IV
FRONIMO Hieri ti proposi Apistio in essempio quella Mensa
del Sole cotanto nominata e ramentata da Herodoto e da Solino, et anchor da Pomponio Mela. Il perché tu debbe sappere
qualmente il demonio astuto ne tira assai delli poveri e del rozzo volgo, colli
piaceri della gola, oltro della speranza e promissioni delle delettationi
carnali. Che cosa possemo istimare vuolessino significare quelle carni poste
sovra dell'antidetta Mensa del Sole, de cui ne fa mentione santo Geronimo, scrivendo a Paulino, sicome di una cosa molto volgata e molto maravegliosa? Ma
chi cosa fusse non lo chiarisse, né anchor dice che
uscisseno le ditte carni fuori della terra, né che salisceno sovra di essa mensa,
benché lo dica Herodoto. Vero è che Pomponio Mela e Gaio Solino dicono che
erano divinamente portate ditte carni. Ma chi è colui di così rozzo ingegno,
che non advertisca come fussero quelle vivande e cibi lusinghevoli inganni da
ingannare il gusto della ignorante turba? Et anche chi è colui di così puoco
discorso, il quale veda Solino contrario ad Herodoto, et il Mela contrario di
Solino, che non conosca come variamente è dimostrata questa superstitione:
conciosia che quello scriva, qualmente erano ivi poste le carni nel prato appo
della città dal magistrato nella oscura notte, che se mangiaveno nel giorno, e
che dipoi era detto da quelli del paese fussero uscite fuori della terra? Egli
è ben vero che dice Solino come è quella mensa in un luogo dell'ombre, et è
sempre apparecchiata abondantemente di lauti, dolci, et aggradevoli cibi et
vivande, delle quali ne può mangiare ciascun che vuole et a tutta sua voglia, e
benché ne siano mangiate in gran copia da quelli che ne vuoleno, non dimeno
imperò non mai mancano, ma sempre ivi crescono divinamente. Ma Pomponio non
dice pur una menoma parola, dove si sia questa mensa, o apreso della città overo nella oscura carcere, eccetto che dice come
divinamente ivi nascono li cibi. E benché cotesti scrittori non convienono
insieme in ogni cosa, pur imperò egli è fermamente da tutti quelli tenuto senza
contrarietà, come è una maravegliosa cosa, et anzi divina l'antidetto Convito
del Sole. Il che è molto convenevole con questo di Diana, sorella di Phebo, o
del Sole, sicome egli dicevano. Anchora istimo non essere puoco a nostro
proposito quello che racconta Pomponio Mela nella Descritione del Mondo, cioè
che se ritrova un luogo dovi continuamente rispiandono grandi fuoghi nella
oscura notte, et paiono esser ivi quasi esserciti di soldati che occupano ampio
paese, et ivi siano fermati, suonando cimbali, tamburini, flauti e trombe, che
paiono molto maggiore de quelli che usano l'huomini. Dimostravano anchora una
similitudine di convito, l'incantamenti e magiche opere de Olisse, sendo sparso il sangue in torno in torno. Nel quale
luogo vi venevono li Demonii,
et si demostravano in diverse
et varie figure. In qual modo diceva il Vinitore, che conversassi l'anima di
Olisse cavata da Homero,
coll'ombre et imagini di
Protesilao e delli altri baroni, sicome dice Philostrato. Ma hora le scelerate e maladette streghe e stregoni de'
nostri tempi cavano il sangue dalli fanciullini, e per maggior parte lo
conservano nelli vasi, per fare quel maladetto unguento. E ben che paiono
coteste cose assai sofficienti, per haver narrato il detto convito, non dimeno
imperò voglio anchor
soggiungere la Mensa di
Achille.
APISTIO Che cosa serà mo' questa? stiammo pur ad udire.
FRONIMO Non ti maravigliare. Et anchora ti priego non vogli sprezzare quello che voglio narrare,
conciosia che non fingo veruna cosa. Il perché se non mi vuoi credere,
addimandalo tu a Massimo Tirio. Il che se tu
farai, te lo raccontarà, ma anzi te lo dimostrarà colle sue carte scritte, cioè
ti narrarà di una certa cosa iscritta per molti
secoli, cioè avanti di mille anni, come ne' suoi tempi fu manifesta la Mensa di
Achille, che era molto simile a quella delle streghe, dovi dicono che hora vi seggiono, mangiono e beveno.
APISTIO Il mio Fronimo, io credo alle tue parole.
