ATTO SECONDO
Salone terreno nella torre di Wolferag,
adiacente al vestibulo. Una tavola spoglia
di ogni ornamento, e un vecchio seggiolone
ne formano tutto l’arredamento.
Vi è nel fondo una porta che mette all’esterno:
essa è fiancheggiata da due finestroni
che avendo infrante le invetriate,
lasciano scorgere gran parte delle rovine di detta torre,
ed un lato della medesima sporgente sul mare.
È notte: il luogo viene debolmente illuminato
da una smorta lampada.
Il cielo è orrendamente nero;
lampeggia, tuona, ed i sibili del vento
si mescono coi scrosci della pioggia.
(Edgardo è seduto presso la tavola,
immerso ne’ suoi malinconici pensieri;
dopo qualche istante si scuote,
e guardando attraverso delle finestre)
EGDARDO
Orrida è questa notte
Come il destino mio!
(scoppia un fulmine)
Sì, tuona o cielo...
Imperversate o turbini... sconvolto
Sia l’ordine delle cose, e pera il mondo...
Io non mi inganno! scalpitar d’appresso
Odo un destrier! – S’arresta!
Chi mai nella tempesta
Fra le minacce e l’ire
Chi puote a me venirne?
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