Eusebio
Qui non c'è scampo.
Ernestina
Qui parlar bisogna.
Martino
Cosa ho da far?
Eusebio
La verità ci spiega.
Martino
La verità! Ma come mai, signore,
pretenderla si può da un servitore?
Ernestina
Meno pretesti.
Eusebio
Il tuo padron vogliamo
conoscere da te.
Martino
Vorrei...
Ernestina
Palesa
il suo nome.
Martino
Mi spiace.
Eusebio
Il suo casato...
Martino
V'assicuro...
Ernestina
Il suo stato...
Eusebio
Quel che fa.
Ernestina
Quel che pensa.
Martino
E voi bramate?..
Ernestina
Tutto scoprir da te.
Martino
Dunque ascoltate.
Il mio padron è un uomo,
ogun che il vede il sa:
rassembra un galantuomo,
e forse tal sarà.
Vecchio non è, né giovine,
né brutto, né avvenente,
non è un villan, né un principe,
né ricco, né indigente.
E' in somma un di quegli esseri
comuni in società.
Portato è per le femmine,
gli piace il vino e il gioco,
amante è di far debiti,
ma di pagarli poco;
tutto censura e critica,
benché sia un ignorante,
con tutti fa il sensibile,
ma di sé solo è amante,
procura ognor di vivere
in pace e in sanità;
E' in somma di quegli esseri
comuni in società.
(fugge)
Eusebio
Senti, aspetta, ove vai?
(lo insegue)
Ernestina
Se fosse vero,
ciò che vero pur sembra, io spererei
di vedere appagati i voti miei.
(parte)
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