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Mons. Thomas Menamparampil, SDB
Sale della terra

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  • 3. Diventare strumenti di pace
    • Dialogo
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Dialogo

 

58.   Alle volte i rappresentanti dei gruppi in conflitto possono sentirsi impreparati per un  incontro. Sono magari già sul luogo di incontro, ma non si sentono pronti per le discussioni dirette, a livello emotivo e mentale. In questi casi sarebbe meglio incontrarli separatamente per analizzare i loro punti di vista e prepararli alle negoziazioni. Seguirebbe poi un altro momento di incontro comune per i partecipanti dei gruppi contendenti in cui la/il mediatrice/tore di pace, o altra persona neutrale, fanno appello alla pace basandosi su argomenti fondati su esperienze umane, sul pensiero filosofico, sulla saggezza delle rispettive società e (se ci sono dei credenti) sugli insegnamenti della Scrittura. La trasformazione mentale che questo esercizio può apportare dipende dal carisma e dall'autorità morale di chi anima.

 

59.   È solo quando i due gruppi si sentono pronti per incontrarsi che la/il mediatrice/tore di pace li convoca. Dopo un breve discorso motivazionale da parte dell'équipe mediatore, un/una rappresentante di ogni gruppo presenta all'assemblea l'intero problema così come è percepito dal proprio gruppo. Devono essere espressi, inoltre, il desiderio di pace, le possibili difficoltà, le proposte di soluzioni e di alternative e la richiesta di collaborazione del gruppo in questione nel modo migliore possibile. A questo punto segue la discussione generale per approfondire il problema e la posizione dell'altro gruppo. Alcuni incontri separati e comuni, mirati a circoscrivere le differenze e ad ampliare l'area di consenso, possono portare allo stadio finale e alle conclusioni. Molto spesso tali sforzi falliscono e la/il mediatrice/tore deve iniziare tutto da capo.

 

60.   Il mio suggerimento è che la/il mediatrice/tore assicuri una presenza utile e intelligente, e lasci la libertà ai contendenti di dibattere sulle differenze durante l'intero periodo di negoziazioni. Dovrebbe intervenire solo nel caso di un impasse offrendo suggerimenti soprattutto sulle procedure. Tale intervento potrebbe richiamare l'attenzione su qualche punto tralasciato. L'atteggiamento migliore della/del mediatrice/tore è quello di chi meno impone la sua visione, il suo piano di azione e la serie delle sue soluzioni. Le soluzioni scaturite dai gruppi hanno maggior probabilità di accettazione e attuazione.

 

61.   Il compito più importante della/del mediatrice/tore di pace è di infondere fiducia, suscitare e creare un'atmosfera serena per facilitare l'interazione. Se rimane dietro il palcoscenico e mantiene una posizione cauta, il suo contributo sarà certamente maggiore. La tentazione di provocare il riconoscimento e l'approvazione è talmente grande che la/il mediatrice/tore di pace se ha avuto successo, si affretta ad assumere il ruolo di mediatrice/tore, arbitro e giudice di tutta la questione. Anche se i contendenti acconsentissero, sarebbe sbagliato assumere tale ruolo. Fare notizia potrebbe essere accattivante, ma i frutti non durerebbero perché le soluzioni non sono scaturite dai gruppi interessati. Fare le cose come se non le facesse: questo è il vero ruolo della/del mediatrice/tore di pace.

 

62.   La pubblicità prematura è fatale al processo intrapreso. Non intendo dire che i media debbano essere tenuti a distanza, ma deve essere tenuta lontana la pubblicità. Non si deve dare opportunità a coloro che si oppongono alla causa della pace di seguirla ad ogni passo e farla inciampare. Se non si è attenti, i gruppi contendenti possono sottovalutare le iniziative molto prima che esse producano qualche risultato. Per questo sostengo che la pubblicità prematura può lasciare esposti e vulnerabili.

 

63.    Vivere insieme richiede la disposizione al compromesso. Questo è vero in una famiglia, in un villaggio, in una comunità nazionale o internazionale. Il contributo prezioso che l'équipe mediatore della pace può offrire è accompagnare i gruppi in conflitto ad una graduale presa di coscienza di tale verità. Per quanto evidente sia, l'affrettare troppo i compromessi citando detti e aforismi mentre il livore è ancora intenso, potrebbe disturbare il processo pedagogico. Sarebbe molto più produttivo far convergere l'attenzione sulle conseguenze disastrose del conflitto in corso. Occorre fare molta strada insieme e condividere il dolore della gente. Solo quando gli interessati sono pronti a cercare soluzioni alternative, è il momento giusto per proporre compromessi.

 

64.    Inoltre, è altrettanto imprudente suggerire le specifiche questioni sulle quali è utile arrivare al compromesso. È meglio che queste emergano dalle esperienze vissute e dalle ricerche anche strazianti per trovare una via di uscita dall'impasse in cui sono arenate. Stimolare compromessi nelle questioni centrali del loro interesse può significare insensibilità per le loro cause. In ultima analisi, ciò che si apprestano a concedere è il loro dono a Dio per il futuro della loro comunità e dell'umanità.

 

65.    Non di rado, le équipe negozianti non hanno autorità di decidere sulle questioni a nome dei gruppi in conflitto, ma possono dare suggerimenti. E se tali suggerimenti sono ben formulati, equilibrati e rispondenti alla realtà, possono suscitare una buona reazione. I/le partecipanti, a loro volta, possono fare lo sforzo di organizzare simili incontri a livello locale tentando di produrre lo stesso clima di buona volontà e di discutere i suggerimenti. Ogni gruppo può attuare questo processo per la propria comunità e poi per altri. Se esiste un'accettazione generale delle proposte, le comunità possono procedere in vista delle ultime negoziazioni alla presenza delle autorità civili in cui la/il mediatrice/tore può non essere presente. Se nel processo essi venissero dimenticati o emarginati c'è da rallegrarsi perché è solo Dio l'autore della pace.

 

 




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