Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Luigi Pirandello
Quaderni di Serafino Gubbio

IntraText CT - Lettura del testo

  • Quaderno quinto
    • V
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

V

 

Sono capitato proprio in un terreno vulcanico. Eruzioni e terremoti senza fine. Vulcano grosso, in apparenza vestito di neve, ma dentro in perfetta ebollizione, la signora Nene. Si sapeva. Ma si è scoperto ora, inaspettatamente, e ha avuto la prima eruzione, un vulcanino, nel cui grembo il fuoco covava nascosto e minaccioso, per quanto acceso da pochi giorni soltanto.

Ha suscitato il cataclisma una visita di Polacco, questa mattina. Venuto per insistere nella sua opera di persuasione sul Nuti, perché vada via da Roma e se ne ritorni a Napoli a raffermare la convalescenza e perché poi magari riprenda a viaggiare per distrarsi e guarire del tutto; ha avuto l'ingrata sorpresa di trovare il Nuti in piedi, cadaverico, coi baffi già rasi a dimostrare la ferma intenzione di mettersi subito, fin da oggi, a far l'attore alla Kosmograph.

Se li è rasi da sé, appena levato di letto. È stata anche per tutti noi una sorpresa, perché fino a jersera il medico gli ha raccomandato calma assoluta, riposo, e di non lasciare il letto, se non per qualche oretta, la mattina; e jersera egli aveva risposto di sì, che avrebbe obbedito a queste prescrizioni.

Siamo rimasti a bocca aperta nel vedercelo davanti così raso, svisato, con quella faccia da morto, non ben sicuro ancora su le gambe, elegantissimamente vestito.

S'era ferito un po', radendosi, all'angolo sinistro della bocca; e i grumetti di sangue, nerastri su la ferita, spiccavano nel torbido pallore del volto. Gli occhi, ch'ora sembravano enormi, con le pàlpebre inferiori quasi stirate dalla magrezza, così che mostrano il bianco del globo sotto il cerchio della cornea, avevano di fronte al nostro stupore doloroso un'espressione atroce, quasi malvagia, di dispetto cupo, d'odio.

- Ma come! - esclamò Polacco.

Contrasse il volto, quasi digrignando, e alzò le mani, con un fremito nervoso in tutte le dita; poi, a bassissima voce, anzi quasi senza voce, disse:

- Lasciami, lasciami fare!

- Ma se non ti reggi in piedi! - gli gridò Polacco.

Si voltò a guardarlo biecamente:

- Posso. Non mi seccare. Ho bisogno... bisogno d'uscire... d'un po' d'aria.

- Forse è un po' troppo presto, ecco... - si provò a fargli notare Cavalena - se... se mi permette di...

- Ma se dico che mi sento d'uscire! - lo interruppe il Nuti, attenuando appena con una smorfia di sorriso l'irritazione che traspariva dalla voce.

Questa irritazione nasce in lui dalla volontà di staccarsi dalle cure che finora ci siamo prese di lui e che ci han potuto dare (non a me, veramente) l'illusione ch'egli in certo qual modo ormai ci appartenga, sia un po' nostro. Avverte che questa volontà è trattenuta dai riguardi per il debito di gratitudine contratto con noi, e non vede altro mezzo di spezzar questo legame di riguardi, che mostrando dispetto e disprezzo per la sua salute e la sua salvezza, di modo che sorga in noi lo sdegno per le cure che ce ne siamo date, e questo sdegno, allontanandolo subito da noi, lo assolva da quel debito di gratitudine. Chi sia in quest'animo, non ardisce di guardare in faccia. E difatti egli, questa mattina, non ha potuto guardar bene in faccia nessuno di noi.