FRONIMO
Pur quando anchor non mi vuolesti credere, io ti mostrarebbi il
libro dell'antidetto authore e greco et anche latino, che è apresso di me. Nel
quale anchor vi è scritto di una certa isola del mare
Eussino, dovi è il tempio di Achille. Nella quale sovente è stato veduto da lui
esso Achille che ha fatto convito a quelli huomini ivi andavano, e che ha
conosciuto Patroclo figliuolo di Thete, et altri demonii e (sicome egli dice) li chori delli demonii, cioè le moltitudini di essi,
et ancho have veduto li Dioscuri che danno
agiutorio alle navi che pericolavono, acciò io lasci di ramentare quello che
esso scrisse, come era consuetudine di esser veduto nello Ilio le forze di
Hettore. Ma coteste cose non pertengono al convito delle Lemuri.
APISTIO Non pareno queste cose molto discosto dal convito
di Nereo e dell'oceano, delli quali ne fanno memoria diversi poeti.
FRONIMO Pensò il maligno et astuto nemico dell'huomo
cotesti velenati conviti, acciò privasse l'huomo dello eccellentissimo convito
di Christo, che ha apparecchiato sovra della mensa sua nel suo reamo. Ma hora, vi voglio
raccontare non un convito finto e scritto dalli Poeti, ma una maravegliosa cosa
già puochi anni passati a mi narrata da un grande huomo, ornato così di
eccellente dignità, come di dovitia e di ricchezze. Fu un buon sacerdote nelle
Alpi Rhetie, cioè di Germania, già dodici anni fa, il quale dovendo portare il
sagrosanto viatico del corpo di messer Giesù Christo ad uno gravemente infermo
et essendoli molto discosto, e vedendo di non poterlo così presto portare caminando a piedi, sicome era il bisogno, salì su il
cavallo, e legossi al collo in una assai honorevole cassetta di legno il
santissimo sagramento, e comenzò assai in
freta di caminare, per satisfare al debito suo. Hor sendo alquanto caminato, se gli fece incontra uno che lo
invitò a sciendere giù del cavallo et andare con lui per vedere uno maraveglioso
spettacolo. Il che imprudentemente egli facendo, per vedere cotesta curiosa
cosa, come fu scieso, ecco incontinenti sentì di esser portato per aria insieme
con colui che l'havea invitato, et in puoco spatio di tempo se vedì porre sovra
la cima di un altissimo monte, dovi era una molto ampia et amenevole pianura,
intorniata da altissimi alberi, e con spaventevoli ruppi serrata. Nel mezzo de
cui vi si vedevano diversi e varii balli, et ancho tutte le maniere de' giuochi, colle mense apparecchiate di lauti e diversi
cibi, et anche se udivano tutte le generationi de suoni e di delettevoli canti,
con ogni dolcezza e trastullo e brievemente sentevasi et udevasi tutte quelle
cose, le quali suoleno rallegrare li anime dell'huomini. Del che molto
maravegliandosi il buon e semplice sacerdote, e pur non havendo ardimento di
parlare per la gran maraveglia, e sendo mezzo fuori di
se istesso, gli fu chieduto dal compagno che l'havea condotto quivi, se vuoleva
adorare e fare riverentia alla Madonna che era ivi, et ufferirli qualche duono,
secondo che facevano l'altri. Era a sedere nel mezzo una bellissima Reina ricamente vestita, sovra di una reale segge, a cui
se presentava ciascun a duoi a duoi, o a quattro a quattro, con vario ordine a
reverirla e ad adorarla, presentandoli diversi duoni. Hor udendo costui
ramentare la Madonna e vedendola ornata di tanto spiandor e da tanti sergenti
servita, istimò, che la fussi la gloriosa madre di
Dio e Reina del cielo e della terra, conciosia che non sapeva, che coteste cose fussero inventioni
e ritrovi delli demonii: il perché, se lo havesse istimato, non vi serebbe
andato. Hora fra se ben pensando che cosa gli dovesse
presentare, pensò di non puoterle offerire più aggradevole presente alla madre,
che il corpo sagratissimo del suo unigenito figliuolo, e così andò dove sedeva
quella, et adorolla inginocchiandosi alli piedi, e dipoi, levandosi dal collo
la cassetta dove era il sagratissimo corpo di misser Giesù Christo, divotamente
vi la pose nel gremio.
