Parmenione
Frema in cielo il nembo irato,
scoppi il tuono e fischi il vento;
che qui placido e contento
io mi voglio ristorar.
Quanto è dolce il mar turbato
dalle sponde il contemplar!
(Tuono.)
Martino
(si spaventa)
Ah saette maledette,
deh lasciatemi mangiar!
Parmenione
Cos'è stato?
Martino
Eh niente, niente.
Parmenione
Ma tu tremi.
Martino
Ah! no signore.
Parmenione
Tien, e mangia allegramente.
Martino
Tante grazie...
(Tuono.)
Oimè, che orrore!
(lascia cadere il piatto ricevuto dal padrone e vuol fuggire)
Parmenione
Senti, olà!
Martino
(si ferma)
Che comandate?
Parmenione
Dove vai?
Martino
Non m'arrestate.
Parmenione
Scaccia, scaccia, il tuo timore.
Martino
Non vi posso contentar.
Parmenione
Cosa fai là sciocco in piè?
Siedi qui vicino a me.
Se anche vedi il ciel cascar,
mangia, bevi e non badar.
Martino
Voi morir mi fate affé,
o seduto, o stando in piè.
Par che debba il ciel cascar.
Come posso non tremar?
(Don Parmenione sforza il suo servo a sedere
vicino a lui, facendolo tacere e mangiare per quanto è possibile,
tranquillamente.)
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