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Luigi Pirandello
Quaderni di Serafino Gubbio

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  • Quaderno secondo
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V

 

Problema per me assai più difficile da risolvere è questo: come mai Giorgio Mirelli, che rifuggiva con tanta insofferenza da ogni complicazione, si sia perduto appresso a questa donna, fino al punto da lasciarci la vita.

Mi mancano quasi tutti i dati per risolvere questo problema, e ho già detto che del dramma ho appena una notizia sommaria.

So da varie fonti che la Nestoroff, a Capri, quando Giorgio Mirelli la vide per la prima volta, era assai malvista e trattata con molta diffidenza dalla piccola colonia russa, che da parecchi anni ha preso stanza in quell'isola.

Finanche c'era chi la sospettava spia, forse perché ella, poco accortamente, s'era presentata come vedova d'un vecchio cospiratore, morto alcuni anni prima del suo arrivo a Capri, fuggiasco a Berlino. Pare che qualcuno abbia domandato notizie tanto a Berlino, quanto a Pietroburgo sul conto di lei e di questo vecchio cospiratore sconosciuto, e che si sia venuti a sapere, che un certo Nicola Nestoroff veramente era stato per alcuni anni spatriato a Berlino, e vi era morto, ma senza che a nessuno mai avesse dato a conoscersi come spatriato per compromissioni politiche. Pare anche si sia saputo, che questo Nicola Nestoroff avesse tolto costei, ragazza, dalla strada, in uno dei quartieri più popolari e malfamati di Pietroburgo e, fattala educare, l'avesse sposata; poi, ridotto per i suoi vizii quasi alla miseria, sfruttata, mandandola a cantare in caffè-concerti d'infimo ordine, finché, ricercato dalla polizia, non era scappato via, solo, in Germania. Ma la Nestoroff, per quello che io ne so, nega sdegnosamente tutto questo. Che si sia lagnata con qualcuno in segreto dei maltrattamenti anzi delle sevizie patite fin da ragazza da quel vecchio, è possibile; ma non dice che egli l'abbia sfruttata; dice anzi che lei, spontaneamente, per seguire la sua passione e un po' anche per sopperire ai bisogni della vita, vincendo l'opposizione di lui, s'era data a recitare in provincia, re-ci-ta-re, in teatri di prosa; e che poi, fuggito dalla Russia il marito per compromissioni politiche e riparato a Berlino, ella, sapendolo infermo e bisognoso di cure, impietosita, lo aveva raggiunto colà e assistito fino alla morte. Che cosa poi abbia fatto a Berlino, da vedova, e quindi a Parigi e a Vienna, di cui spesso parla, dimostrando di conoscerne a fondo la vita e i costumi, né ella dice, né alcuno certo s'arrischia a domandarle.

Per certuni, vorrei dire per moltissimi che non sanno vedere se non se stessi, amare l'umanità spesso, anzi quasi sempre, non significa altro, che esser contenti di sé. Molto contento di sé, della sua arte, de' suoi studii di paese, dovette essere in quei giorni a Capri, senza dubbio, Giorgio Mirelli.

Veramente - e già mi pare d'averlo detto - il suo stato d'animo abituale era il rapimento e la meraviglia. Dato un tale stato d'animo, è facile immaginare che questa donna egli non vide qual'era, coi bisogni che aveva, offesa, fustigata, invelenita dalla diffidenza e dalle dicerie maligne attorno a lei; ma nella figurazione fantastica, ch'egli subito se ne fece, e illuminata dalla luce che le diede. Per lui i sentimenti dovevano esser colori, e forse, preso tutto dalla sua arte, non aveva più altro sentimento, che dei colori. Tutte le impressioni che ebbe di lei, forse derivarono solamente da quella luce di cui la illuminava: impressioni, dunque, solamente per lui. Ella non dovette - perché non poteva - parteciparne. Ora, nulla irrita più, che il restare esclusi da una gioja, viva e presente davanti a noi, attorno a noi, di cui non si scopra né s'indovini la ragione. Ma se pur Giorgio Mirelli gliel'avesse dichiarata, non avrebbe potuto comunicargliela. Era una gioja soltanto per lui e dimostrava che anch'egli, in fondo, non pregiava e non voleva altro di lei, che il corpo; non come gli altri, è vero, per un basso intento; ma questo anzi, a lungo andare - se ben si consideri - non poteva che irritare di più quella donna. Perché, se il non vedersi ajutata nelle smaniose incertezze dello spirito da quanti non vedevano e non volevano altro di lei che il corpo, per saziar su esso la fame bruta del senso, le faceva dispetto e nausea; il dispetto per uno, che voleva anch'esso il corpo e nient'altro; il corpo, ma solo per trarne una gioja ideale e assolutamente per sé, doveva esser tanto più forte, in quanto mancava appunto ogni motivo di nausea, e più difficile, anzi vana addirittura rendeva quella vendetta, ch'ella almeno soleva prendersi contro gli altri. Un angelo per una donna è sempre più irritante d'una bestia.

So da tutti i compagni d'arte di Giorgio Mirelli a Napoli, ch'egli era castissimo, non perché non sapesse farsi valere su le donne, ché timido non era affatto, ma perché istintivamente rifuggiva da ogni distrazione volgare.

Per spiegarci il suo suicidio, senz'alcun dubbio dipeso in gran parte dalla Nestoroff, dobbiamo supporre ch'ella, non curata, non ajutata e irritatissima, per potersi vendicare, dovette con le arti più fini e più accorte far sì che il suo corpo a mano a mano davanti a lui cominciasse a vivere, non per la delizia degli occhi soltanto; e che, quando lo vide come tant'altri vinto e schiavo, gli vietò, per meglio assaporare la vendetta, che da lei prendesse altra gioja, che non fosse quella di cui finora s'era contentato come unica ambita, perché unica degna di lui.