Odi cosa meravigliosa: ecco
che incontinenti, come la hebbe posta sovra del gremio di quella Reina,
così presto sparui la segge
di oro e la Reina
eravi su, con tutta quella
moltitudine et con ogni cosa che pareva ivi, e più non fu veduto pur un puoco
di vestigio di quelli, né delli conviti, né delli giuochi, né apparvi quello
che fusse fatto del compagno. Hor conoscendo il semplizzotto prete come fusse
stata questa cosa opera del Demonio, tutto smarrito e mezzo fuori di se stesso,
comentiò di pregare Iddio, che non lo abbandonasse in quelli silvestri luoghi,
privi di ogni habitatione de mortali. E così, girando hor indi e quindi
l'occhi, andando mo' qui, mo' lì per quelli aspri luoghi per vedere se puoteva
ritrovare qualche vestigio di huomini, acciò puotesse intendere dove fusse, e
ritrovandosi sempre in maggiori ruine e boschi e selve, al fin pur tanto camino
per quelle precipitose ruppi, che dopo molto longa fatica e dopo longo spatio di tempo con gravi affanni, ritrovò un
pastore, da cui intese, come era discosto da quel luogo dove andava a portare
il corpo di Christo da circa cento miglia. Poi che fu ritornato con gran
strachezza alla sua habitatione, andò dal magistrato di Massimiliano Imperatore
e raccontoli il tutto per ordine, sicome hora io ho narrato. Ma che coteste cose posson essere fatte dal demonio, te lo dirano li theologgi, li quali mostrano come la natura
delli corpi è ubbediente alla volontà delle sostantie separate dalla materia,
quanto imperò partente al movere da luogo a luogo. Anchora puotrai intendere
assai essempii delli corpi humani
portati per aria, da luogo a
luogo, se tu vuorai, dalli libri di frate Arrigo et di frate Giacopo Thodeschi,
eccellenti theologgi dell'ordine de Frati Predicatori, chiamati Il maltello,
lo quale fecero, confirmandolo con assai testimonii di molte cose che essi
videnno colli proprii occhi. Lo quale maltello puotrai havere, se tu lo vuoi
usare contro di quelli, che sono duri, e non vogliono credere il vero, accioché
tu li pieghi a dover credere quello che sono ubbrigati, overo li spacchi in cento migliara de pezzi.
APISTIO Certamente ho udito una maravigliosa cosa, la
quale non può offuscare la nera notte, né ancho se può dire che fusse un sonnio, né che sia suta confessata per paura, overo per martorio o per qualche altra finta cagione. Ma
vorebbi intendere da che puote procedere che sparissino tutte quelle cose nel
toccare di quella hostia
sagrata, conciosia che li demonii non solamente non temano il toccare di quella, ma ancho cercano e comandano che siano portate assai di
quelle al giuoco, e dipoi ne fanno gettare in terra con grandi scherni, e li
fanno dare sovra delli piedi, e li fan fare tutte quelle vergogne si posson
fare, sicome disovra ha narrato la strega.
DICASTO
Tu non ti debbi per questo maravegliare, conciosia che sapiamo come se
spaventano e' demonii per il segno della santissima croce, e
nondimeno anchora qualche volta appariscono in figura di Christo crocifisso,
acciò più facilmente posson ingannare l'huomeni. In verità ti dico che tu non
ti maravegliaresti se tu havessi letto le opere e la vita di santo Martino, e
di s. Francesco e di molti altri santi, e se ancho tu havessi ben essaminato come messer Giesù Christo, sendo anchor in questa mortale carne, il quale scatiava
li demonii, si lasciò tentare ad esso demonio, e gli permesse che lo portasse
sovra del pinnacolo del tempio, e de indi poi sovra del monte, et anche
permesse maggior cosa, cioè che fusse maltrattato da quelli perfidi Giudei
servi del demonio e tormentato et ultimamente crocifisso. Oltre de ciò, tu
presupponi che le streghe narrano che li demonii conculcano, e
diano delli piedi sovra delle hostie consegrate, ma non è così, conciosia che non fanno cotesto li demonii, ma è ben vero che lo fa questo la malegnità
dell'huomini, a suggestione di essi demonii. Anchora credo che così come fa la
fede insieme con la riverentia che fanno l'huomini in essa santissima croce, e
nella sagrosanta hostia
consagrata, che il maladetto
demonio se ne fugge, così anchor vi facci fare
tanti vituperii esso per la gran malitia de essi e per il vituperio li fanno.
