II
FRONIMO Per quale ragione, non te l'ha possuto persuader
veruno?
APISTIO Per questa: cioè che pare una cosa da ridere, come
sia possibile, che fatto un cerchio et unto il corpo con non so che unguento,
in un certo modo, et dette poi certe parole con un non so che mormorio, se
congiungano dette femenuzze incontinente colli demonii infernali, e che cavalcano di notte sovra di uno legno detto gramita con il
quale si suole rassettare il lino e la canova, overo saliscano sovra di una cavra o di uno becco o di uno montone e siano
portate per aria, e che trapassino li spatii delli venti e ritrovanse alli
canti e balli di Diana e di Herodiade, e che ivi giocano, mangiono, beveno, e
pigliano lascivi piaceri. Pur voglio anchor aggiungere un'altra cosa, cioè che non se accozzano nel parlare, sì come ho
inteso: conciosia che alcune dicono esser portate molto in alto per aria, et
altre dicono appo di terra, alcune confessano di andarvi solamente con la
imaginatione, e non con il corpo, e poi fermarsi sovra del lago di Benaco o sia
di Garda, nelli altissimi monti. Vero è che molto mi
meraveglio, che non dicano di essere fermate sovra della cima del monte Micala insieme con Thalete, overo su la cima del Mimante
siano poste a caminare con Anassagora, il quale è un monte non guari
discosto da Colophone da continue nevi assediato, da cui se conosce la tempesta
debbe venire. Altre racontano de esser portate allo albero di Benevento detto
la nuce, se ben me arricordo. Ma quale è la
cagione, non si fermano più presto nel territorio di Arpino, più vicino (si come io penso) alla nostra regione,
overo portate alla Querza di Mario, et anchor, se non le pare fatica di andare più discosto,
perché non sono portate per infino nella Cheronea alla Querza di Alessandro?
Dicesi anchora che hanno amorosi piaceri colli demonii, che non sono congiunti colli corpi, se io non erro. Ma dimmi un puoco,
Fronimo, che toccamenti possono esser cotesti? Che piaceri? Over in che modo
possono havere amorosi solazzi con questa vana e finta imagine le femine di carne? Ho letto, come le Larve, o
siano le nuocevoli ombre della notte e dell'inferno, pigliano piaceri colli
morti, et che combatteno con essi, e non con li vivi.
FRONIMO Dimmi, Apistio, se io sciorrò tutte le tue
ragioni, sì come spero, consentirai?
APISTIO Io ti prometto di consentire.
FRONIMO Egli è certamente cosa da huomo ragionevole e di
sano intelletto, di lassarsi muovere e guidare dalle ragioni, essempii, et
dalle authoritati delli antichi, le quali già sono con comun sentimento confermate, e dipoi quivi fermarsi; ma
molto maggiormente è opera di colui che è di grande ingegno, e che ha longo tempo rivolto li libri delli dotti huomeni.
Donque, se io colle tue ragioni ti conducerò a consentire a quello de cui hora te ne meni beffe, che farai poi?
APISTIO Che farò? Vi metterò le mani.
FRONIMO Penso che anchora vi metterai i piedi.
APISTIO Ma non già nelli ceppi.
FRONIMO Deh, non ho già mai certamente pensato cotesto. Vero è che ben grandemente desidero tu intendi questo, acciò ne venghi
nella mia oppenione: colli piedi e colle mani, sì come dire si suole.
APISTIO Io non rifiuto quello che speri e desideri, se
farai quello che tu di' et prometti.
FRONIMO A me pare, per il ragionare havemo fatto caminando, che tu sei molto dotto nelli poeti delli gentili,
et anchora assai sia ornato de philosophia.
APISTIO Il mio Fronimo, di questo hora non mi voglio dare il vanto, cioè che ben intenda
li poeti, et sia dotto nelli parlari. Conciosia che egli è molto maggiore la
cognitione a dovere intendere quelli, per cotal modo che soverchia le forze de
colui, lo quale arrogantemente alcuna volta se la voglia attribuire, havendo
puoco studiato in essi et havendoli puoca pratica. Il perché egli è grandemente
necessario a colui vuole intendere essi poeti e philosophi, di conoscere et
intendere non trivialmente e grossamente la lingua Greca e Latina. Et anchor egli è bisogno di havere ben intese li secreti e
sentimenti extratti fuori del secretario della
philosophia: delli quali sono ornati e ben vestiti li poeti, e maggiormente Homero. De cui ho udito che fu illustrato et addobbato con
grandi Conmentarii da Aristotile et anchora dalli altri philosophi della dotta
schuola. Anchor ho inteso che se sforzò il Plutarcho, con
uno molto grande libro, di attribuire ogni scientia, ogni arte, e finalmente
ogni cosa divina et humana,
a quello cieco Homero. Il perché io
nego essere in me quella cognitione perfetta, sì come tu di', ma non nego però
essermi essercitato alcuna volta per piacere dell'animo mio in leggere quelli,
sì come io cercassi la cognitione delle lingue, e così quasi leggermente
bevendo qualchi amaestramenti giovevoli alli costumi, et anchora acciò non
fussi riputato ignorante fra li amici e compagni, occurendo la occasione. Così,
se non ho beuto largamente la philosophia, de cui se dice che è nascosta in
detti authori, al manco (si come dire si suole) l'ho toccata e gustata con la
sommità delle labra.
