Dialogo
58. Alle volte i rappresentanti dei
gruppi in conflitto possono sentirsi impreparati per un incontro. Sono magari già sul luogo di
incontro, ma non si sentono pronti per le discussioni dirette, a livello
emotivo e mentale. In questi casi sarebbe meglio incontrarli separatamente per
analizzare i loro punti di vista e prepararli alle negoziazioni. Seguirebbe poi
un altro momento di incontro comune per i partecipanti dei gruppi contendenti
in cui la/il mediatrice/tore di pace, o altra persona neutrale, fanno appello
alla pace basandosi su argomenti fondati su esperienze umane, sul pensiero
filosofico, sulla saggezza delle rispettive società e (se ci sono dei credenti)
sugli insegnamenti della Scrittura. La trasformazione mentale che questo
esercizio può apportare dipende dal carisma e dall'autorità morale di chi
anima.
59. È solo quando i due gruppi si
sentono pronti per incontrarsi che la/il mediatrice/tore di pace li convoca.
Dopo un breve discorso motivazionale da parte dell'équipe mediatore, un/una
rappresentante di ogni gruppo presenta all'assemblea l'intero problema così
come è percepito dal proprio gruppo. Devono essere espressi, inoltre, il
desiderio di pace, le possibili difficoltà, le proposte di soluzioni e di
alternative e la richiesta di collaborazione del gruppo in questione nel modo
migliore possibile. A questo punto segue la discussione generale per
approfondire il problema e la posizione dell'altro gruppo. Alcuni incontri
separati e comuni, mirati a circoscrivere le differenze e ad ampliare l'area di
consenso, possono portare allo stadio finale e alle conclusioni. Molto spesso
tali sforzi falliscono e la/il mediatrice/tore deve iniziare tutto da capo.
60. Il mio suggerimento è che la/il
mediatrice/tore assicuri una presenza utile e intelligente, e lasci la libertà
ai contendenti di dibattere sulle differenze durante l'intero periodo di
negoziazioni. Dovrebbe intervenire solo nel caso di un impasse offrendo
suggerimenti soprattutto sulle procedure. Tale intervento potrebbe richiamare
l'attenzione su qualche punto tralasciato. L'atteggiamento migliore della/del
mediatrice/tore è quello di chi meno impone la sua visione, il suo piano di
azione e la serie delle sue soluzioni. Le soluzioni scaturite dai gruppi hanno
maggior probabilità di accettazione e attuazione.
61. Il compito più importante
della/del mediatrice/tore di pace è di infondere fiducia, suscitare e creare
un'atmosfera serena per facilitare l'interazione. Se rimane dietro il
palcoscenico e mantiene una posizione cauta, il suo contributo sarà certamente
maggiore. La tentazione di provocare il riconoscimento e l'approvazione è talmente
grande che la/il mediatrice/tore di pace se ha avuto successo, si affretta ad
assumere il ruolo di mediatrice/tore, arbitro e giudice di tutta la questione.
Anche se i contendenti acconsentissero, sarebbe sbagliato assumere tale ruolo.
Fare notizia potrebbe essere accattivante, ma i frutti non durerebbero perché
le soluzioni non sono scaturite dai gruppi interessati. Fare le cose come se
non le facesse: questo è il vero ruolo della/del mediatrice/tore di pace.
62. La pubblicità prematura è
fatale al processo intrapreso. Non intendo dire che i media debbano essere
tenuti a distanza, ma deve essere tenuta lontana la pubblicità. Non si deve
dare opportunità a coloro che si oppongono alla causa della pace di seguirla ad
ogni passo e farla inciampare. Se non si è attenti, i gruppi contendenti
possono sottovalutare le iniziative molto prima che esse producano qualche
risultato. Per questo sostengo che la pubblicità prematura può lasciare esposti
e vulnerabili.
63. Vivere insieme richiede
la disposizione al compromesso. Questo è vero in una famiglia, in un
villaggio, in una comunità nazionale o internazionale. Il contributo prezioso
che l'équipe mediatore della pace può offrire è accompagnare i gruppi in
conflitto ad una graduale presa di coscienza di tale verità. Per quanto
evidente sia, l'affrettare troppo i compromessi citando detti e
aforismi mentre il livore è ancora intenso, potrebbe disturbare il processo
pedagogico. Sarebbe molto più produttivo far convergere l'attenzione sulle
conseguenze disastrose del conflitto in corso. Occorre fare molta strada
insieme e condividere il dolore della gente. Solo quando gli interessati sono
pronti a cercare soluzioni alternative, è il momento giusto per proporre
compromessi.
64. Inoltre, è altrettanto imprudente
suggerire le specifiche questioni sulle quali è utile arrivare al compromesso.
È meglio che queste emergano dalle esperienze vissute e dalle ricerche anche
strazianti per trovare una via di uscita dall'impasse in cui sono arenate.
Stimolare compromessi nelle questioni centrali del loro interesse può
significare insensibilità per le loro cause. In ultima analisi, ciò che si
apprestano a concedere è il loro dono a Dio per il futuro della loro comunità e
dell'umanità.
65. Non di rado, le équipe negozianti
non hanno autorità di decidere sulle questioni a nome dei gruppi in conflitto,
ma possono dare suggerimenti. E se tali suggerimenti sono ben formulati,
equilibrati e rispondenti alla realtà, possono suscitare una buona reazione.
I/le partecipanti, a loro volta, possono fare lo sforzo di organizzare simili
incontri a livello locale tentando di produrre lo stesso clima di buona volontà
e di discutere i suggerimenti. Ogni gruppo può attuare questo processo per la
propria comunità e poi per altri. Se esiste un'accettazione generale delle
proposte, le comunità possono procedere in vista delle ultime negoziazioni alla
presenza delle autorità civili in cui la/il mediatrice/tore può non essere presente.
Se nel processo essi venissero dimenticati o emarginati c'è da rallegrarsi
perché è solo Dio l'autore della pace.
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