Ma quanto al semplicetto prete, credo che fussi la semplicità di quello cagione
che sparessino tutti quelli apparecchiamenti e tutte quell'altri cose, e maggiormente
la forza della fede fece che non solamente non fu ingannato in suo danno, ma anchor fece che fu perservato, acciò puotesse narrare
alli altri e dechiarare come quella cosa, de cui hora pariamo, che pareva esser molto dubiosa, cioè se le streghe e stregoni vano
al giuoco con il corpo o vero solamente con la fantasia et imaginatione, overo se vi possono andare, può esser vera, et è vera e
non una imaginatione. Anchor
permette alcuna volta la
possanza de Iddio, che sia schernito il sagramento e la croce e l'altri cose
divine et alcuna volta no: segondo che a lui pare. E perché lo fa, se può
sempre dare qualche ragione in generale, ma non se può imperò sempre isplicare
in particolare, conciosia che è tanto rozzo e grosso l'occhio
dell'intelletto nostro a dovere investigare li secreti della divina magiestà.
APISTIO Hormai son satisfatto con queste ragioni e
ritrovomi contento, sendo
uscito delle nere et oscure
caverne delle dubitationi.
FRONIMO Ben vedi se tu hai altro dubbio, e sù presto
chiede la chiarezza a Dicasto, perché già gli molto possenti e veloci cavalli
quasi hanno tirato il carro del sole appo del suo segno, quanto al nostro
hemispherio: acciò non bisognasi poi remanere qui cotesta notte, sendo serate le porte del castello. Il perché staressimo
molto male agevoli, questa notte dell'inverno, in cotesto monastero a pena
comenzato, dovi non si ritrova ancor verun letto.
APISTIO A mi pare che non ci sia altro da chiedere,
eccetto che delli venificii o siano incanti.
DICASTO Di che cosa dubiti?
APISTIO Se sono fatti veramente o pur che paiono esser
fatti solamente con la imaginatione. Conciosia che assai ha manifestato la
forza della divina giusticia, sempre giusta e non sempre conosciuta, perché Iddio alcuna volta permette, se pur se fanno, et
alcuna volta il prohibisca.
FRONIMO Non te ricordi di Lucio samosateno, e di Lucio
madaureso?
APISTIO Si ben. Et ancho mi ricordo di avere alcuna volta letto dette cose, et anche già duoi giorni
fa le ho udito ramentare a te. Ma egli è ben vero che dubito assai non siano
favole e che in verità non fussero fatte così quelle cose che se narrano in
quel Asino greco et anche latino.
FRONIMO Così come io non dubito che siano assai cose
finte, e molto più di quello che so et anchor, se pur così vuoi, che siano tutte quelle cose che
sono ne' detti libri favole et imaginationi, così anche credo che dette favole
e fittioni siano cavate da qualche vero fondamento. Conciosia che il nostro
divo Aurelio Agostino istimò che quelle trasformationi e tramutationi iscritte
da Varrone, cioè delli augelli di Diomede, delle bestie di Circe e delli lupi
di Archadia, pigliassono origine e principio da qualche cosa vera. Et anchor racconta nel decimo ottavo libro della Città di
Dio, come era usanza ne' tempi suoi di fare molte cose assai simili a
quelle che narra o vero finge Apulegio. Vero è che dice come gli demonii non
possono fare veruna cosa con la forza della sua natura, se non la permette
Iddio. Li occolti giudicii di cui, sono infiniti, e non vi si ritrova imperò
verun di essi ingiusto. Il perché, se pare che li demonii faciono qualche cosa simile a quelle che ha creato l'omnipotente
e vero Iddio, e che pare che mutano una specie di uno animale in un'altra, o
vero tramutano una creatura in un'altra, non è vero che così sia; ma è ben vero
che così fa apparere, o vero imprimendo dette specie e figure finte
nell'imaginatione e fantasia, o vero mettendo avanti li occhi corporali
un'altra finta specie e figura. E così qualche volta parerà a colui che ha
conturbata la fantasia, di esser una cosa in luogo di un'altra, et il simile
parerà all'altri; nondimeno serà imperò quel medemo, o vero gli preporà una
similitudine avanti l'occhi, la quale di continuo gli farà parere essere così,
e così crederà di esser veduto anche dall'altri. E cotesta non è gran
meraveglia, perché se un corpo può ingannare li sentimenti corporali e farli parere
una cosa altrimento di quelo che è, sicome vediamo che fa il vietro, il quale
imprime quel suo colore nell'occhio per cotal modo che fa parere tutte l'altre
cose simile a sé nel colore benché siano altrimento in sé colorate; quanto
maggiormente i spiriti ignudi da ogni corpo, cioè li demonii, puotrano
conturbare la fantasia et ingannare l'occhi e l'altri sentimenti delle creature
inferiori? E così, in cotesto modo, istimarai fussero quelle opere di quei
asini, e di quella specie di quello prestante cavallo che portava li grandi
pesi, la disputatione del philosopho che disputava senza corpo le cose di Platone, le astute opere delli lupi di Arcadia, e li versi
di Circe che trasformarono li compagni di Olisse. E così tutte coteste cose se
debbono attribuire al spirito imaginario, overo alla
fantasia, che così era ingannata, a cui pareva essere quella cosa che non era.
