(al medesimo)
Questo sonetto
Proprio di fronte attacca
Quei vostri cento e più.
Pacuvio
(Non vale un'acca.)
Partono Clarice, il Conte e Giocondo per una banda; Pacuvio per un'altra,
e s'incontra in Fulvia.
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