FRONIMO Io credo che tu sia condutto, non dalla
arrogantia, né anchor
dalla simulatione, ma
solamente dalla verità. La quale vertù è collocata da Aristotele nel mezzo fra
questi vitii. Imperocché dimostri di non esser ignorante, né anchor tu ti vanti di sapere ogni cosa. E così quelle
cose hai detto della notitia e cognitione delli poeti non son discosto dalla
verità. Conciosia che Platone
et Aristotele sono pieni di
testimonii di Homero, di Hesiodo, di Simonide, Pindaro, Euripide, e delli altri poeti. Il perché
io dubbito assai, che tu sia molto dotto nella philosophia, de cui pare non
molto intendi e dimostri di non sapere. E così ho istimatione che dimostrarai
molte cose che sono da te già molto tempo congregate insieme nel fine de'
nostri ragionamenti, le quali dimostri hora di non sapere.
APISTIO Io te dirò come sono alcune cose che qualche volta
ci sono suto donate dalla natura senza veruno studio o siano vertuti, overo altre cose sì come prencipii delle vertude.
FRONIMO Non per questo sono mancato dalla mia oppenione,
ma anzi hai tu posto in me maggiore dubitatione con cotesta tua risposta.
APISTIO Che hai tu detto?
FRONIMO Io ho detto, e dico, che ragiono con uno
philosopho. Vero è che meglio allhora mi cavarò questa fantasia, pigliando
prencipio imperò da quivi, cioè se vuoi promettere di respondere a quelle cose delle quali ho desiderio de
interrogarti, per le quali havemo comenciato di parlare.
APISTIO Io prometto de responderti liberamente. Horsù,
addimanda.
FRONIMO Dimmi, il mio Apistio, hai tu già mai letto in Homero che andasse Ulysse alli Cimerii?
APISTIO Si. Et anchora ho letto in che modo andò da quella
gente, che stava nell'aria caliginosa, cioè che era senza via da potervi
entrare i raggi del sole.
FRONIMO Dimme, s'el te piace, che cosa fece?
APISTIO Oh, assai cose.
FRONIMO Non leggiamo quelle parole di esso in greco, le quali hora le dirò in
nostro volgare, così: Io fu' quello che cavai fuora allhora allhora il coltello
della coscia e cominciai di cavare con il scarpello una fossa, alla misura di
un gomito, indi e quindi, in cerchio; et anchora infundei li libamini, cioè li
sacrifiai, colle umbre?
APISTIO Tu hai molto egreggiamente dechiarato il
sentimento e non manco agevolmente isposte le parole.
FRONIMO Credo habbi letto non una volta, ma sovente, li
giuochi di Diana, e li balli colle compagne Nymphe.
APISTIO Egli è vero, e tu non te inganni a punto.
FRONIMO Anchor io penso che tu habbi rivolto quelli libri, dove sono scritti li amorosi
ragionamenti et lascivi sembianti de Anchise con la impudica Venere, e come
fussero generati molti baroni nelli tempi antichi di cotesti fallaci et
ingannatori Dei.
APISTIO Et anchora questo spesse volte ho letto.
