TORQUATO
Qual son! Qual fui? Che chiedo?
Ove mi trovo?
Chi mi guidò? Chi chiuse?
Lasso! Chi mi affidò? Chi mi deluse?
Per me pietade è spenta, e dove langue
vil volgo ed egro, per pietà raccolto,
in carcer tetro e sotto aspro governo
fatto d'ingorda plebe è preda e scherno
io qui languisco a morte
favola e gioco vil d'avversa sorte!
Sull'Arno i miei nemici
congiuran contro me; l'irrequieto
demone ignoto non mi dà mai pace;
stolto me giura il mondo... e amor non tace!
Perché dell'aure in sen
non volano i sospir?
A te de' miei martir
l'eco verrebbe almen,
mio dolce amore!
Stolto mi chiama, il so,
chi al carcer mi dannò;
ma s'ama, e sempre te,
no, stolto il cor non è;
ragiona il core.
Varcato è un lustro!... E un anno!...
(E un anno ancora!...
Forse più a me non penserà Eleonora!
Forse... Ahi! rabbia!... Dà fede
all'empio grido e delirar me crede!
Empio grido fatal, per cui tradito,
vergognando, son chiuso in queste soglie,
ed ella piange, e i lacci miei non scioglie!
Comincia ad udirsi da lontano un coro che va mano
mano avvicinandosi alle mura del carcere.
CORO
Viva il Tasso!
TORQUATO
Lontan... lontan... M'inganno?
Echeggiava il mio nome!
CORO
In Campidoglio
crebber lauri alla sua chioma.
TORQUATO
Che ascolto!
Si apre con fragore la porta in fondo, ed entrano
in folla i Cavalieri, e circondano il Tasso.
CORO
Da quel colle ov'ebbe il soglio
la sua man ti stende Roma.
Là veloce affretta il passo;
che al tuo crin serbata è, o Tasso,
l'invidiata eterna fronda
che Petrarca incoronò;
né del Tebro sulla sponda
d'altro vate il crin cerchiò.
Sciolto sei; serena il ciglio
dell'Orobia illustre figlio;
che di principi un senato
sul Tarpeo t'ha destinato
sempre verde ambito serto,
cui sfrondar non può l'età.
Sarà emblema del tuo merto
un allor che non morrà.
TORQUATO
Ah! ch'io respiri! È troppa gioia! Meco
Goffredo è sul Tarpeo! Fra tante e tante,
che per lui, m'ebbi in cor barbare spine
una fronda d'alloro io colgo alfine!
Eleonora! Ora nel dirti: addio,
pari a te sono, ho una corona anch'io.
CORO
Vieni.
TORQUATO
Verrò; ma da lei volo. Io voglio
da lei saper se a lei m'innalza questa
rara, non compra, ardua corona...
CORO
(arrestandolo)
Arresta.
Non rispondono gli estinti
dell'avel dai muti marmi;
né per lagrime, o per carmi
cener freddo mai parlò.
TORQUATO
(dolorosamente colpito all'annunzio inatteso)
Ella spenta! Io l'ho perduta?
Son deserto sulla terra?...
Ah! per voi fia sempre muta;
nel mio cor l'ascolterò.
Parlerà. Ne' sogni miei
lascerà la terza stella;
meno altera e assai più bella
al suo fido tornerà.
Ah! la veggo! Ah! sì... Tu sei!
(inginocchiandosi)
Ecco il lauro a' piedi tuoi.
Fu il sospiro degli eroi;
ma, te spenta, orror mi fa.
CORO
(Facendo sorgere Torquato)
Piangesti assai, Torquato:
apri alla gloria il core.
Mira del tempo alato
il genio voratore.
Del sacro allor coll'ègida
sfida il poter degli anni;
rompi l'oblio de' secoli
con gl'indomati vanni.
E l'epico tuo verso
per l'aere echeggerà
fin quando l'universo
come minuta polvere
disciolto crollerà.
TORQUATO
Invidi, dileguatevi;
Roma immortal mi fa.
Tomba di lei, che rendermi
seppe beato e misero,
un fiore ed una lagrima
io spander vo' su te.
CORO
Vieni al Tarpeo: non piangere;
onor t'impenni 'l piè.
TORQUATO
Sì: dell'onor al grido
volo del Tebro al lido...
non vi sdegnate, o Cesari;
v'è un lauro ancor per me.
CORO
T'affretta; il fato barbaro
si cangia alfin per te.
Quadro.
|