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Ioannis Picus Mirandulensis Libro detto Strega IntraText CT - Lettura del testo |
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I APISTIO Di poi che havemo scacciato la fame colli cibi e vivande, ti priego, Dicasto inquisitore delli heretici, vogli esser contento, che possa chiedere inanti di tutte l'altre cose una certa mia dubitatione. La quale ha grandemente fedito l'animo mio, no con uno scrupolo, ma con una aguta lanza, pensando fra me se è vero imperò quello che ha narrato la strega. DICASTO Piacimmi, addomanda pur quello che tu vuoi. APISTIO Non guari mi satisfano quelle cose che dicono alcuni della pena che è data da Iddio a cotesti biasimevoli huomeni e donne, per l'antidetti vitii e sceleritade, cioè che spesse volte faciono la penitentia nell'inferno dopo la morte, et ivi siano martoriati gravemente. Non serebbe meglio che le prohibisse Iddio non si facessino, che dipoi l'haverano fatte, di darli la penitentia? DICASTO Meglio certamente serebbe, s'el se referisce questo a colui che ha fatto le malvagie opere, perché s'el non havesse operato male, haverebbe fatto ben per sé. APISTIO Dunque perché non le prohibisse Iddio? Non serebbe maggiore cosa, e più divina, se fussero divinamente vietate? DICASTO Sono ben vietate con la legge, ma non con l'opera. Cioè, Iddio le prohibisce mediante la legge, ma non vuole per forza tenire l'huomo non operi a suo piacere. APISTIO Perché è permessa da Iddio la malgradevole operatione, et il peccato? cioè, perché permette che l'huomo facci il peccato? DICASTO Perché è libero l'huomo, et è in suo arbitrio e volunta e libertà di operare sicome a lui piace, o il ben o il male. APISTIO Non sarebbe stato meglio, che non fussi mai nato colui, lo quale conosceva Iddio, che dovea rovinare in queste grandi sceleritade et iniquitade? DICASTO Sì, serebbe stato certamente meglio, che non fussi mai apparuto al mondo colui chi persevera ne' peccati per insino al fine di sua vita, ma che fussi morto nel ventre di sua madre. APISTIO Ma se mai non fusse stato per verun modo, pensi che tu fosse meglio per quello? DICASTO Per chi? APISTIO Per lui. DICASTO Perdonammi, il mio Apistio: tu parli molto scioccamente. È possibile tu non consideri che questa è una pazzesca questione? Conciosia che tanto fra sé sono contrarii, ello e niente, che uno è rovinato dall'altro. Non sai tu che non può intervenire veruna cosa o sia prospera over sinestra a niente che ci imaginamo? APISTIO Per qual cagione dunque ha creato Dio colui, lo quale conosceva dovesse andare alli eterni supplitii? DICASTO Per sua somma et infinita bontà. APISTIO Come sia possibile cotesto? DICASTO Così è possibile: perché non sia soverchiata la infinita bontà di Iddio della perversa malitia dell'huomeni. E così se narra, che respondesse santo Pietro Apostolo a Simon Mago, sendo interrogato da quello quasi di simile cosa, se ben referisce Clemente la disputatione fatta fra essi. Dimmi un puoco, Apistio, ti parebbe fussi ben che cessassi Iddio da tanto gran beneficio, cioè di creare le anime, per respetto dell'huomo che'l dovesse dapoi male usare? conciosia che è opera di somma bontà e de infinita potentia. Anchora, se ben considerarai con la mente tua tutte le vertude et opere di Iddio dimostrate al mondo, tu vederai che se cava fuori la giustitia da se medeme, solamente strengendo quelli, li quali più presto hanno vuoluto fuggire la bontà e la benignità di quello, che receverla. Né anchora per questo se istingue, overo se diminuisce la misericordia, conciosia che manco punisce quelli che rechiederebbe il rigore della giustitia. E sovente uscisse qualche cosa da essa sceleragine perpetrata per li rei e cattivi huomeni e donne, cavata da Iddio per qualche megliore fine. De cui dice santo Agostino, che è tanto buono, che non permetterebbe venisse verun male, se non vuolesse da quello trarne maggior ben. Il che spesse volte, si non sempre, è stato veduto uscirne de' mali il ben, dalli dotti huomeni, se ben forsi non sia suto considerato dal rozzo volgo. E per dimostrare che così sia stato, voglio narrare alcuni puochi essempii, benché se puotrebbono ramentare infiniti. Leggiamo qualmente fussi venduto il giusto Giosepho da frategli, con grave loro peccato. Il rozzo volgo non pensa più oltra, ma solamente egli è aggradevole l'historia; ma l'huomeni dotti e di gran spirito, pietosamente considerando, avertiscono qualmente per detta iniqua e malvagia mercantia interviene che dipoi fu fatto Iosepho quasi signore e re di tutto lo Egitto, e che liberò il padre e frategli e tutta la fameglia dalla morte, che gli sarebbe intervenuta per la carestia della vittuaglia. Et anchor conoscono qualmente seguitarono per detta ingiusta venduta molti e grandi misterii, li quale ramentano con gran riverentia. Anchor, per i tormenti et occisioni e crudeltade che fecero i tiranni contro delli servi de Iddio, rispiande la vertù e gloria di essi martiri. Ma che più dirò? Per la crudele morte e durissima passione et vituperosa morte di misser Giesù Christo vero Dio