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Pietro Verri Diario militare IntraText CT - Lettura del testo |
Sono già quarantasei giorni che me ne sto in Dresda alloggiato dal mio calvinista, che è il più buon uomo del mondo. Non pare allevato in questa città, è rigido nell'osservanza del costume. Sua moglie, i suoi figli pregano più volte al giorno. Domani lo abbandono, e parto dall'armata per Vienna, giacché i miei parenti non sono disposti lasciarmi fare un'altra campagna. Prima però d'abbandonare Dresda ho altre cose da scrivervi. A proposito dunque del mio traiteur, l'ho pregato di condurmi domenica scorsa alla sua chiesa, ed ei lo fece. Essi sono tutti figli di francesi rifugiati per la rivocazione dell'editto di Nantes, e sebbene siano nati in Germania, conservano il cuore francese, e cantano gli inni come gli Israeliti per ritornare alla Terra promessa. Essi sono tolleranti. La loro chiesa è una sala al primo piano sopra al pian terreno. Questa sala sembra una delle nostre scuole di grammatica e non più. Non v'è altare, non immagini, non candele o lampade. V'è una cattedra, sotto di essa un banco più elevato degli altri, ed ivi stanno i cantori, poi all'interno le panche come nella scuola. Nessuno si pone in ginocchio. All'entrare v'è uno alla porta che civilmente v'indica un sito ove potete sedere. Quei della loro comunione prima di sedere stanno un minuto ritti in piedi, e si coprono il viso col cappello, le signore invece col ventaglio; da ciò credo l'uso dei ventagli bucati, comodissimi per la curiosità femminile in non perdere i momenti. Poi ciascuno si siede. Il pastore scende alla cattedra con veste lunga, nera, collare come i preti francesi e parrucca tonda da abate, e fa il suo sermone in francese. Quello che ho ascoltato era assai ben detto, patetico, tenero, pieno di virtù. Poi si cantano dei salmi tradotti in francese, e non v'è cerimoniale. Alcune domeniche fanno la commemorazione della santa Cena, mangiano un pane, bevono del vino, ma non ho avuto occasione di vederla, tanto più che il freddo enorme di quella sala, sebbene fosse eloquente il predicatore, mi ha fatto soffrire dopo un mancamento di respiro, assai strano per me, e serio se continuava. Mi son fatto dare dal mio ospite il suo libro di preghiere, e devo dirvi che non ho letto presso i nostri ascetici niente di simile, né di più capace d'elevarci a Dio. La preghiera che si fa a Dio appena svegliato è questa: “Dio mio, mio Creatore, mio Salvatore, sono così povero in faccia vostra, che non ho cosa alcuna da offrirvi; sono così limitato ed ignorante, che non so cosa domandarvi. Voi che siete la bontà stessa, che conoscete i miei bisogni meglio che non li conosca io, guidatemi, assistetemi, confortatemi a fare il vostro santo volere.” Questa breve preghiera mi pare degna d'un filosofo che ha quella poco inadeguata idea della divinità che può avere un uomo. Ho avuto anche la curiosità di osservare le funzioni della Chiesa luterana, e l'occasione l'ebbi in un villaggio della Lusazia. Le loro chiese nei villaggi, e le loro funzioni sono talmente simili alle nostre, che non v'era modo ch'io facessi credere a Giuseppe che costoro sono eretici. Nelle chiese hanno l'organo, l'altar maggiore cinto da cancelli, i due gradini per ascendere all'altare che ha in mezzo il crocefisso, a fianco i candellieri, e dietro il crocefisso era, intagliato in legno dorato, la lavanda dei piedi: in una parola, senz'entrare in una minuta descrizione, esattamente era come una chiesa cattolica dove vi sia un altare solo. Credo che molte chiese siano rimaste intatte quali erano prima della Riforma. La domenica fanno un servizio di chiesa che è come la messa. Il predicatore, vestito di