ELEONORA
Tu non m'inganni?
AMBROGIO
Altezza!
con gli occhi il vidi.
ELEONORA
Il cavalier Roberto
accusarsi non può?
AMBROGIO
No, no: per certo!
Io sono intimamente persuaso
che Don Gherardo è il ladro; ed ecco il caso.
Perché da lei sen venga,
come bramò, stamane, o mia signora,
da me chiamato, accelerando il passo,
esce dalle sue stanze il signor Tasso;
e solo il cavalier vi resta allora.
Del cavaliere in traccia
nella più interna stanza
il curioso s'avanza. Geraldini
parte; io lo complimento
fin sulla porta; torno e un botto sento,
un crac! Fo un salto; corro dentro, e miro
lo scrigno spalancato...
e il mio padron lo chiude. Un certo foglio
tien Don Gherardo; invan riaver lo voglio;
ché, pieno d'insolenza
minaccia bastonarmi in mia presenza.
M'attraverso, mi spinge, scappa via,
lo seguo, entra dal Duca...
Felicissima notte!
Esamino lo scrigno... era forzato;
dunque del foglio che ne fu rubato
solo il curioso sospettar conviene...
Mi pare, altezza, di concluder bene.
ELEONORA
Tutto svelasti al Tasso?
AMBROGIO
Dall'a fino alla zeta io gliel'ho detta.
ELEONORA
Ed egli?
AMBROGIO
Sbuffa, e medita vendetta su Don Gherardo.
ELEONORA
No... digli...
(nel momento che vuole esprimere ciò che dee dire
al Tasso, mostra di cangiar pensiero, e traendo
Ambrogio sull'innanzi gli dice sottovoce)
Roberto... cerca, e segreto a melo invia... Ma taci
con Torquato... M'intendi?
AMBROGIO
Capisco quel che vuole:
(con tuono di capacità e malizia)
Son uom di mondo, e bastan due parole.
Ambrogio parte.
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