Polacco, di fronte a una così decisa risoluzione, non ha più veduto altro scampo che mettergli attorno a custodirlo e, occorrendo, a pararlo, quanti più di noi era possibile, e segnatamente una che più di tutti gli s'è mostrata pietosa e a cui egli perciò deve un maggior riguardo; e, prima d'andar via con lui, pregò insistentemente Cavalena di raggiungerlo subito alla Kosmograph con la signorina Luisetta e con me. Disse che la signorina Luisetta non poteva più lasciare a mezzo quel film, a cui per combinazione s'era trovata a prender parte, e che del resto sarebbe stato un vero peccato, perché a giudizio di tutti in quella breve e non facile particina aveva dimostrato una meravigliosa attitudine che poteva fruttarle, per suo mezzo, una scrittura alla Kosmograph, un guadagno facile, sicuro, dignitosissimo, sotto la scorta del padre.

Vedendo Cavalena approvare con entusiasmo la proposta, fui più volte sul punto d'accostarmigli per tirargli sotto sotto la giacca.

Quel che temevo, difatti, è avvenuto.

La signora Nene ha creduto che fosse tutta una combinazione del marito la visita mattutina di Polacco, la risoluzione improvvisa del Nuti, la proposta di scrittura alla figliuola, per andare a coccolarsi in mezzo alle giovani attrici della Kosmograph. E appena andato via il Polacco col Nuti, il vulcano ha avuto una tremenda eruzione.

Cavalena, dapprima, s'è provato a tenerle testa, mettendo avanti la costernazione per il Nuti che evidentemente - come non capirlo, Dio mio? - aveva suggerito a Polacco quella proposta di scrittura. Che? non le importava un corno del Nuti? Ma non glien'importava un corno neanche a lui! Andasse pure a rompersi il collo il Nuti cento volte, se una non bastava! Bisognava acciuffar la fortuna di quella proposta di scrittura per Luisetta! Compromissione? Che compromissione, sotto gli occhi del padre?

Ma presto, da parte della signora Nene, finirono le ragioni e cominciarono le ingiurie, i vituperii, con tale violenza, che Cavalena, alla fine, indignato, esasperato, furibondo, è scappato via di casa.

Gli son corso dietro per le scale, per via, cercando in tutti i modi d'arrestarlo, ripetendogli non so più quante volte:

- Ma lei è medico! ma lei è medico!

Che medico e medico! In questo momento era una bestia che fuggiva infuriata. E ho dovuto lasciarlo fuggire, perché non seguitasse a gridare per istrada.

Ritornerà quando si sarà stancato di correre, quando di nuovo l'ombra del suo tragicomico destino, o piuttosto della coscienza, gli si parerà davanti con la pergamena scartocciata della vecchia laurea di medicina.

Intanto, respirerà un poco, fuori.

Rientrando in casa, vi ho trovato, con mia grande e dolorosa sorpresa, in eruzione il vulcanino; in un'eruzione così violenta, che il vulcano grosso n'era quasi sbigottito.

Non pareva più lei, la signorina Luisetta! Tutto lo sdegno accumulato in tanti anni, fin dall'infanzia trascorsa senza mai un sorriso in mezzo alle liti e allo scandalo; tutte le vergogne, a cui l'avevano fatta assistere, buttava in faccia alla madre e alle spalle del padre che fuggiva. Ah, si dava pensiero adesso la madre della compromissione di lei? Quando per tanti anni con quella stupida, vergognosa pazzia, le aveva distrutto l'esistenza, irreparabilmente! Affogata nella nausea, nello schifo d'una famiglia, a cui nessuno poteva accostarsi senza scherno! Non era compromissione forse, tenerla legata a quella vergogna? Non udiva le risa che tutti facevano di lei e di quel padre? Basta! basta! basta! Non voleva più lo strazio di quelle risa; voleva sciogliersi da quella vergogna, e scapparsene per la via che le s'apriva davanti, non cercata, dove nulla le sarebbe potuto capitare di peggio! Via, via! via!

Si volse a me, tutta accesa e vibrante:

- M'accompagni lei, signor Gubbio! Vado di là a mettermi il cappello, e andiamo, andiamo via subito!

Corse alla sua stanza. Io mi voltai a guardare la madre. Rimasta come basita davanti alla figliuola che insorgeva alla fine a schiacciarla con una condanna che all'improvviso ella sentiva tanto più meritata, in quanto sapeva che il pensiero della compromissione della figlia non era altro, in fondo, che una scusa messa avanti per impedire al marito di accompagnarla alla Kosmograph; ora, davanti a me, col capo abbandonato, le mani sul seno, si provava con affanno mugolante a sciogliere il pianto dalle viscere sospese e contratte.