FRONIMO Tu debbi saper come questi malvagi dimonii
ingannaveno con meravigliosi modi quelli huomini che erano dediti alle opere
rusticali e pastorali, sicome era communamente la vita di quelli li quali
furono ritrovati nelli tempi heroici. Così anchora ingannò il demonio Peleo pastore, padre de Anchise, conciosia che esso,
sicome disse colui, lassò la gregge delli porci, e l'armento non guarì discosto
dalle mura, in una ombrosa valle, sotto la imagine della Thetide dea marina, così istimata dalle
genti. Et acciò manco se accorgesse del frodo, gli fu insegnato da uno altro
frodulento demonio uno delli capitanii greci, chiamato Proteo, con il quale
pigliarebbe Thete madre de Achille, la quale dimostravasi in cento figure. Ma
ben vedi e considera un altro frodo con lo quale grandemente ingannò: cioè che
non dimostrava di vuolere commettere il stupro, né anche lo adulterio, ma finse
di vuolere contrahere il lecito matrimonio. Lo quale con suoi versi
egreggiamente cantò Hesiodo, sicome se vede nelle scritture de Greci. Il perché
probabilmente dicemo esser da quivi dedutto, cioè dallo essempio di Hesiodo, lo
Ephithalamio di Catullo. Il che anchora dimostra il tenore del verso,
chiaramente demostrando quella antica facilità; et questo dechiara il continuo
e sollecito studio di Catullo in seguitare li Greci, per cotal modo che
ispresse le integre elegie di Callimacho, alcuna volta rendendo il sentimento
et altre volte isprimendo le parole. Anchora ingannò per cotal via il demonio
facilmente Paride, sotto figura di quelle tre Dee. Il quale, sicome scrisse
Colutho thebano nel libro della presa di Helena, non solamente pasceva le
pecorelle del suo padre, ma anchor li tori, e per
tal modo se vestiva delle vestimente che pareva un rozzo pastore et ignorante
bifolco. Le quali cose, ampiamente con sue scritture quello le recita. In
questo modo fece invisibile il demonio quello Lidio pastore regale, con la
inversa pala dell'anello, cioè con quella parte giace sotto la gemma e pretiosa
pietra, ma rivolta, con la quale stuprò e commesse il peccato con la Reina. Il perché pigliavono li demonii varie e diverse
figure alcuna volta delle Dee, che erano volgate, altre volte se formaveno in effigia
delle terrestre Nymphe, e sovente rapresentaveno le figure delle Dee marine. E
perché era creduto che se nascondessino con il suo ingegno sotto le unde
dell'acqua, acciò puotessino esser vedute et più fortemente abbruggiare li
cuori delli miseri e ciechi huomeni, stavano appo delli profondi luoghi
dell'acqua dove di continuo per il rivoltare di quella, ivi si ritrova la
candida spuma, et ivi pareva fussero appo delle nodrici, dove erano nudrigate
da quelle. Anchora apparevano colle imagini finte di nuvoli, sì come
favolescamente raccontano apparesse Giunone ad Issione, de cui fingono nascessi
il supposititio Centauro.
Così fingono di costui, cioè
che Issione per pietà di Giove fussi trasferito ne cieli, e fussi fatto secretario di quello, et per questo ufficio, havessi ardire
di tentare Giunone del stupro, la quale lamentandosi con Giove, vi mandò ad
Issione una nuvola a similitudine di Giunone, con la quale giacendo Issione e
credendosi di pigliare amorosi piaceri con Giunone ne ebbe li Centauri. Altri demonii apparecchiaveno
prestigii, cioè false demostrationi, illusioni, et incantationi, colle quali
ingannavano le genti e popoli, et inescaveno con doppia frode il rozzo volgo et
anchora li dotti huomeni. E così non lassava
veruno colore et imagine
della divinità (la quale con
diverse menzogne e bugie si sforciava di usurparla, et a sé attribuirla) con la
quale non costringesse il rozzo et ignorante secolo a farsi adorare, et anchora
le tirava con la lascivia. Conciosia che egli è certo, che anchora egli
vergognasse Diana, la quale fingeva di amare la verginità, acciò forsi tirassi
a sé quelli haveano in odio la sozza libidine: il de cui gioco havemo scoperto,
in disprecio del demonio. E così sotto il nome della Luna (la quale senza verun
dubbio chiamavessi Diana) raccontaveno fussi svergognata da Endimione; e da
Hippolyto, sicome dimostra Firmiano, sotto il nome di Diana, il quale pensava
pertenese a quel luogo e il nome di Virbio, cioè di due volte huomo, e la segge
molto diligentemente cercata, dove se dovesse ponere, e le mani medichevoli di Esculapio che porsino agiuto alle piaghe, debbonsi credere
fussero tutte quelle cose favole et illusioni delli demonii, e pur se vi fusse
qualche cosa che paresse in vero fussi stata, il tutto se debbe pensare essere
fatto per arte magica del demonio. Vero è che Esculapio al fine fu poi premiato con la mercede e premio
delli incantadori, che è la miserabile morte. Conciosia che egli è narrato da
tutti li antichi authori, qualmente fu occiso dal fulguro, benché siano varie oppenioni, per quale
cagione e per quale sacrilegio fussi così crudelmente occiso.
APISTIO Dice Vergilio che così fussi occiso, perché resuscitò Hippolyto dalla morte. Non sai
tu, che vuolendo Hippolyto fugire davanti da Theseo suo padre infuriato, lo
quale cercava de ucciderlo sendoli falsamente accusato dalla madregna Phedra,
et sendo salito sovra della carretta, e spaventati
li cavalli per li mostri marini, sicome narra Seneca, cadendo fuori del carro
per lo impito, e stracciato e morto, sendo ito nell'inferno, fu resuscitato e sanato da Esculapio? Vero è che dice Plinio, che così fussi percosso
dal fulgure
Esculapio per cagione di
Castore e di Poluce, figliuoli di Tindare
re di Oebalia.
FRONIMO In altro modo scrissero Panaiaso, Poliantho,
Phylarcho e Thelesarcho. Anchor altri dicono
per altre cagioni fusse occiso dal
celestiale fulgure
Esculapio.
APISTIO
Deh, non ti sia grave di ramentare il tutto, imperò s'el ti piace, e tu ti
ricordi.
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