et huomo, apparvi la infinita buontà de Iddio, riscuotando e redimendo tutta l'humana generatione dalla eterna morte, et aprendo la porta della misericordia, et anchor della giustitia. APISTIO Doh, quanto ben hanno satisfatto a me coteste tue ragioni. Così anche pare a me chi sia il vero quello che tu ha detto. Ma hora, sendo io satisfatto da te quanto a queste dubbitationi, pregoti vogli seguitare il già comenciato ragionamento avanti del pranso, cioè di narrare come egli è cotesto Giuoco cosa vera e non finta, né ritrovata nelle favole, sicome promettesti di dover dimostrare. FRONIMO Vuo' tu credere a tutte l'historie? APISTIO No, perché se ritrovano delle favole narrate con colore de historia, sicome è quella favola samosatena, cioè di Luciano. Anchora sono molte altre historie per cotal modo incerte, e scritte in duoi modi, e sovente anche in più, tanto varie e disconvenevoli fra sé di una medeme cosa, che paiono esser non guari discosto dalle semplici favole. FRONIMO Certamente tu respondi ben, e non manco ben intendi. Il perché, sicome alcuna volta rispiande fra le tenebre et oscurità delle favole un puoco di lume della verità, così fra le narrationi delle historie che sono fra sé contrarie, forse ne ritroverai una vera, e così sendo l'altre false è necessario di annoverarle fralle favole. Conciosia che non sie possibile, che combatti la verità con la verità. Ma, o Dicasto, a me pare d'intendere quello che vorebbe Apistio. DICASTO Che cosa? FRONIMO Una historia da molti testimonii approvata, a cui non se ritrovasse altra narratione contraria di maggiore overo di eguale auttorità. APISTIO In verità tu hai detto quello che desideravo. DICASTO I' vi prometto di dimostrare che, sicome pertene alli Christiani di dover credere che si facci questo maladetto et iscommunicato Giuoco, così anche gli apertene di doverlo istirpare e svelgere e rovinare. E così vi prometto di narrare assai historie, non contrarie fra sé, ma sì ben molto concordevoli e simili. Anchor voglio fare condurvi qui avanti la strega, e la costregnerò con il giuramento acciò confessi il vero. Su, o guardiano della carcere, presto, conduce quivi la strega. E sapiati qualmente li testimonii che vi producerò sono molti, e sono pigliati da quelli che sono havuti dall'huomeni costretti colli giuramenti, et anchora sono iscritti per memoria de quelli seguitarano dietro a noi et anche per approvare la verità. APISTIO Cotesto ho a piacere de intendere. Horsù dunque, comenza. DICASTO Benché vi potrebbe mandare a leggere li libri scritti di queste cose con gran sollecitudine, e so che cotesto non spiacerebbe a Fronimo, il quale mostra di havere studiato in tutte le generationi de scrittori per quella degna disputatione che ha fatto, pur non mi pare per hora di farlo, perché conosco che Apistio non remanerebbe contento, il quale dechiara con il suo parlare tanto elegante, di haver gran pratica nelli libri scritti con il polito e terso stilo, et anchor pare dilettarsi grandemente de quelli scrittori politi et ben accomodati nel parlare, et ornati di un certo fausto e pompa di eloquentia, e così pare che non li piacerebbono quelli altri libri privi de detta policia, e di detta elegantia di dire. APISTIO Può esser, Dicasto, che tu condanni queste figure di rethorica? overo che spreci l'ornato parlare così delli versi come della prosa, o sia sciolta oratione? DICASTO No. No. Non mai l'ho fatto, né anchor son per farlo. APISTIO È pur imperò usanza de alcuni, li quali quando haranno intese la dottrina de Parise, cioè quella che è scritta per questiuncelle, di vuoler ischernire e beffare la continuata oratione, ben ordinata e distintamente composta colli colori e figure rethorice, benché anchora pur ho veggiuto delli libri iscritti a Parise da essi barbari elegantemente et ornatamente composti. DICASTO Vuoresti mai tu che fussi uno di quelli, che sono annoverati fralli rozzi et ineleganti? conciosia che so come così elegantemente scrissero san Giovanni Crisostomo, il magno Basilio, tre Gregorii in greco, et in latino san Geronimo, Agostino, Ambrogio, Cipriano con molti altri? APISTIO Dimmi, scrissero anche egli versi? DICASTO Sì, alquanti di loro, acciò lassano alcuni di dire, come era conveniente nell'antidetti tempi di scrivere in quel modo, conciosia che anchora combattevano colli nemici della fede di Christo colli versi. Non mancano anchora ne nostri tempi di quelli, li quali facilmente sono tirati alle sagre cose della santissima fede di Christo con lo elegante stilo, e con lo accomodato parlare. Pur che sia casta, e sobria, cioè soda e senza errore e senza favole, la eloquentia non solamente non debbe essere condennata e riprovata, ma anzi debbe essere da tutti lodato sicome eccelente buono fralli mortali, chi è approvato con la ragione et auttorità delli antichi e sapienti dottori. APISTIO Che libri sono cotesti? et in che tempo furono scritti? DICASTO Sono molti. Vero è che alcuni di essi furono scritti già sesanta anni fa, et uno vi è chi fu composto nella nostra età.
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