Il simile anchor diremo della cerva in vece de Iphigenia, e
li augelli in vece delli compagni di Olisse: cioè, che fussero poste simili
imagini e figure dalli demonii
avanti l'occhi dell'huomini,
o pur anche forsi vi fussi posta una vera cerva et anche veri augelli, non vi
apparendo Iphigenia né li compagni di Olisse, o sendo ivi presente o vero portati in altri luoghi.
DICASTO O quanto ben, e quanto brievemente hai tu
raccontato quelle cose di santo Agostino, e non manco vere, sicome io istimo.
Egli è ferma conclusione tenuta dalli theologgi qualmente sono soggietti
naturalmente i sentimenti dell'huomini e la imaginatione e fantasia, alla
possanza delli demonii, perché sono essi sentimenti e imaginatione, inferiori e
manco nobili di dette sostantie separate e prive di ogni corpo, e così, sendo più nobili, gli sono soggiette queste cose men
nobili. Il perché anchor
voglio narrare alcune
verissime cose, a cotesto proposito, per confermare quello che havemo detto.
Egli è raccontato nelle Vite de' santi Padri, come fu acconciata una
giovene per incanti in cotal modo che pareva una sfrenata cavalla. Il perché sendo presentata avanti di santo Machario, per le
orationi di esso fu levato davanti l'occhi di ciascun quel prestigio e quella
illusione del demonio, e così pareva in quel modo sicome era in verità. Puotè
il demonio commovere li interiori sentimenti a molti, alli quali pareva fussi
altrimente quella meschina giovine di quello che era, ma non puotè movere
imperò essi sentimenti interiori di santo Machario, fortificati principalmente
con lo adiutorio di Iddio, a farli parere quello che non era. Anchor non astregneva la finta figura di quel huomo, che
pareva uno asino nella città di Salamina della isola di Cipro, li occhi di
ciascun che lo vedeva da istimare che'l fusse un asino, eccetto di quella donna
maga et incantatrice, la quale gli havea per tal modo conturbato la fantasia
colli suoi maleficii, che anche a lui pareva di esser doventato uno asino, e
così portava le legna in vece di giumento. Vero è che fu agiutato per prudentia
di alcuni mercatanti genovesi, li quali vedendolo inginocchiare e prostrare in
terra avanti la porta della chiesa per fare riverentia ed adorare Iddio,
istimarono che quello non fusse una vera bestia, e così cercarono di agiutarlo
e di fare portare la meritevole pena alla incantatrice. In verità vi dico che
possono fare li malegni demonii
apparere molte cose
altrimenti di quelle che sono, e possono movere molte cose e rappresentarle
nella fantasia, e fare parere una cosa in altro modo di quello che è et anchora
fare il simile nelli corporali sentimenti, in un medesimo huomo. Oltro di ciò,
occorre che sono ingannati li occhi di quelli che vedono, et ancho è conturbato l'occhio della mente, sendo mossa la imaginatione. Anchor, sicome già avanti dicessimo, può esser portato il corpo
per diversi luoghi. Il perché interviene che quelli, li quali non ben e
sollicitamente essaminano queste cose a parte per parte, facilmente sono
ingannati, e così, non ben chiaramente considerando li libri delli dotti e
litterati huomini, non posson drittamente giudicare quanta differentia è fralle cose create e quelle che uscisseno da qualche
natura delle creature, e fra quello che è intiero e quello che è parte, e fra
il vero e quello che è simile al vero, e quello che dimostra la sua imagine e quello che dimostra quella d'altrui. E non ben
pesano con la giusta bilanza
la forza di tutta la natura,
né la possanza delli demonii.