nero con sottana lunga e lungo camice, va all'altare, ivi legge al popolo l'Epistola, poi dice delle preghiere, poi legge L'Evangelio e lo spiega, poi il vice parroco porta sull'altare tre calici come i nostri con sopra ciascuna una patena, e un'ostia grande sopra quella di mezzo, e piccole ostie sopra le altre due patene, poi ad alta voce il predicatore, posto in mezzo all'altare con due chierici con cotta in ginocchio, dice il canone della messa, poi accosta le patene, ed ad alta voce, sempre in tedesco, dice le parole della consacrazione, indi alza l'ostia come noi, e tutto il popolo s'inginocchia. Poi lo stesso sopra i calici, dei quali innalza quello di mezzo. Poi dice l'orazione domenicale, poi si comunica. Fatto ciò, s'accostano ai cancelli quei del popolo che vogliono comunicarsi, e primieramente vanno dalla parte del Vangelo, ed ivi il parroco dando in bocca l'ostia dice: “Prendete, questo è veramente il corpo del Nostro Signor Gesù Cristo morto per i nostri peccati.” Poi, dopo così comunicato, si passa dietro il coro, e si presenta dalla parte dell'Epistola, ove sta il vice curato con un calice, e dà da bere a ciascuno, dicendo: “Bevete, questo è veramente il sangue di Nostro Signore Gesù Cristo sparso per i nostri peccati.” Il sentimento col quale quella buona gente si accostava, mi commoveva come farebbe una tenera scena d'una tragedia. Gran potere hanno sul cuore dell'uomo le cerimonie religiose, e noi ne siamo meno tocchi, perché abituati; ma osservate che le funzioni che si vedono rare volte, come quelle della settimana santa, e consecrazioni di vescovi, ecc., ci muovono assai più. Quasi quasi faccio un tratto di liturgia; ma io vi rendo conto delle impressioni ricevute da qualunque oggetto che il caso mi abbia fatto incontrare.
Domani dunque ho destinato di partire, e darò un addio per sempre a questo mestiere, che, a confessione di tutti quei che parlano schiettamente e lo provano, è un mestiere da disperato. Ho piacere d'averlo conosciuto anche per disingannarmene; se non avessi avuto la risorsa di finire la campagna in una bella città come questa, non mi troverei d'aver speso niente bene il mio tempo. Io credevo che bastasse aver coraggio e buon senso per viver bene all'armata, credevo che vi fosse buon umore, della bizzarria, e che i bisogni fisici facessero appunto crescere l'industria per rallegrarsi; non so se tutte le armate sieno come la nostra, ma in verità non ho trovato che pochissimi oggetti grandi ed interessanti, e moltissimi disgustosi. Sentimenti non ne ho trovati generalmente in nessuno. Un giorno il capitano Collin entra nel mio quartiere ridendo smascellatamente. E perché? non poteva parlare pel gran ridere. - Ma cosa avvenne? - L'ho sempre detto -, dic'egli, - che queste austriache sono bestie. Or ora trovo una donna che seguita l'armata, aveva un ragazzo entro il barile che tiene sulla schiena, un altro per mano, un terzo che allattava gli è morto, l'aveva morto fra le mani, e la stolida, invece di ringraziare il Cielo che la libera di quel tedio, la stolida si disperava! -. Poi nuovamente si getta sopra un tavolo e smascellatamente rideva. Che ve ne pare? Quali sentimenti sperereste da tali uomini? Nelle marce, durante i calori dell'estate, che in questi paesi sono enormi, il povero soldato, vestito tutto di panno, giubba e sottogiubba, colla tracolla pesante di cuoio, colla pentola di rame sulla schiena, colla sua valigia pure sulla schiena, oltre il fucile, il berrettone, se è granatiere, e talvolta il bastone della tenda tutto sul suo corpo, il meschino soldato, al quale l'ufficiale ha talvolta l'inumanità di far portare anche la sua partesana, oppresso non può più reggere. Sapete allora il rimedio? Si