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Giovanni Ruffini
Don Pasquale

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  • ATTO TERZO
    • Scena seconda. Norina e Don Pasquale
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Scena seconda. Norina e Don Pasquale

 

Don Pasquale
Signorina, in tanta fretta,
dove va, vorrebbe dirmi?

Norina
È una cosa presto detta,
vo' a teatro a divertirmi.

Don Pasquale
Ma il marito, con sua pace,
non voler potria talvolta.

Norina
(ridendo)
Il marito vede e tace:
quando parla non s'ascolta.

Don Pasquale
(imitandola.)
Non s'ascolta?
(con bile crescente)
A non mettermi al cimento,
signorina, la consiglio.
Vada in camera al momento.
Ella in casa resterà.

Norina
(con aria di motteggio)
A star cheto e non far scene
per mia parte la scongiuro.
Vada a letto, dorma bene,
poi doman si parlerà.
(va per uscire)

Don Pasquale
(interponendosi fra lei e la porta)
Non si sorte.

Norina
(ironica)
Veramente!

Don Pasquale
Sono stanco.

Norina
Sono stufa.

Don Pasquale
Non si sorte.

Norina
Non v'ascolto.

Don Pasquale
Sono stanco.

Norina
Sono stufa.

Don Pasquale
Civettella!

Norina
(con gran calore)
Impertinente
(gli uno schlaffo)
prendi su che ben ti sta!

Don Pasquale
(da solo, quasi piangendo)
(Ah! è finita, Don Pasquale,
hai bel romperti la testa!
Altro affare non ti resta
che d'andarti ad annegar.)

Norina
(E duretta la lezione,
ma ci vuole a far l'effetto.
Or bisogna del progetto
la riuscita assicurar.)
(a Don Pasquale, decisa)
Parto dunque...

Don Pasquale
Parta pure.
Ma non faccia più ritorno.

Norina
Ci vedremo al nuovo giorno.

Don Pasquale
Porta chiusa troverà.

Norina
(vuol partire, poi ritorna)
Ah, sposo!
Via, caro sposino,
non farmi il tiranno,
sii dolce e bonino,
rifletti all'età.
Va' a letto, bel nonno
sia cheto il tuo sonno.
Per tempo a svegliarti
la sposa verrà.

Don Pasquale
Divorzio! Divorzio!
Che letto, che sposa!
Peggiore consorzio
di questo non v'ha.

Ah! povero sciocco!
Se duri in cervello
con questo martello
miracol sarà.

Norina va via. Nell'atto di partire Norina lascia cadere una carta, Don Pasquale se ne avvede e la raccoglie.

Don Pasquale
Qualche nota di cuffie e di merletti
che la signora semina per casa.
"Adorata Sofronia."
(nella massima ansietà)
Ehi! Ehi! Che affare è questo!
(legge)
"Fra le nove e le dieci della sera
sarò dietro al giardino,
dalla parte che guarda a settentrione.
Per maggior precauzione
fa', se puoi, d'introdurmi
per la porta segreta. A noi ricetto
daran securo l'ombre del boschetto.
Mi scordavo di dirti
che annunzierò cantando il giunger mio.
Mi raccomando. Il tuo fedele. Addio."
(fuori di sé)
Questo è troppo; costei
mi vuol morto arrabbiato!
Ah! non ne posso più, perdo !a testa!
(scampanellando)
Si chiami Malatesta.
(ai servi che entrano)
Correte dal dottore,
ditegli che sto mal, che venga tosto.
(O crepare o finirla ad ogni costo.)
(esce)




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