Et al fine ancho non considerano li giudicii de Iddio, li quali
spesse volte sono occultissimi a noi, ma imperò sempre sono fatti con somma
giustitia.
FRONIMO
Hormai se appropinqua la sera
e già comencia di apparere la oscura notte, il perché l'hora tarda ci invita di
ritornare a casa. Sicché, Apistio, se non sei satisfatto per questa nostra
longa disputatione, non posso più veder che cosa dobbian fare acciò possi esser
contento. Conciosia che tu hai possuto conoscere come questo maladetto et
iscommunicato giuoco non è fittione né favola, così per li libri dell'antichi,
come per l'opere fatte ne' tempi nostri; e come egli è in sostantia
antichissimo e nuovo per molte conditioni; et che è stato mutato secondo la
maligna e perversa volontà delli demonii, e forsi anchor lo mutarà, perché è tanta la astutia e suttilità
di esso iniquo ingannatore dell'huomini, che continuamente cerca nuovi modi da
posser ingannare noi. Ho dimostrato a te li cerchi, li unguenti, le parole
magiche et incanti, li viaggi per li grandi spatii dell'aria, li lascivi e
libidinosi piaceri delli demonii, che si sono ritrovati così ne' tempi nostri,
come ne' tempi delli baroni antichi. Et ho dimostrato qualmente pensarono li
perversi demonii di dover calonniare e vituperare l'humana generatione dalla prima antiquità, cioè dal primo
huomo, per infino ad hora.
E come ha ingannato l'huomo
colle sue resposte, colli ragionamenti, con la familiarità e dimestichezza, e
come ha cercato per ogni via e modo di ingannare ogni sesso et ogni età colli
simulacri e varie imagini, et che se è sforzato di usurpare la divinità e farsi
adorare come Dio, et che ha fatto nuocevoli conviti alli mortali, et che li ha
portato a similitudine di un giumento che habbia le ali, e come ha desiderato
di haver li sceleratissimi piaceri carnali colli huomini. Ma perché io ti
veggio hora molto stracco per tanto viaggio che hai
fatto con l'animo tuo in diverse regioni e paesi della Italia, della Sicilia,
et oltro del Ionio mare, e dello Eusino, et anchor perché te ho condotto colli miei ragionamenti nell'Africa, nell'Asia, e per
infino alli Hiperborei Monti, e dovi non ti ho condotto? Il perché serà homai
tempo ne debbi ritornare meco a casa.
APISTIO Tu di' il vero, sì ben hormai è hora. E così teco ne vengo, e
molto satisfato.
DICASTO Sei tu dunque contento di quello che havemo detto?
Et in verità ne vieni nella nostra oppenione?
APISTIO Sì, certamente son contento, et in verità vi dico,
che credo quello che è stato detto.
DICASTO Di' tu pur da dovero, o per giuoco?
APISTIO Può esser questo, Dicasto, che tu istimi che io
dica quello per iscrizo e giuoco, che ha creduto tutta la antiquità e tutta anchor la posterità? Io dico quello, che ancho confermano colli isperimenti et essempii li poeti,
oratori, historici, leggisti,
philosophi, theologgi,
l'huomini prudenti, li soldati, li rustici e contadini; benché se ritrovano
alcuni savioli, li quali, riputandosi più dotti e savii di tutti l'altri, che
questo niegano.
DICASTO Dunque, sicome io vedo, tu hai mutato oppenione?
APISTIO Che bisogna più affirmarlo? Già te l'ho detto. E
così, perché io ho vestito l'animo mio di un altro habito e vesta, e pare a me di haver ritrovato la verità di quello che prima non
credevo in questa cosa, giacendo nella nera et oscura tenebra della ignorantia
e della falsità, desidero grandemente di mutare il nome e di pigliarne un altro
convenevole a questo nuovo habito, de cui hora son vestito.
DICASTO Molto mi piace. E così, per satisfare alla tua honesta voglia, ti darò un nome conveniente sì come
addimandi. Dunque, per lo avenire serai chiamato Pistico.
APISTIO O quanto a mi piace questo nome. Hora così per ogni modo voglio esser chiamato.
FRONIMO Se più non ci resta cosa alcuna de cui tu habbi
desiderio de intendere, egli è hora che ci partiamo,
con buona licentia del Reverendo Padre Inquisitore, e che presto presto
retorniamo al castello. Il perché, vale, reverendo padre.
DICASTO Ite in pace.
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