Dico dobbiamo supporre questo, ma a volere esser maligni. La Nestoroff potrebbe dire, e forse dice, ch'ella non fece nulla per alterare quella relazione di pura amicizia, che s'era stabilita tra lei e il Mirelli: tanto vero che, quand'egli, non più pago di quella pura amicizia, più che mai corrivo per le severe repulse da lei opposte, pur d'ottenere l'intento, le si profferse marito, ella lottò a lungo - e questo è vero; io l'ho saputo - per dissuaderlo, e volle partire da Capri, sparire; e alla fine non si arrese, se non per la violenta disperazione di lui.

Ma è vero che, a volere esser maligni, si può anche pensare, che tanto le repulse, quanto la lotta e la minaccia e il tentativo di partire, di sparire, forse furono tante arti ben meditate e attuate per ridurre alla disperazione quel giovine, dopo averlo sedotto, e ottenerne tante e tante cose, ch'egli altrimenti forse non le avrebbe mai accordate. Prima fra queste, che fosse presentata come promessa sposa nella villetta di Sorrento a quella cara nonna, a quella dolce sorellina, di cui egli le aveva parlato, e al fidanzato di lei.

Pare che questi, Aldo Nuti, più che le due donne, si sia opposto fieramente a tale pretesa. Autorità e potere da contrastargli e impedirgli quelle nozze non aveva, giacché Giorgio era ormai padrone di sé, delle sue azioni e credeva di non doverne più dar conto a nessuno; ma che conducesse lì quella donna e la ponesse a contatto con la sorella e obbligasse questa ad accoglierla e a trattarla da sorella, a questo sì, perdio, poteva e doveva opporsi e s'opponeva con tutte le forze. Ma sapevano esse, nonna Rosa e Duccella, che razza di donna fosse quella che Giorgio voleva condurre lì e sposare? Un'avventuriera russa, un'attrice, se non qualcosa di peggio! Come permetterlo, come non opporsi con tutte le forze?Ancora con tutte le forze... Eh sì, chi sa quanto dovettero combattere nonna Rosa e Duccella per vincere a poco a poco, con dolce e mesta persuasione, tutte quelle forze di Aldo Nuti.

Se avessero potuto immaginare, che cosa dovevano diventare queste forze al cospetto di Varia Nestoroff, appena entrata, timida, aerea e sorridente nella cara villetta di Sorrento!

Forse Giorgio, per scusare l'indugio che nonna Rosa e Duccella mettevano a rispondere, avrà detto alla Nestoroff, che quell'indugio dipendeva dall'opposizione con tutte le forze del fidanzato della sorella; dimodoché la Nestoroff si sentì tentata a misurarsi con queste forze, subito, appena entrata nella villetta. Non so nulla! So che Aldo Nuti fu attratto come in un gorgo e subito travolto come un fuscellino di paglia nella passione per questa donna.

Io non lo conosco. Lo vidi da ragazzo una volta sola, quando facevo da ripetitore a Giorgio; e mi parve fatuo. Tale mia impressione non s'accorda con ciò che mi disse di lui, al mio ritorno da Liegi, il Mirelli, ch'egli fosse cioè complicato. Ma anche ciò che da altri ho saputo sul suo conto non risponde affatto a quella mia prima impressione, la quale pure irresistibilmente m'ha tratto a parlar di lui, secondo l'idea che per essa me ne sono fatta. Dev'essere, realmente, sbagliata. Duccella poté amarlo! E questo, per me, prova più che altro il mio errore. Ma alle impressioni non si comanda. Sarà, come mi dicono, un giovane serio, per quanto di temperamento ardentissimo; per me, finché non lo rivedo, rimane quel ragazzo fatuo, con lo stemma baronale nei fazzoletti e nel portafogli, il signorino a cui sarebbe tanto piaciuto di far l'attore drammatico.

Lo fece, e non per finta, con la Nestoroff, a spese di Giorgio Mirelli. Il dramma si svolse a Napoli, poco dopo la presentazione e il breve soggiorno della Nestoroff là a Sorrento. Pare che il Nuti se ne fosse tornato a Napoli coi due fidanzati, dopo quel breve soggiorno, per ajutar Giorgio inesperto e lei non ancor pratica della città, a metter sù casa, prima delle nozze.

Forse il dramma non sarebbe avvenuto o avrebbe avuto una catastrofe diversa, se non ci fosse stata la complicazione del fidanzamento, o meglio, dell'amore di Duccella per il Nuti. Per questo Giorgio Mirelli dovette ritorcere contro se stesso la violenza dell'orrore insostenibile, che gli s'avventò addosso dall'improvvisa scoperta del tradimento.

Aldo Nuti scappò da Napoli come un forsennato, prima che da Sorrento sopravvenissero alla notizia del suicidio di Giorgio nonna Rosa e Duccella.

Povera Duccella, povera nonna Rosa! La donna che da mille e mille miglia lontano venne a portare lo scompiglio e la morte nella vostra casetta, ove insieme con quei gelsomini di bella notte sbocciava il più ingenuo degli idillii, io la ho qua, adesso, sotto la mia macchinetta, ogni giorno; e, se sono vere le notizie datemi dal Polacco, avrò tra poco anche lui, qua, Aldo Nuti, il quale pare abbia saputo che la Nestoroff è prima attrice alla Kosmograph.

Non so perché, mi dice il cuore che, girando la manovella di questa macchinetta di presa, io sono destinato a fare anche la vostra vendetta e del vostro povero Giorgio, cara Duccella, cara nonna Rosa!

 

 




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