Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Pietro Verri
Osservazioni sulla tortura

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

XII. Uso delle antiche nazioni sfilla tortura

 

L'invenzione della tortura, se crediamo a Remus e a Gian-Lodovico Vives, dovrebbe attribuirsi all'ultimo re di Roma Tarquinio il Superbo, a Masenzio ed a Falaride; convien lodare il criminalista Remus, poiché almeno giudiziosamente ha trascelti tre notissimi tiranni per far cadere sopra tre tiranni l'obbrobrio di così inumana invenzione. Sappiamo però che al tempo de' tiranni Falaride, Nearco e Gerolamo furono posti alla tortura i più rispettabili filosofi de' loro tempi, Zenone Eleate e Teodoro; e il filosofo Anassarco fu crudelmente torturato per ordine del tiranno Nicocreonte.

L’origine di una così feroce invenzione oltrepassa i confini della erudizione, e verosimilmente potrà essere tanto antica la tortura, quanto è antico il sentimento nell'uomo di signoreggiare dispoticamente un altro uomo, quanto è antico il caso che la potenza non sia sempre accompagnata dai lumi e dalla virtù, e quanto è antico l'istinto nell'uomo armato di forza prepotente di stendere le sue azioni a misura piuttosto della facoltà che della ragione. Io prescindo dal risguardare la legislazione dei libri sacri, come la legge dettata dall'autore stesso della natura a una nazione di cuor duro; e considerando unicamente quel monumento come il più antico testimonio che sia a nostra notizia de' costumi de' secoli remoti, osservo che nel sacro testo nessuna menzione vi si fa della tortura; che anzi nel prescrivere le pratiche da usarsi co' rei si vuole la strada della convinzione co' testimonj, né si esige la confessione del reo. Veggasi il Deuteronomio al Cap. XIX num. 10. “Non si sparga il sangue innocente su questa terra, che Dio ti darà da abitare, acciocché tu non sia reo di sangue”. Ed al num. 16 viene ordinato il modo onde provare i delitti, cioè coi testimonj, e si prescrive che “un solo testimonio non valga, qualunque sia il delitto, di cui si tratti, ma che due o tre testimonj facciano la prova completa”. E un calunniatore “dovrà comparire coll’accusato in faccia a Dio e de’ sacerdoti e giudici, i quali diligentissimamente scandaglieranno entrambi, e trovata la calunnia la puniranno della stessa pena che era dovuta al delitto falsamente imputato”. Tale fu la legislazione criminale del popolo ebreo, dove il delitto si provò co' testimonj, e la contraddizione fra l'accusatore e il reo con una diligentissima ricerca dei giudici, non mai cogli spasimi della tortura. Che mai potranno dire i fautori della tortura, che la credono necessaria al buon governo del popolo? Il sommo legislatore avrebbe egli tralasciato un oggetto di buon governo per il suo popolo eletto? Saranno gli uomini sotto la legge di grazia da trattarsi più duramente che sotto la legge scritta? Sono forse i popoli di questi secoli più induriti e bisognosi di giogo di quello che lo erano gli Ebrei? Troviamo noi Cristiani nel Vangelo qualche seme, onde incrudelire co' nostri fratelli? Il solo giudizio che Cristo pronunciò durante il corso della sua vita fu per assolvere la donna che si voleva lapidare; e i Cristiani che sono imitatori, o debbon esserlo, della vita paziente, benefica, umana, compassionevole del Redentore, scrivono i trattati per tormentare colle più atroci e raffinate invenzioni i loro fratelli? La contraddizione è troppo evidente. Ritorniamo all'antichità.

Presso de' Greci egualmente che presso de' Romani fu sconosciuto l'uso della tortura per gli uomini. Non parlo degli schiavi, i quali nel loro sistema non si consideravano come persone, ma superficialmente come cose: in guisa che si vendevano, si uccidevano, si mutilavano colla padronanza e libertà medesima, colla quale si fa di un giumento, senza che le leggi limitassero la padronanza sopra di essi. La tortura si dava ai servi, ossia schiavi, ma non ai cittadini e agli uomini. Se fosse male o ben fatto il degradare una porzione dell'umanità al segno de' giumenti, io non ardirei di deciderlo. Quelle due nazioni sono state le nostre maestre, la loro grandezza tutt'ora ci fa maraviglia, noi non siamo giunti a pareggiare la loro coltura; e da un canto solo d'inconveniente mal si giudicherebbe del tutto insieme e della connessione necessaria che un disordine parziale talvolta tiene colla perfezione generale del sistema. So che quando in uno stato si voglia tenere una classe d'uomini annientata sotto l'arbitrario potere della nazione, ogni cosa che avvilisca e degradi quella classe sarà conforme al fine politico. Mi trovo al punto medesimo, sul quale fu l'immortale presidente di Montesquieu, e non saprei dir meglio che servendomi delle di lui parole: Tant d'habiles gens, et tant de beaux génies ont écrit contre l'usage de la torture, que je n'ose parler après eux. J'allais dire qu'elle pourrait convenir dans le gouvernements despotiques, où tout ce qui inspire la crainte entre dans les ressorts du gouvernement; j'allais dire que les esclaves chez les Grecs et chez les Romains... mais j'entend la voix de la nature qui crie contre moi [Tante persone illustri, e tanti nobili ingegni hanno scritto contro l'uso della tortura che, dopo di loro io non oso parlare. Stavo per dire che essa potrebbe convenire ne governi dispotici, presso i quali tutto ciò che ispira la paura entra nel meccanismo governativo; stavo per dire che gli schiavi presso i Greci e presso i Romani... ma sento la voce stessa della natura che grida contro di me]. Che i Greci non usassero tormenti contro i cittadini si scorge in Lisia Orat. in Argorat., e Curio Forturato Retore Schol. lib. 2, e per i cittadini Romani dalla stessa legge 3 e 4 ad Legem Juliam majestatis. Dopo che la libertà di Roma fu soggiogata e piantata la tirannia, veggonsi esentate dalla tortura le persone di nascita, dignità o servigi militari. Durante però la repubblica, unicamente i servi erano sottoposti a questo strazio, non mai gli uomini figli della patria e aventi una personale esistenza; quindi la L. 27 alla L. Jul. de adult. § 5 dice che liber homo tortus, non ut liber, sed ut servus existimatur [L'uomo libero torturato è considerato non libero ma schiavo]. Veggasi Sallustio in Catilin., che pure attesta che le leggi Romane proibivano il dare la tortura agli uomini liberi. Quindi Cicerone, nella sua orazione Pro Silla, esclama contro l'insolita tirannia minacciata: Quaestiones nobis servorum, et tormenta minitantur [Ci minacciano gli interrogatori e le torture dei servi].

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License