Mi fece pena.

A un tratto, prima che la figliuola sopravvenisse, si tolse quelle mani dal seno e le congiunse in preghiera, senza poter parlare, con tutto il volto contratto in attesa del pianto che ancora non riusciva a tirar sù. Così, con quelle mani mi disse ciò che con la bocca, certo, non mi avrebbe detto. Poi se le portò al volto e si mosse al sopravvenire della figliuola.

Io indicai a questa, pietosamente, la mamma che s'avviava singhiozzando alla sua stanza.

- Vuole che vada via sola? - minacciò con rabbia la signorina Luisetta.

- Vorrei, - le risposi, dolente, - che almeno si calmasse, prima, un poco.

- Mi calmerò per via, - disse. - Andiamo, andiamo!

E, poco dopo, montati in vettura in capo a via Veneto, soggiunse:

- Vedrà, del resto, che troveremo certamente papà alla Kosmograph.

Perché volle aggiungere questa considerazione? Per liberarmi del pensiero della responsabilità che mi faceva assumere, obbligandomi ad accompagnarla? Dunque non è ben sicura d'esser libera d'agire a suo talento. Difatti, subito riprese:

- Le pare una vita possibile?

- Ma se è una manìa! - le feci notare. - Se è, come dice suo papà, una forma tipica di paranoja?

- Va bene, sì, ma appunto per questo! È possibile vivere così? Quando si hanno di queste disgrazie, non ci può esser più casa; non c'è più famiglia; più nulla. È una continua violenza, una disperazione, creda! Non se ne può più! Che c'è da fare? che c'è da impedire? Chi scappa di qua, chi di là. Tutti vedono, tutti sanno. La nostra casa è aperta. Non c'è più nulla da custodire! Siamo come in piazza. È una vergogna! una vergogna! Del resto, chi sa! forse così, opponendo violenza a violenza, ella si scoterà da questa manìa che sta facendo impazzire tutti! Per lo meno, farò qualche cosa... vedrò, mi muoverò... mi scoterò anch'io da quest'avvilimento, da questa disperazione!

Ma se per tanti anni l'ha sopportata, questa disperazione, come mai, ora tutt'a un tratto, - mi veniva di domandarle, - una così fiera ribellione?

Se subito dopo quella particina rappresentata al Bosco Sacro, Polacco le avesse proposto di scritturarla alla Kosmograph, non si sarebbe tirata indietro, quasi con orrore? Ma sì, certo! Pur essendo la sua famiglia nelle medesime condizioni.

Ora, invece, eccola qua che corre con me alla Kosmograph! Per disperazione? Sì, ma non a causa di quella sua mamma senza pace.

Come s'è fatta pallida, come s'è sentita mancar tutta, appena il babbo, il povero Cavalena, come uno spiritato ci s'è fatto innanzi su l'entrata della Kosmograph ad annunciarci che “lui”, Aldo Nuti, non c'era, e che Polacco aveva telefonato alla Direzione, che per quel giorno non sarebbe venuto, dimodoché non restava più da far altro che tornare indietro.

- Io, no, purtroppo, - dissi a Cavalena. - Bisogna che resti, io; sono già in gran ritardo. Accompagnerà lei a casa la signorina.

- No no no no, - gridò precipitosamente Cavalena. - La terrò con me tutto il giorno; ma poi la riporterò qua, e mi farà il piacere di riaccompagnarla lei a casa, signor Gubbio, o andrà sola. Io niente; io non metterò più piede a casa mia! Basta ormai! basta! basta!

E se n'andò, accompagnando la protesta con un gesto espressivo del capo e delle mani. La signorina Luisetta seguì il padre, mostrando chiaramente negli occhi di non vedere più la ragione di quanto aveva fatto. Com'era fredda la manina che mi porse, e come assente lo sguardo e vuota la voce, quando si volse per salutarmi e per dirmi:

- A più tardi...

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License