bastona; forzato va e fa sforzi, e spesse volte cade morto per terra, e nelle marce ne’ giorni caldi qualche mezza dozzina ne restano sempre. Se al momento v'è chi cavi sangue, rinvengono, passato il primo momento sono veramente morti. E questa vi pare una società piacevole! Io ho ascoltato chi fortemente si lagnava del maresciallo, perché suole comandare con buona maniera, diceva: - Che modo è questo per un maresciallo di dire, mi faccia il piacere di far questo! Un vero maresciallo dirà... - e parlava il linguaggio da ubbriaco. Oh quanto è detestabile la natura umana fra questo rifiuto della società, che unisce tutto il ferino d'un popolo selvaggio colla falsità e bassezza d'un popolo corrotto. Ho veduto far le adulazioni più vili e sfacciate verso coloro che si volevano render propizi. Ma da tutto quello che vi scrivo, conviene fare eccezioni d'alcuni pochi, i quali sentono, e pensano precisamente come faccio io. Ma voi vedete che nessuno parlerà o scriverà con quella schiettezza che io uso per più motivi; giacché sempre disconviene mostrarsi malcontento del proprio stato; ciò s'attribuirebbe a mancanza di coraggio, se nelle città un militare dicesse quel che sente del suo mestiere, sarebbe anche il mezzo di farsi detestare dai compagni, svelando le interne magagne del nostro eroismo. Credete voi che, almeno qui a Dresda, li ufficiali sappiano viver bene? essi dividono la loro giornata fra il faraone, il bordello ed il vino, o la birra. Stanno nei caffè, fumano come orsi, s'annoiano, e questa è la loro vita, usando pochissima società l'uno con l'altro.
Per rendermi ancora più graziosa la mia partenza, lascia il mio amico Lloyd, capitano. Vi dirò come ciò sia seguìto. Giorni sono una mattina si alza e mi dice: - Amico, oggi decido, o sarò capitano o vado dai miei Spagnuoli. - Diamine, rispondo io, questa è strana, il viaggio da qui in Spagna in questa stagione non è un passeggio, e l'esser fatto capitano dopo pochi mesi di servizio, mentre vi sono tenenti che servono da anni, è cosa che vuol essere difficile. - Vi ho pensato, mi risponde, a rivederci. - E se ne va. Di lì a due ore ritorna, m'abbraccia, e dice: - Addio, camerata. - Come! siete capitano! - Lo sono. - Ditemi, come va questa faccenda? - Mi sono recato, disse egli, dal mio bascià a tre code (cioè Lascy), gli ho detto che mio malgrado doveva fargli una preghiera, cioè d'ascoltare pazientemente il mio caso. Ho ricevuto dalla Spagna cento zecchini, ed è l'ultimo bene che mi resta al mondo. La primavera quando venni all'armata avevo altri cento zecchini che dovetti spendere oltre il mio soldo di tenente, in questa campagna, se continuo così l'anno venturo, resto senza un soldo e senza mezzi per mantenermi. Se con questa somma ora parto per la Spagna, ne ho abbastanza per ritornarvi, ed ivi non mi mancherà il mio posto in Barcellona col quale vivevo. Vede adunque vostra Eccellenza che io non potrei più avere l'onore di servire sotto ai suoi ordini se non nel caso che sia promosso a capitano, la paga mi basterebbe. Vostra Eccellenza sa le mie circostanze, non le aggiungo che servo assai volentieri sotto ai suoi ordini. - Lascy restò stupefatto ad un discorso così semplice e concludente. Finì col farlo capitano dei cacciatori da quel momento, giacché aveva una compagnia vacante. Vedete che curioso uomo è quel Lloyd! Lo odiano e lo temono molti; ma Lascy ha conosciuto di quai servigi è capace Lloyd. Mi spiace distaccarmi da lui e da alcuni altri pochi uomini di merito che qui ho conosciuti. Frattanto se le mie lettere non sono molto militari, come v'aspettavate, desidero che in ogni modo abbiano potuto interessarvi, se non altro, per quel sentimento d'amicizia col quale vi abbraccio.